Da Napoli verso il Sud del mondo

Intervista a Cecilia e Fabiano della libreria Tamu

13 Novembre 2020

Tamu è un progetto interessante già a partire dal nome: come ci spiegano Cecilia e Fabiano, è un personaggio che evoca paesaggi e atmosfere esotiche. Questo il punto di partenza di questa libreria speciale, che dal cuore di Napoli lancia sguardi in tutto il mondo. E decisamente da tenere d’occhio è anche il loro nuovo progetto, la casa editrice omonima. Insomma, un luogo tutto da scoprire.

Direi di cominciare con le presentazioni. Chi siete, ma soprattutto chi è Tamu e che libreria è la vostra?

Cecilia La libreria Tamu nasce circa due anni fa da un’idea mia e di Fabiano. In realtà nessuno dei due è originario, né ha studiato a Napoli. L’idea di una libreria centrata su tematiche quali le migrazioni, i movimenti sociali, il postcolonialismo, è nata da interessi personali, e Napoli ci sembrava un punto di osservazione interessante per tali questioni. L’idea è quella di creare un posto in cui confrontarsi su certi temi, partendo sempre dal punto di vista dei libri. Per noi la libreria è quindi un luogo reale di incontro, e la possibilità di aprire nuove finestre sul mondo a partire dalla lettura.

Fabiano Tamu è un personaggio de La terrazza proibita di Fatema Mernissi, scrittrice e sociologa marocchina, un romanzo che è stato molto importante per la narrazione di alcuni aspetti della vita delle donne nei paesi arabi, in particolare in Marocco. Tamu è in realtà un personaggio secondario del libro. È una donna che compare all’improvviso vestita da guerriera e a cavallo, capiamo leggendo che proviene da una regione berbera dove ancora si combatte contro l’occupazione francese del Marocco. In questa figura abbiamo trovato dei riferimenti che incarnano l’idea dello spazio che abbiamo cercato di costruire: una donna che riassume l’identità anticoloniale, l’essere al di sopra delle convenzioni sociali, in quanto si presenta vestita da guerriera.

La libreria nasce due anni fa, a due passi dalle sedi de L’Orientale, università che si distingue per lo studio delle lingue orientali. Abbiamo deciso di dare a questo spazio un taglio contemporaneo, quindi non solo una divisione per aree geografiche che è facilmente scardinabile.

Presentate un focus sul Medio Oriente: come mai questa scelta? Ce la spieghereste meglio?

CeciliaConcentrarci su un’area geografica è più un pretesto per arrivare ad altro, creando come dei cerchi concentrici. Abbiamo scelto il Nord Africa per interesse personale; varie esperienze di vita mi hanno portato anche a vivere lì. Mi sono così resa conto che esiste una vastissima produzione artistica che viene sempre filtrata da uno sguardo eurocentrico. La rappresentazione che abbiamo del Sud, che sia Medio Oriente o Nord Africa è filtrata su una storia che si è costruita a partire da un determinato punto di vista. L’idea è quella di ribaltare questo immaginario, dando spazio e dignità ad autori e autrici che spesso devono vedere le loro opere incasellate in etichette perché la loro produzione letteraria sia validata. Pensiamo che questo svilisca molto il senso e il contributo artistico di queste persone. Vorremmo quindi dare direttamente voce a chi scrive, con testi tradotti, ma anche in lingua originale. Siamo partiti dal Medio Oriente e dal Nord Africa, ma stiamo ampliando i nostri sguardi anche verso altri Sud.

È una scelta che poi ha avuto un riflesso anche sugli eventi, i corsi, i workshop che avete organizzato nel tempo. Quanto sono importanti per voi queste esperienze?

Cecilia Sono importantissime; il cuore della libreria era proprio la possibilità di incontro, quindi le presentazioni, i dibattiti, i laboratori, i corsi di lingua. La scelta tematica ha influito sull’organizzazione degli eventi, ma in realtà abbiamo più che altro cercato di dare ampio respiro a determinate tematiche che ci interessavano, più che di tenerci legati alla questione geografica.

È molto difficile in questo momento immaginare possibilità di incontro, senza scontrarsi contro il pericolo e la paura del contagio. A partire da maggio, con una rete di librerie indipendenti che abbiamo creato, abbiamo organizzato degli eventi in piazza. L’obbiettivo era anche quello di tornare a vivere le piazze, che ci sembravano attraversabili solo per ragioni di mero consumo. Abbiamo cercato di affollare il web con eventi online, perché ci sembrava che venisse perso il senso del nostro lavoro. Ora è il momento più difficile, anche perché la situazione cambia molto velocemente e non ci dà alcuna sicurezza.

Fabiano La libreria è uno spazio che abbiamo utilizzato finchè è stato possibile, come luogo di incontro anche con autrici e autori provenienti da alcuni dei Paesi rappresentati dal nostro catalogo, anche con la complicità di alcuni insegnanti dell’università e in collaborazione con le case editrici indipendenti. È stato quindi un modo per seguire l’attualità e creare momenti di informazione.

Qual è il rapporto che avete con la città, con il quartiere?

Fabiano Napoli è una città estremamente complessa e variegata per dimensioni e composizione. Noi ne abitiamo un piccolo frammento, ci troviamo infatti nel centro storico e vive quindi anche le contraddizioni del quartiere, che è un po' anomalo rispetto a tanti altri centri d’Italia che hanno vissuto il boom turistico. Infatti, mantiene una composizione di abitanti di fasce popolari, ma è attraversato anche da un ceto intellettuale, insegnanti, studenti che vivono gli spazi universitari, e infine è stato oggetto del flusso turistico massiccio che si è sviluppato negli ultimi anni. Nel quartiere ci siamo rapportati con tutti questi elementi diversi, e abbiamo trovato una buonissima corrispondenza, non solo con l’università, ma anche con gli spazi sociali. Nel centro di Napoli ci sono infatti alcuni spazi occupati, sia all’interno dell’università che in spazi comunali, spazi che sono riconosciuti sia dal quartiere che dal Comune come spazi di socialità. Abbiamo spesso organizzato presentazioni ed eventi insieme; ci sentiamo davvero parte di questo centro storico.

Dall’inverno scorso abbiamo poi creato una rete di librerie, con altre tre librerie della zona, con l’idea di creare una sorta di festa delle librerie indipendenti. Ci siamo quindi interrogati su come sopravvivere a questo periodo difficile; è nato un catalogo in comune e abbiamo organizzato delle presentazioni insieme. Si tratta di quattro spazi molto diversi: ci siamo noi, poi c’è la Dante&Descartes, che negli ultimi giorni è diventata famosa in quanto ha pubblicato l’unico libro tradotto in Italia di Louise Gluck, e che tratta anche libri usati antichi, poi c’è un bar che tratta anche libri un po' sfiziosi e punk, e una libreria per ragazzi. Abbiamo trovato un legame molto forte tra di noi abbandonando l’idea di essere in competizione; ci divertiamo a fare delle cose insieme, il che è anche un ottimo appiglio per il quartiere per rendersi conto che esiste un tessuto sociale. La rete si chiama LIRE, Librerie Indipendenti in Relazione, che è anche un modo per giocare con le lire, quindi qualcosa di vecchio e superato come spesso vengono considerati i libri.

Avete voglia di parlarci della vostra nuova avventura, ovvero la casa editrice Tamu? Quale vuole essere il vostro focus come editori, e quanto saranno intersecate libreria e casa editrice?

Fabiano La casa editrice è un progetto che nasce in un secondo momento, e anche in maniera inaspettata, in quanto nasce da alcuni incontri avvenuti proprio all’interno della libreria. Si chiama Tamu Edizioni e si sta affacciando ora in tutte le librerie con la ripubblicazione di uno dei pochi scritti tradotti in Italia di bell hooks, una delle principali teoriche del femminismo intersezionale nero. È un testo davvero di buon auspicio per noi per iniziare questo percorso perché, oltre ad essere di un’autrice di primo piano, è anche un saggio molto divulgativo in cui si intrecciano esperienze personali, quindi un’idea di cultura non astratta ma alla portata di tutti e tutte.

La casa editrice nasce seguendo il tracciato della libreria, quindi con l’idea di creare legame tra le aree del sud del mondo, raccontando diverse storie che trattino temi come le migrazioni, il colonialismo, le questioni di genere e quella ecologica, e soprattutto come tutti questi temi sempre si intreccino tra loro, anche se magari in maniera diversa. Nel progetto della casa editrice Napoli ha una centralità nuova; diventa infatti uno di questi nodi del cosiddetto Sud globale da cui vogliamo che partano le nostre pubblicazioni. Vogliamo che problemi che sembrano spesso lontani ed esotici siano avvicinati e portati nella dimensione della nostra città.

Il rapporto tra libreria e casa editrice è di simbiosi. Abbiamo scritto nel manifesto di presentazione della casa editrice che questo progetto è necessario per moltiplicare gli incontri. Se per noi la libreria era un pretesto per far incontrare le persone in un luogo, la casa editrice ci permette di moltiplicare i luoghi e le persone incontrate.

Ci dareste dei consigli di lettura?

La piazza del Diamante, di Mercè Rodoreda, edito da La nuova Frontiera

Ho finito questo libro pochi giorni fa, si tratta in realtà di una ristampa. Mi ha colpito moltissimo il modo di descrivere la protagonista, Colombetta, e come l’autrice riesce a dare dignità alla voce di chi nella storia accusa i colpi, ma non è protagonista. Talvolta queste voci sono troppo romanzate, invece Rodoreda riesce ad esprimere una bellezza da una semplicità che non è mai ingenua.

Caccia alle streghe, guerra alle donne, di Silvia Federici, edito da Nero

Si tratta di una restituzione in forma più fruibile del Calibano e la strega, quindi racconta il legame tra la caccia alle streghe e l’avanzare del capitalismo e del sapere tecnico, e di come questo scalzò i valori e le pratiche del vivere i corpi, e le relazioni che facevano parte della vita rurale nel Medioevo.

La figlia unica, di Guadalupe Nettle, edito da La nuova frontiera

È un libro che affronta il tema della maternità, attraverso varie figure femminili che la rifiutano, o si trovano ad avere una relazione complessa e difficile con questa esperienza. Affrontando da punti di vista diversi i problemi che incontrano, trovano una solidarietà inaspettata tra loro.

Introfada, di Hamja Ahsan, edito da add editore

Si tratta di una sorta di manifesto politico (il sottotitolo è Lotta antisistemica del militante introverso) che potrebbe essere rivendicato da tutte le persone che rientrano nel cosiddetto spettro autistico, ma anche da chiunque non si senta a proprio agio nella vita sociale che è definito “suprematista estroversa” e quindi in tutte quelle dinamiche di socialità che riconosciamo come preordinate dalla logica della società dei consumi. È un libro estremamente provocatorio ma calzante nel descrivere le dinamiche in cui siamo immersi ma di cui spesso non ci rendiamo nemmeno conto.

 
 

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