Mannaggia, una libreria dell'altro mondo a Perugia

30 Settembre 2020

Questa libreria è stata una meravigliosa sorpresa del Festival delle radio indipendenti di Gemini Network. Abbiamo incontrato Carlo e Francesca la sera, dopo i talk e i dibattiti della giornata, stanche ma pieni di voglia di stare un po’ insieme, bere una birretta e, perchè no, fare un giro per le bancarelle sotto la luce delle stelle, nella splendida location del Parco Sant’Angelo a Perugia. Inutile dire che, appena abbiamo visto il tavolo colmo di libri, siamo andate in brodo di giuggiole e non abbiamo potuto fare a meno di fermarci a chiacchierare con i librai, a sfogliare pagine e a curiosare tra i titoli. Potevamo farci sfuggire l’occasione di inserire una libreria così nel progetto Libri A Kilometro Zero? Ovviamente no. Ecco quello che ci ha raccontato Carlo, della libreria Mannaggia-Libri da un altro mondo. 

Partiamo con le presentazioni. Chi sei e come definiresti la libreria?

Mi chiamo Carlo Sperduti (non è un nickname, mi chiamo davvero Sperduti) e sono co-fondatore insieme a Francesca della libreria Mannaggia-Libri da un altro mondo. Siamo in via Cartolari 8, a Perugia, in pieno centro. Ci occupiamo esclusivamente, almeno come proposta interna, di editori indipendenti di tutte le dimensioni, dai più grandi ai più microscopici. Alcuni li abbiamo visti nascere in questi primi quattro anni di attività, e quindi li seguiamo da quando sono nati, altri sono editori storici che conoscevamo prima di aprire la libreria. Infatti abbiamo bazzicato entrambi nell’ambiente editoriale italiano per una decina d’anni, in varie vesti. Prima di decidere di aprire una libreria, che non è esattamente la cosa più facile del mondo al giorno d’oggi, ci abbiamo pensato bene e abbiamo conosciuto il territorio.

Attualmente abbiamo rappresentati da noi, in poco più di 40 m, circa 130 editori indipendenti da tutta Italia. Quando possibile cerchiamo di tenere in libreria tutto il catalogo, tendiamo a conservare in libreria anche libri usciti da molti anni, e non solo le novità. A nostro parere i libri non scadono, quindi un buon libro uscito trent’anni fa ha lo stesso valore di uno uscito oggi. È un pò difficile tenere a bada tutte le uscite, vecchie e nuove, ma è il nostro mestiere. Poi ovviamente su ordinazione lavoriamo su qualsiasi cosa, ma la nostra proposta è indipendente. 


Due parole sul nome: da dove viene questo “Mannaggia”?

La libreria si chiama così per due motivi: il primo è mannaggia come l’imprecazione. Vista la difficoltà di vendere libri, è quello che viene in mente più spesso. Il secondo motivo in realtà è collegato al fatto che sono anche autore di narrativa. Mannaggia è il titolo di un mio racconto, uscito qualche anno fa in una raccolta chiamata Sottrazioni, per Gorilla Sapiens Edizioni, in cui Mannaggia era il nome di un pianeta. Era un pianeta in cui si stava un pò meglio che nel nostro. Abbiamo pensato che la libreria poteva diventare un pianeta in cui stare un pò meglio, e quindi abbiamo deciso di chiamarla così.


Chiacchierando, prima, hai accennato all’editoria a pagamento, anche chiamata vanity press. Qual è la tua opinione su questo tema?

È un tema difficile da approfondire in poche parole, anche perchè esiste da quando esiste l’editoria. Negli ultimi anni l’attenzione a questo fenomeno, per noi barbaro, è salita, e c’è più consapevolezza anche da parte di scrittori e aspiranti tali. In poche parole, l’editoria a pagamento consiste nel far pagare all’autore una cifra, talvolta anche migliaia di euro, per vedere stampato il proprio libro. Questo a nostro avviso si chiama tipografia, non editoria, anche perchè la maggior parte delle volte questi libri non vengono né promossi né distribuiti, visto che l’editore è già rientrato nelle spese e non ha alcun interesse a vendere il libro. Quindi pubblicano libri per titillare la vanità dell’autore o dell’autrice. Molte volte gli autori non si rendono conto che così facendo non solo non stanno realmente pubblicando il libro in maniera professionale, ma stanno anche declassando il proprio lavoro. Un contratto di edizione è a tutti gli effetti un contratto di lavoro: se l’editore ha la tua opera letteraria, questa deve essere retribuita, non il contrario. È chiaro poi che ci sono diversi tipi di retribuzione: se l’editore è piccolo non riuscirà a pagare un anticipo, ma verrà pagato solo attraverso dei diritti d’autore, mentre editori medio-grandi possono permettersi di dare degli anticipi. In ogni caso non può esistere il ragionamento contrario. Pur non essendo illegale, secondo noi è una truffa psicologica-intellettuale. Purtroppo di editori a pagamento ce ne sono decine in tutta Italia. Oltre alla questione etica, c’è anche la questione di intasamento del mercato: in Italia si pubblicano 70 000 opere l’anno, per un pubblico che non esiste, e quasi la metà di queste uscite sono di editori di pagamento. Intasano un mercato di libri che non sono libri, perchè non hanno alcuna ragione d’essere, se non di solito essere venduti ad amici e parenti dell’autore. 

Altro aspetto della cosa è che l’autore non viene messo davanti a tutte le fasi di lavorazione del libro. Questi editori molte volte stampano il libro così com’è senza alcuna cura di correzione di bozze, di editing, di grafica. L’autore si perde tutto il lavoro sul libro che viene dopo averlo scritto, ovvero confrontarsi con qualcuno che lo fa di mestiere. 


Come avete vissuto i mesi di lockdown?

In tutta sincerità, quando siamo stati costretti a chiudere, il nostro pensiero è stato “Adesso è finita”. Non riuscivamo ad immaginare come, a porte chiuse, avremmo potuto mantenere un’attività che già in condizioni normali non è granchè redditizia. Invece è successo l’esatto contrario; paradossalmente a porte chiuse siamo riusciti non solo a mantenere i rapporti con clienti ed amici che già avevamo, ma anche a crearne di nuovi. Dalla sera alla mattina ci siamo infatti inventati, come moltissime altre librerie indipendenti in Italia, il modo di lavorare a distanza, con spedizioni e consegne a domicilio, facendo a distanza quello che di solito facciamo dal vivo: parlare con i clienti, consigliare libri, ordinare quelli che ci chiedevano e spedirli. Amministrativamente e logisticamente il lavoro è stato triplo rispetto al normale, però alla fine non solo abbiamo lavorato lo stretto necessario per sopravvivere, ma anche di più, e di questo siamo contenti, anche perchè ci sono arrivati ordini da tutta Italia. Questo vuol dire che il nome di Mannaggia non si ferma in via Cartolari, e nemmeno a Perugia, ma è noto un po’ dappertutto. D’altra parte quello che facciamo con gli editori, ovvero avere rapporti diretti, serve per creare una rete di contatti sparsi in Italia che portano avanti non solo il loro nome, ma anche il nostro. Forse in questo particolare caso, le librerie indipendenti hanno sofferto meno di quelle di catena. Si vede che il lavoro fatto così premia!


A proposito di Perugia, qual è il rapporto con il quartiere?

A parte lo slancio pan-italico di questi mesi, noi siamo proprio una libreria di quartiere. Non a caso ci siamo installati in via Cartolari: dopo aver conosciuto Perugia, ci sembrava il quartiere più giusto in cui aprire. In generale a Perugia mancava una libreria indipendente che facesse un lavoro così minuzioso sull’editoria indipendente e che proponesse una programmazione di eventi così corposa, cosa che speriamo presto di poter ricominciare a fare. Il quartiere di via della Viola è da qualche anno culturalmente rinato per vari motivi, tra cui la nascita dell’Associazione Fiorivano le Viole, che ha ridato linfa al quartiere, e poi l’apertura di nuovi esercizi commerciali, bar, ristoranti, cinema. È un quartiere pieno di artisti e di artigiani, e ci sembrava l’ambiente adatto per ospitare questo tipo di libreria. In effetti la grande maggioranza dei nostri clienti perugini gravita attorno al quartiere. Ci fa piacere, perchè bisogna sempre essere in contatto con il luogo in cui si è!


Per quanto riguarda il tuo essere sia scrittore che libraio, questo doppio approccio al mondo dell’editoria ha cambiato il tuo modo di vedere la scrittura, o il tuo modo di gestire una libreria?

Le due cose sono abbastanza collegate. Io ho cominciato a pubblicare racconti nel 2008, poi i primi libri nel 2010. Per fare questo ho dovuto conoscere il campo: prima ho fatto ricerca sugli editori, per capire dove andare a parare, come proporre un manoscritto ad un editore, etc. Quindi ho cominciato così a rendermi conto come funzionano le cose nel mondo dei libri. Parallelamente è cominciata la frequentazione assidua delle fiere del libro, prima quella di Roma, poi Torino, Palermo, e diverse altre in giro per l’Italia. In quel modo sono entrato in contatto diretto con molti editori, sia quelli che mi hanno pubblicato, ma anche molti altri. Così ho gettato le basi per la prima selezione di editori che abbiamo preso all’apertura. Per quanto riguarda l’approccio alla scrittura, la libreria non ha cambiato molto, visto che l’ambiente in cui mi muovo è sempre quello. Sicuramente c’è un certo imbarazzo nel vendere i miei stessi libri, ma tento di trattarli come gli altri. Cerco di non autoconsigliarmi, ma se vedo qualcuno che sfoglia il mio libro informo che sono l’autore, e magari cerco di spiegare di cosa si tratta. A parte questo dettaglio, direi che non ho scissioni interne, tipo Dr. Jeckyll e Mr. Hyde, tra la figura dello scrittore e quella del libraio.


Tre consigli di lettura?

Certo, però senza argomentarli.

Glossa, di Juan Josè Saer, edito da La Nuova Frontiera

Cosmo, di Witold Gombrowicz, edito da Il Saggiatore

Gli altri fanno volume, di Angelo Calvisi, edito da Pièdimosca Edizioni

 
 
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