Sympathy For The Record Industry: intervista a EUBPDV

Inchiesta fra le etichette indipendenti italiane

29 Ottobre 2020

Nell’era delle autoproduzioni, dello streaming gratis e dei fenomeni social, hanno senso le etichette indipendenti? Cosa possono offrire ad un’artista? Come si stanno reinventando? Queste domande me le pongo ogni giorno, gestendo l’etichetta Beautiful Losers. Ne ho parlato con E’ un brutto posto dove vivere, un’etichetta assolutamente controcorrente, da sempre a caccia di outsider, certa, nel suo piccolo, di fare la differenza.

1 - Ciao Fabio. Com’é nata la tua etichetta, qual è la sua missione?

Ciao Andrea! L’etichetta nasce da un blog, e da un programma che tenevo in una web-radio, Scaglie di rumore. M’interessava la musica più strana, estrema e di nicchia. Trovavo ingiusto che band di valore fossero penalizzate per il loro stile troppo originale. Così, chiuso il blog e lasciato il programma, ho fondato EUBPDV, con l’obbiettivo di promuovere gli outsider. A volte ho dovuto inventarmi nuovi generi per le mie band: il dogcore dei Cani dei Portici, il mantracore dei San Leo, il post-something loop orchestra degli Action Dead Mouse o il laserfunk dei Tubax. 

2 - Siamo nell’era delle autoproduzioni. Un artista può registrarsi in home-studio, mettere in distribuzione la propria musica, usare i social per raggiungere una platea planetaria. Cosa può dare un’etichetta ad un artista indipendente?

Sono nato in una famiglia della classe operaia e cresciuto nei centri sociali. Ti risponderei che nessuno si salva da solo. Anche l’artista più talentoso deve scontrarsi col music business. Ed è qui che interviene la label, consigliandolo, appoggiandolo, indirizzandolo. L’importante è trovare la giusta sinergia, col giusto team si ottengono grandi risultati.

3 - Di che vive davvero un’etichetta, ora che la musica è gratis?

Ho un lavoro ordinario che mi permette di vivere, quindi non sono vincolato dal punto di vista economico. Visto il calo delle vendite di copie fisiche, basta guardare gli store delle label in voga per capire che i guadagni sono su magliette, borse e cappellini, oltre che sull’attività di promozione. Personalmente preferisco concentrarmi sulla musica di una band che sulla grafica del merchandising.

4 - Che tipo di contratto può ragionevolmente aspettarsi un artista da un’etichetta come la vostra?

Credo che una band debba tener presente le potenzialità dell’etichetta con cui collabora: non puoi pretendere che una Wallace Records faccia lo stesso contratto di Bomba Dischi. Da parte mia, EUBPDV offre gratuitamente il suo tempo ed i suoi contatti per promuovere e distribuire le band, se possibile trovando dei live in zona. Per me vale più una stretta di mano che un contratto firmato.

5 - Sareste più propensi a lavorare con un artista geniale ed allergico ai social, o con un artista sufficientemente bravo, che sappia presentarsi bene, che abbia costruito una solida fan-base?

Per il poco tempo a disposizione preferisco un artista già avviato, in modo che sia più fluida la promozione e più placida la collaborazione. Artisti del primo tipo è giusto che siano seguiti da professionisti del settore, che lo fanno di mestiere. La mala gestione di un’etichetta può segnare la fine di un artista.

6 - Parliamo di Spotify. Credete ancora nei dischi o il futuro è dei singoli?

Appena ho provato Spotify, ho capito immediatamente che avrebbe provocato un crollo di vendite delle copie fisiche, segnando la fine di piccole realtà come la mia. Non trovo meritocratica una piattaforma in cui più investi e più hai la possibilità di entrare in playlist prestigiose. Ho perso fiducia nel mondo della musica in generale.

7 - Meglio essere trasversali o puntare ad una nicchia precisa?

Meglio concentrarsi su una nicchia precisa, evitando gli stereotipi. Ci sono label con artisti così simili che risulta difficile distinguerli.

8 - Che cambiamenti vedete in arrivo nel business musicale? Meglio andare controcorrente o cavalcare l’onda?

Bazzico concerti da più di dieci anni. Ho visto crescere la scena hardcore, nascere la scena indie, quella hipster, l’it-pop. C’era sempre la ricerca di qualcosa di nuovo. Cosa che purtroppo ora non vedo. Io continuerò a fare quello che ho fatto. Se la situazione dovesse diventare insostenibile mi ritirerò, sapendo nel mio piccolo di aver fatto la differenza.

9 - Credi nel fare rete con altre etichette o un po' di rivalità fa bene?

Se sono arrivato dove sono ora è indubbiamente anche grazie all’aiuto ricevuto. Ricordo telefonate in piena notte per la compilazione di documenti SIAE, corse in macchina per recuperare strumenti, alloggi dell’ultima ora per band in tour. Questo è qualcosa che il mainstream non ci toglierà mai. Proprio per favorire la cooperazione nel sottobosco musicale è nato da un anno il Brutto Collettivo, che comprende illustratori, organizzatori e anche i due speaker di Indica.

https://www.beautifullosers.net | https://eunbruttopostodovevivere.wordpress.com

 
 
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