Sympathy For The Record Industry: la piccola storia di Beautiful Losers

26 Novembre 2020

Nell’era delle autoproduzioni, dello streaming gratis e dei fenomeni social, hanno senso le etichette indipendenti? Cosa possono offrire ad un’artista? Come si stanno reinventando? Dopo aver intervistato La Tempesta, Carosello Records, Trovarobato, Dischi Sotterranei, Dischi Soviet, E' un brutto posto dove vivere e Pipapop Records, è il turno di Beautiful Losers, l'etichetta ideatrice dell'inchiesta, che ci racconta la sua storia.

Beautiful Losers è nata nel soggiorno di una casa in affitto a Venezia. Avevo un microfono, una scheda audio e un computer che s'impallava se caricavo troppe tracce. Quello era il mio home-studio. In effetti, definirlo soggiorno è fuorviante, dato che era tutt'uno con la camera. Potevo ascoltare i mix stando comodamente sdraiato sotto le coperte. Beh, era una casa fredda e umida.

Stavo lavorando al disco d'esordio di An Early Bird. Il mio progetto, Are You Real?, era nel tipico momento di crisi dei trent'anni: hai avuto rapporti con tante etichette, ma nessuna era quella giusta. Forse ero destinato ad invecchiare solo, mixando musica altrui. Quello di An Early Bird, peraltro, era proprio un bel disco. Fu allora che un ghigno dostoevskiano apparve sulla mia faccia.

Mi ha rincuorato trovare questa storia in quasi tutte le interviste: ogni etichetta sembra nata da una band che, non trovando la label giusta, ne ha fondata una. Può sembrare triste, come uno che si canta da solo buon compleanno davanti alla torta. A me piace: significa che, dietro alle etichette, ci sono persone che sanno cosa vuol dire essere musicisti orfani. Ok, forse ho troppa fiducia nell'empatia umana. Quantomeno, persone che hanno una visone della musica.

Ecco, un'etichetta senza visione della musica è un'agenzia interinale. Esistono: il loro scopo è vendere servizi ai musicisti. Le riconosci perché nel loro roster spiccano un gruppo prog di sessantenni, una reginetta della bellezza esclusa da X-Factor, o un oscuro progetto ambient esoterico (un po' come quando chiedi a qualcuno che musica gli piace e ti risponde: tutta. E' sempre un indizio sospetto).

In quel soggiorno umido non avevo una gran strumentazione, ma avevo perlomeno una certezza: un'etichetta non dev'essere così. Dev'essere... beh, qualcosa di figo. Come la 4AD, la FatCat, la Constellation. Vedi il suo logo e vieni subito teletrasportato nel suo mondo. Ha un sound, un'estetica. Anzi, un'aura. Si parla tanto di promozione, branding, storytelling per apparire seri e professionali. Ma secondo me la cosa che può davvero dare un'etichetta ad un musicista è un po' della sua aura.

L'aura, d'altro canto, non è qualcosa che puoi crearti su misura. Se fai le cose bene può darsi che emerga. E' la somma, la risonanza di tutte le tue scelte. Io non ho mai avuto dubbi su quel che dovevo fare: 1) pubblicare solo musica che avrei ascoltato con piacere facendo trekking 2) pubblicare solo artisti con cui scattava una collaborazione profonda 3) considerare ogni canzone come parte di un progetto multimediale. Siamo nell'era della musica liquida, no?

Su quest'ultimo punto sono emerse le più grandi differenze tra le etichette intervistate. C'é chi considera i social e Spotify strumenti dell'Oscuro Signore di Mordor, forgiati per irretire le nostre coscienze, e sogna un ritorno al vinile e ai metodi di registrazone di Abbey Road. C'é chi misura il successo di una release dal numero di pre-save che ottiene il singolo. E poi ci sono gli ignavi, nel mezzo.

Io sto con gli ignavi. Diffido di ogni forma di estremismo ideologico e, pur amando il Medioevo, sono rassegnato ad abitare la realtà che mi è capitata. Guardo i numeri con disinteresse, è fin troppo facile googlare pacchetti di like e stream. Però penso che, se la musica è liquida, tanto vale nuotare. Oggi un musicista è un artista multimediale: la sua narrazione prende la forma di video, foto e post, la sua musica è un album aperto, in costruzione, in dialogo con i fan.

Spero di riuscire a lavorare in quest'ottica con gli artisti della mia etichtta. Negli ultimi due anni, oltre ad An Early Bird e al sottoscritto, ho sviluppato i dischi e video di Matt Mun, A Red Idea, About Blank, Leptons, Violé Blanc, Emilya ndMe, Kaouenn. Tutti progetti in bilico tra indie folk, elettronica e atmosfere dream. Tutti pesci fuor d'acqua nel mare it-pop nostrano. Tutti beautiful losers.

Il mio sogno è scovare i beautiful losers d'Italia e le etichette simili alla mia, lavorare assieme. Dove c'é connessione non hai solo un artista bravo, una bella canzone. Hai una scena. E una scena diventa qualcosa di significativo anche per i media, per il pubblico, no? Chissà, magari non solo per il pubblico italiano. Lo so, dovrei trovarmi un lavoro serio.

L'etichetta nel frattempo si è trasferita in una casa ben riscaldata. Ho comprato un nuovo microfono, una nuova scheda audio, un nuovo computer. Dalla finestra del mio home-studio si vede il bosco, e nel bosco ci sono i caprioli. Il luogo perfetto per provarci.

 
 

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