Sympathy For The Record Industry: intervista alla Tempesta

Inchiesta fra le etichette indipendenti italiane

1 Ottobre 2020

Nell’era delle autoproduzioni, dello streaming gratis e dei fenomeni social, hanno senso le etichette indipendenti? Cosa possono offrire ad un’artista? Come si stanno reinventando? Queste domande me le pongo ogni giorno, gestendo l’etichetta Beautiful Losers. Ne ho parlato con La Tempesta, un’etichetta che ha fatto la storia della musica italiana, senza mai rinunciare al suo DNA alternativo.

1 - Ciao Enrico! Spiegaci perché esiste La Tempesta e qual è la sua missione.

Ciao Andrea! Fondata nel 2000 per fini legati esclusivamente a Tre allegri ragazzi morti, La Tempesta nasce per contrasto col mondo delle major, fatto di contratti e differenti aspettative artistiche. La missione è dare forza ai progetti più alternative e bizzarri, dare voce al mondo underground o non necessariamente da classifica o radio. Cercare nuove possibilità.

2 - Siamo nell’era delle autoproduzioni. Un artista può registrarsi in un home-studio, mettere in distribuzione la propria musica, usare i social per raggiungere una platea planetaria. Cosa può dare un’etichetta ad un artista indipendente?

Un’etichetta ha tendenzialmente un suo bacino di utenza, e ha un po’ di esperienza e contatti. Sommare tutto questo alla forza dell’artista stesso non può che aumentarne le possibilità di diffusione. 

3 - Di che vive davvero un’etichetta, ora che la musica è gratis?

Non è gratis… meglio poco che il niente che si prospettava con Napster. Comunque vive di percentuali di royalties, di edizioni, e per alcune etichette anche di percentuali su concerti, merchandising e pubblicità.

4 - Che tipo di contratto può ragionevolmente aspettarsi un artista da un’etichetta?

Come etichetta noi non facciamo contratti, quindi si può aspettare una bella stretta di mano! 

5 - Sareste più propensi a lavorare con un artista geniale ed allergico ai social, o con un artista sufficientemente bravo, che sappia presentarsi bene, che abbia costruito una solida fan-base?

Lavoriamo con entrambi senza troppi problemi. Certo è che se uno si sa far conoscere e notare da solo è un buon punto di partenza.

6 - Parliamo di Spotify. Credi ancora nei dischi o il futuro è dei singoli?

Stiamo in qualche modo tornando indietro nel tempo, quando c’erano i singoli e non gli album. Io però continuo a credere negli album, amo gli album.

7 - Meglio essere trasversali o puntare ad una nicchia precisa?

Secondo me bisogna puntare al mondo, poi la tua nicchia si crea da sola. Una volta che ce l’hai sai meglio quali possono essere i passi successivi. Se per esempio fai metal in latino non serve prendere una pagina di pubblicità sul Corriere, rischia di essere uno spreco.

8 - Che cambiamenti vedi in arrivo nel business musicale? Vuoi andare controcorrente o cavalcare l’onda?

Personalmente amo l’idea di andare controcorrente. Certo devi avere una corrente per andarci contro ed in questo momento davvero non si capisce molto.

9 - Credi nel fare rete con altre etichette o un po' di rivalità fa bene? Fammi un paio di esempi concreti.

Io sono per fare rete. Viviamo comunque ai confini dell’impero e se cominciamo a farci concorrenza rischiamo di non crescere più. Sono convinto che uniti possiamo essere più forti. Ci credo davvero, una sorta di cartello degli indipendenti italiani.

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