Indagine nel dark-side degli studi di registrazione

Intervista con Matt dello studio Outside Inside

Quarta puntata con l'inchiesta sugli studi di registrazione. Ogni venerdì, su Sherwood Webzine

5 Marzo 2021

Come si evolve un’idea primordiale di musica? Come funziona, oggi, la catena di montaggio acquisizione-editing-mixaggio con i plurimi strumenti digitali? E dopo? Com’è che il prodotto finito arriva sui nostri dispositivi?

Questi sono alcuni degli interrogativi che musici, redattori, appassionati si pongono, specie se, da un decennio a questa parte, molti musicisti perseguono il sogno di ‘emergere’ potendo registrare in fai-da-te con un basilare Mac. Ma c’è ancora bisogno di esperti e di qualità dell’audio in questo mondo?

La pandemia da Covid-19, inoltre, ha sicuramente incrinato alcuni meccanismi di funzionamento di uno studio di registrazione. Sarà interessante indagare su come questo settore abbia reagito. Chissà se varrà ancora la pena fare uno dei lavori più interessanti per antonomasia!

Questo, e tanto altro, cercheremo di comprenderlo al meglio con un a tu per tu con alcuni studi di registrazione partendo dal Triveneto e andando oltre.

Ciao Matt! Innanzitutto parlaci dell’ Outside Inside, come e quando nasce?

L'Outside Inside nasce attorno al 2010 a Montebelluna - in realtà da molto prima, già i primi dischi dei Mojomatics, la mia band all'epoca, sono a nome Outside Inside e sono del 2003- ma attorno al 2010 comincia a diventare una vera professione. Da un paio di anni mi sono trasferito sul Montello, dove finalmente ho spazi ampi, sale di ripresa con pareti in pietra, legno...e soprattutto il vantaggio di lavorare in mezzo ai boschi.

Quali sono i servizi che offri ai musicisti? Di che equip usufruisce lo studio (in grandi linee)?

Offro registrazione, mixaggio, mastering e Sound Design per film e documentari. La strumentazione è di base analogica, ho un banco degli anni ‘70, svariati registratori a nastro, dal 24 piste su 2 pollici, al registratore a valvole degli anni ‘50, amplificatori vintage ecc. ma non solo, molti synth sia analogici che digitali, ampia scelta di chitarre elettriche ed acustiche.

Oltre a tanta passione, quali sono le competenze che servono per mettere su uno studio di registrazione? Di quali qualifiche specifiche parliamo per poter intraprendere questa strada?

Ovviamente servono competenze tecniche e per averle bisogna studiare ma soprattutto fare moltissima esperienza. Quello che per me è ancora più importante è la cultura musicale del produttore o fonico, l'esperienza e l'orecchio si formano ascoltando tantissima musica. Questo per me è l'elemento fondamentale, più di sapere usare Pro Tools alla perfezione o padroneggiare qualsiasi altra tecnica. Se la cultura musicale ce l'hai sai esattamente di che sound ha bisogno quel determinato artista.

Lavori a produzioni che vengono proposte dai singoli artisti/band o sei/siete legati a una/più label? In questo caso, come avviene il processo di selezione dei progetti sui quali lavorare? Quanta voce in capitolo ha lo studio di registrazione innanzi all’etichetta?

Principalmente con singoli artisti/band anche se lavoro molto spesso con etichette. Chiaramente la scelta dei lavori dipende purtroppo anche dal budget, cerco comunque di lavorare a progetti molto diversi tra loro e di non fossilizzarmi su di un solo genere. In ogni caso, lavorando prevalentemente in ambito indipendente l'artista ha più voce in capitolo rispetto all'etichetta o allo studio, come è giusto che sia.

Qual è stata l’esperienza più negativa e, viceversa, più positiva che hai riscontrato durante questo lavoro nel corso degli anni? Ci racconti qualche episodio?

Esperienze troppo negative fortunatamente non ne ho avute di troppo gravi, al contrario le esperienze positive sono state molte; quando riesci a lavorare con un artista che stimi particolarmente o quando riesci a dare un contributo importante alla musica di una band che magari non ha un sound troppo definito.

Come si è evoluto questo lavoro nell’ultimo decennio? Quanto hanno influito le nuove tecnologie?

Io prediligo sempre l'approccio analogico anche se è indubbio che il digitale ha facilitato e reso estremamente più flessibile questo lavoro. Da anni ormai uso un setup ibrido cercando di ottenere i vantaggi dei due diversi ambiti, la timbrica dell'analogico e la comodità del digitale.

Come si gestisce la tua produzione nei confronti dei sistemi di riproduzione moderni? E cioè: nel master prediligi un suono che risulti potente anche da sistemi limitati (come le iper diffuse casse bluetooth) oppure si dà ancora valore all'impianto hi-fi ad alta fedeltà?

Se un mix/master è fatto bene suonerà corretto sia nell'altoparlantino bluetooth, sia sull'impianto hi fi da audiofili.

Parliamo di Covid-19 e di conseguenze su questo lavoro. Lo studio ha tenuto botta alla situazione?

Non posso affatto lamentarmi dell'ultimo anno lavorativo, ho avuto la possibilità di concentrarmi su mix e mastering non potendo avere i musicisti fisicamente in studio e soprattutto ho lavorato molto con il sound design per film e documentari, ambito che spero di portare avanti nel prossimo futuro.

Ti è capitato di co-produrre qualche progetto musicale? Se sì, ce ne consigli qualcuno?

In quasi vent'anni che faccio questo lavoro ho avuto la fortuna di produrre moltissimi dischi, dalla musica sperimentale orientale, a dischi per etichette rinomate come Sub Pop, In the Red o Fire! O come anche, ad esempio, l'ultimo album dei Tre Allegri Ragazzi Morti.

 
 

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