Primera tormenta. Non una di meno, non una morta in più

Recensione della raccolta di poesie di Susana Chávez, attivista e poetessa di Non una di meno, curata da Chiara Cretella e pubblicata nel 2020 in Italia dalla casa editrice Gwineplayne

31 Gennaio 2024

Il legame tre poesia e movimento femminista ha espresso negli ultimi anni tutta la propria dirompenza: lo scorso 25 novembre i versi della poesia Se domani non torno, brucia tutto di Cristina Torres Caceres, poetessa e attivista peruviana, erano stati il sottofondo artistico e la pietra scagliata in tutte le piazze d’Italia nella giornata contro la violenza sulle donne, nel corso di cortei carichi di partecipazione e rabbia sociale che si svolsero a pochi giorni di distanza dalla morte di Giulia Cecchettin. In piazza naturalmente c’era il movimento Non una di meno, movimento internazionale femminista contro patriarcato, sessismo, violenza di genere, nato in Argentina nel 2015 e che trova la fondazione del proprio nome proprio in un’altra poetessa ed attivista femminista latino-americana, Susanna Chavez, messicana, morta nel 2011 all’età di 37 anni per femminicidio.

Le sue poesie fanno parte di una raccolta edita in Italia dal titolo Primera Tormenta – Non una di meno, non una morta di più (a cura di Chiara Cretella, Gwynplaine, 2020, 124 pp.). Il testo è corredato da un saggio introduttivo della curatrice della silloge, Chiara Cretella, esaustivo, chiaro, esplicativo, in grado di farci capire il contesto non solo in cui Susanna Chavez si trova a vivere ma anche quello entro cui si sviluppa la sua consapevolezza politica oltre che la sua vocazione poetica.

La poetessa Susanna Chavez nasce, cresce e studia presso Ciudad Juarez, città di confine del Messico del Nord considerata come la città più pericolosa del mondo e con il più alto tasso di omicidi/femminicidi. Una violenza scatenata da vari fattori. In primis la presenza preponderante sul territorio del narcotraffico che nella zona di frontiera con il ricco Nord America trova un clima perfetto per i propri affari. Insieme a questo, una contingenza particolare - in seguito agli accordi NAFTA del libero commercio tra Stati Uniti e Messico – ha comportato la presenza di fabbriche statunitensi che pagano tasse bassissime e possono avvalersi di una manodopera a costi irrisori e senza diritti sindacali, costituita soprattutto da donne. La presenza di fabbriche nella città di Ciudad Juarez ha determinato un certo protagonismo delle donne in città, non più costrette a stare a casa ma presenti in strade, luoghi di lavoro e di “relax”, una situazione insopportabile sia per gli uomini del narcotraffico che per chiunque si riveda in una cultura machista e patriarcale.

Dai primi anni novanta sono centinaia le donne che muoiono a Ciudad Juarez, e la loro morte segue un rituale preciso: i loro corpi vengono infatti mutilati e fatti a pezzi, per poi essere gettati nel deserto. Nella notte tra il 5 e il 6 gennaio Susanna Chavez viene uccisa da tre giovani minorenni che la hanno incontrata in un bar di Ciudad Juarez. Non si è mai fatta chiarezza sulla sua morte., anche perché le forze dell’ordine sono spesso colluse con il machismo che anima chi agisce la violenza. Quando nel 2015 in Argentina, a seguito del barbaro omicidio di Daina Garcia esplode il movimento femminista nel paese che avrà poi un’eco internazionale, l’attivista argentina Vanina Escales decide di dare un nome al movimento femminista sulla base di una frase spesso ripetuta da Susanna Chavez, Ni una mujer menos, Ni una muerta Mas, ovvero Ni una menos.

La poesia di Susanna Chavez è una poesia carnale e carica di passione dove sovente, al centro delle descrizioni presenti nelle liriche, ci sono i corpi delle donne. C’è il deserto, oltre che il paesaggio messicano, reale e onirico, in cui questi corpi sono rappresentati con una forte carica di energia. E benché spesso si capisca che si tratta proprio di quei corpi rappresentati come mutilati e spezzati, le donne a cui appartengono non appaiono come vittime inerti e passive ma sono simboli portatori di una forza resistente e che la parola dei versi è in grado di riscattare contro un sistema di oppressione ingiusto e ingiustificato.

 
 

 
 

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