La Musica prima di ogni altra cosa: King Gizzard & The Lizard Wizard

Una band di successo fuori dagli schemi commerciali

22 Novembre 2023

Negli ultimi anni un certo pessimismo pervade l’identità della musica leggera. L’originalità è in crisi, e non solo per la difficoltà nell’elaborare nuovi generi dopo un secolo travolgente e variopinto come il novecento. Sembra non sia più possibile, neanche per gli artisti più integerrimi, vivere la propria esperienza senza scendere a compromessi col capitale attraverso le stringenti regole della comunicazione, i  booking,  i social network, e ogni altro genere di deleteria convenzione imposta. L’arte grezza arriva al pubblico fin troppo levigata, impedendo all’imprevedibilità di emergere come dovrebbe, perché ‘non fa like’.

Al netto di questa tendenza generale, c’è ancora qualcuno che resiste, trascendendo i modelli commerciali. Qualcuno che autoproducendosi rigorosamente, ignora le regole d’oro della discografia: tipo che un disco si programma, si registra in studio e poi lo si porta dal vivo, una routine che ogni 2-3 anni si ripete in un corso ciclico.

Ecco, i King Gizzard & The Wizard Lizard il corso ciclico non sanno neanche dove abiti. Formatisi a Melbourne, nel 2010, da allora sono entrati e usciti dallo studio in continuazione, arrivando a quota 25 dischi di inediti in poco più di dieci anni. Inizialmente una jam band, di stampo psichedelico-progressive, che conia il proprio nome cinque minuti prima di suonare dal vivo la prima volta, e che negli anni si evolve pian piano mettendosi alla prova ad ogni disco su un’esperienza diversa dalla precedente. Già nel 2017 arrivarono a registrare 5 dischi, pubblicandone però solo 4: Polygondwanaland venne messo gratuitamente a disposizione dei fan, con l’invito non solo ad ascoltarlo ma addirittura a stamparlo e distribuirlo per conto proprio.

I King Gizzard si prestano a loro modo per una campagna contro gli incendi boschivi in Australia © Jamie Wdziekonski

La pandemia non ha fatto altro che alimentare gli spunti per questa band dalla produzione ipertrofica: i dischi si susseguono, oggi Jazz,, domani hard-rock, dopodomani microtonali, fino ad arrivare al 2023, con due uscite estremamente diverse l’una dall’altra: PetroDragonic Apocalypse; or, Dawn of Eternal Night: An Annihilation of Planet Earth and the Beginning of Merciless Damnation, reverente omaggio al Thrash Metal e ai suoi sottogeneri, a luglio; a fine ottobre invece è uscito The Silver Cord, album elettronico di ispirazione ’70, a partire da Giorgio Moroder e dalla disco music per arrivare alle derive più recenti. Dischi così distanti, eppure di altissimo livello esecutivo: li diresti suonati da musicisti raffinati che hanno studiato tutta la vita in conservatorio, e invece ai concerti ti ritrovi davanti una gang di coatti in salsa australe, che tra mullet e baffetti sembrano presi tra le comparse di Ciao 2020, atti a prodigarsi in videoclip prodotti con CGI livello Asylum dove la serietà è un optional di cui fare volentieri a meno.

Se non avete riconosciuto Aaron, probabilmente siete brave persone ma dovete recuperare la Serie TV più bella di tutti i tempi.

Fin qui parliamo di ottima musica accompagnata da mood leggero: ma dov’è più evidente la traccia di quanto di buono i KGLW stanno lasciando ai posteri? È nel proprio pubblico. Con la fama internazionale, i KGLW hanno radunato attorno a sé un pubblico cosmopolita e appassionato, che condivide l’esperienza attraverso community sui generis dove lo shitposting nei confronti dei propri beniamini è la regola, senza mai scadere nel volgare o nell’offensivo ( ad esempio Wave nelle quali ci si sfida a inventarsi grottesche azioni di protesta da compiere giornalmente fino alla pubblicazione di un nuovo disco, partite pressoché una settimana dopo PetroDragonic Apocalypse, oppure team di debunking che cercano di dimostrare che le sedi dei concerti sono scelte sulla base della concentrazione di ristoranti vegani in prossimità, per volontà del membro vegano della band, Stu McKenzie  ) , per poi cercare di darsi appuntamento nei concerti in giro per il mondo e conoscersi dal vivo: con i King Gizzard & The Lizard Wizard la musica rock torna a essere ciò per cui è nata, un’esperienza di coesione sociale, e non può non esserci un collegamento tra un approccio così naïf verso l’industria della musica ed un pubblico così estroso e genuino.

Posso capire che per molti I King Gizzard & The Lizard Wizard possano sembrare qualcosa di innocuo. Di base lo sono, in fondo si tratta di ragazzi che si divertono facendo molto bene ciò che gli piace. Ma se fa notizia è perché questo comportamento non è più la regola ma l’anomalia, come la neve d’inverno o i bambini che giocano per strada. In un mondo artistico dove qualunque scelta è condizionata a monte da una serie di complessi su quanto ogni singola scelta artistica condizionerà l’interazione sui social, qualcuno che si realizzi e faccia divertire ignorando palesemente tutto questo è una boccata d’ossigeno.

 
 
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