Guida intergalattica per attivisti

Settimo episodio

17 Maggio 2011

Chi l’avrebbe mai detto che saremmo arrivati alla settima tranche di questa sgarrupata turnè. Saliamo e scendiamo scalinate che ci portano sempre in posti diversi da quelli che ci aspettavamo, ogni stanza nuova è una sopresa e una meraviglia, è tutto un camminare ininterrotto, la papaleomobile viaggia su e giù per la penisola e noi dentro, Papaleo, Vitantonio e il mostro, che sarà pure silenzioso ma occupa spazio assai, tanto che ormai lo specchietto retrovisore lo usiamo per guardarci tra di noi.
Chilometri abbiamo macinato anche questa settimana, giovedì siamo stati a Schio, all’Arcadia, che io non ci ero stata mai e mi è sembrato proprio un posto bello, un baluardo di resistenza in mezzo a una Pianura Padana Infinita, e poi le persone che ci hanno accolto, tutte giovani, battagliere, presenti cavolo. Abbiamo mangiato le prime ciliegie della stagione e anche là ci siamo fatti raccontare delle lotte, dei progressi, dei passi avanti e di quelli indietro, dell’occupazione e dell’assegnazione, di come sia difficile, di come sia bello. Luminosa e immensa l’Arcadia, ed è vero che le persone non erano moltissime ma a me sembravano una moltitudine, e l’ho fatto proprio emozionata, lo spettacolo, anche se ero stancastanca e pure Papaleo era stanco, che la sera prima ci eravamo prodotti in un eccesso di supergiovanismo e nessuno dei due aveva recuperato abbastanza. Ma durante quell’ora di spettacolo tutto si spegne tranne la voglia di raccontare e il senso di essere sul palco a raccontare non solo la storia nostra ma quella di molte e molti altri. Così ci siamo prodotti nella nostra ennesima acrobazia dell’anima, noi precari dell’esistenza come tutti quelli che ci ascoltavano, e poi ci siamo commossi nel sentire i racconti della loro partecipazione, ci siamo inteneriti, ci siamo incazzati, siamo insomma come ogni volta passati attraverso stati d’animo numerosi e diversi. Ma eravamo troppo troppo stanchi e infatti appena saliti in auto Papaleo si è addormentato e io ho guidato silenziosissima dentro la Pianura Padana Infinita verso la basilica di San Luca che nella mia testa luminesceva quale miraggio. E’ stato un viaggio di ritorno che io non dimenticherò mai e del quale però non riesco a scrivere perchè mi sembra che sia ancora tutto incollato dentro di me. E allora ci siamo presi un venerdì di pausa da noi stessi, a Bologna si respirava l’eccitazione della fine della campagna elettorale, le compagne e i compagni stanchi stravolti felici si facevano gli ultimi sbattimenti, io ho volentieri però declinato l’ultimo aperitivo, poichè al penultimo mi ero conciata come un tappeto fradicio e volevo invece rimanere lucida in vista del viaggio di sabato.
E ho fatto bene, dal momento che sabato mattina il socio mi chiama con la voce di uno che ha passato una nottata a dir poco singolare, lo vado a raccogliere al bar che c’è pure Fabiano che ci fa il caffè della partenza, sotto gli occhiali il socio ha due crateri io lo carico in macchina e me lo porto direttamente a mettersi a mollo nel gelido lago Trasimeno. Fa caldo oggi, sembra proprio estate, siamo diretti verso la capitale, oggi come un mese fa, il bagno fa sbollire gli ultimi vapori d’alcool al socio, ci stendiamo sull’asciugamano tunisino e ricominciamo a chiacchierare come ci succede ogni tanto, di tutti i fatti nostri, senza nessun ritegno, come se avessimo gli arretrati di una vita coi quali metterci in pari.
Abbiamo deciso che queste turnè ce le faremo passare al meglio possibile, che questo è tempo nostro e che la prima piccola rivoluzione sta forse proprio nel riappropriarci anche di quelle che avrebbero potuto sembrarci inutilissime ore di spostamento e che invece sono diventate le preziose ore del nostro metabolizzare insieme e separati che non è che poi facciamo tutto insieme, non è che poi pensiamo sempre la stessa cosa, anzi a volte con gusto e un poco di dispetto ci becchiamo ridendo poi di come le cose passino diversamente nelle nostre teste. Il conflitto è confronto, ci ripetiamo, e a volte con un pochino di gusto ci mettiamo pure lo sgambetto. Tanto che proprio appena arrivati nel bellissimo granderrimo e supercolorato Strike io butto il socio nel bel mezzo del dibattito su Frame, pur sapendo che è ancora mezzubriaco, e lo obbligo a fare un intervento che gli viene, lui malgrado, benissimo. Egli insiste che è l’alcool, io dico invece che quando ci chiedono di contestualizzare politicamente l’avventura Papaleo-Vitantonio dovrebbe parlare sempre lui, che io ho una lingua troppo spesso non comprensibile, io solo di teatro devo parlare, se parlo di politica le persone si trasformano in grandi punti interrogativi e mi guardano con sconcerto, mentre il socio è proprio capace di restituire tutte le cose che ci mettiamo e l’entusiasmo e le sfide e le considerazioni e i punti e le linee.
Papaleo mi guarda un poco perplesso ma lo sa anche lui che ormai l’ho braccato e non si può sottrarre al sacro dovere della mitopoiesi, come dice lui.

E’ un’emozione grandissima fare il nostro piccolo spettacolo davanti agli studenti medi, gli studenti medi! finalmente tocchiamo con mano e scopriamo che non sono solo una figura di qualche surreale bestiario, eccoli, davanti a noi, stanchi dopo due giorni di meeting ma entusiasti e soprattutto presenti, io mi emoziono così tanto che sbaglio quasi un attacco ma poi è un attimo di nuovo sono perfettamente in equilibrio sul filo della storia e mi sembra che il socio lo faccia proprio benissimo, stasera, lo spettacolo, a un certo punto io lo guardo e lui mi guarda e vabbè mi sa che questo sta in un altro copione, comincio a confondermi a parlare come scrivo a scrivere come interpreto le storie si mescolano e io mi rincoglionisco.
Tanto che finisce che dopo lo spettacolo balliamo fino alle quattro la musica tecno proprio come due giovani (cioè, che lui è giovane davvero, e in fin dei conti pure io, diciamolo) e ci ritiriamo al pointbreak, lo studentato magnifico di via Fortebraccio, praticamente distrutti, che non facciamo nemmeno in tempo a dirci buonanotte socio buonanotte socia che già russiamo come due maiali.

Mi sveglio di umore pessimo che ho fatto dei sogni che mi verrebbe da ammazzare una buona dozzina di persone, socio compreso, ma la giornata è lunga, passeggio per Roma mentre lui dorme ancora poi quando si sveglia ci mettiamo in macchina e al contrario dei nostri auspici piove, cazzo, e al mare non si va. Ma finisce che questa pioggia unita alla lunga seduta di psicanalisi dell’automobile mi lava via tutto lo schifo della notte trascorsa ed arriviamo a Bologna carichi, emozionati, che ci aspetta una cosa che non ci è successa mai prima di oggi ovverocchè per la prima volta sentiamo che il nostro voto abbia un senso. Allora decidiamo di farlo insieme e io mi sento proprio emozionata, orgogliosa e felice, con il socio che mi aspetta fuori dal seggio e io che aspetto lui, per la prima volta questa parola, rappresentanza, mi suona come una parola reale o per lo meno possibile e non come una beffa. E mi sento veramente veramente fortunata per aver potuto dividere questa cosa con Papaleo e non averla fatta da sola come temevo sarebbe successo. E allora non so come andrà ma mi sono veramente sentita orgogliosa di poter sostenere il candidato che stimavo ovvero Carlo che secondo me cavolo sarebbe bellissimo se fosse eletto perchè è proprio uno che le cose le sa fare, le vuole fare, le fa e ci crede pure.

Non è finita la nostra turnè, sentiamo sempre più forte, ad ogni ritorno, il bisogno di non staccare immediatamente di prenderci il tempo per decantare per spogliarci di tutto quanto accaduto, io per lo meno sento che ho bisogno che il socio mi racconti lui che ne pensa lui come le vede, le cose, perchè per me lo sguardo che ha lui sulle nostre avventure è imprescindibile, perchè è un pezzo importante fondamentale di quello che succede, e allora andiamo a cena tirando in mezzo anche Laire e finisce come direbe mio padre a trippa torcinelli e testa ovvero ci divertiamo tantissimo e non riusciamo a smettere di ridere, e io proprio così mi voglio ricordare la fine di questa turnè, con noi tre che ridiamo come matti e la gelataia che ci guarda tra lo sconcertato e il felice mentre le risate si impadroniscono di tutti quelli che ci stanno attorno.

Che poi volevo dire una cosa. Cioè, che per me questa turnè ha un senso. Un senso diverso da quello che avevano tutti gli altri spettacoli. Che lo so che fai l’artista e ce lo caghi che sei un artista insomma lo so che il mondo non gira attorno a me agli spettacoli alla papaleomobile eccetera però a me questo viaggio mi pare una piccola intensissima esperienza di rivoluzione, e mi pare che ogni giorno quando col socio riusciamo a fare le cose, quando riusciamo pure a superare il momento dello scazzo, quando riusciamo a vedere le persone con occhi simili, quando montiamo in fretta ed efficienza e ognuno sa quello che deve fare però anche siamo emozionati perchè attorno a noi c’è ogni sera un mondo nuovo, quando mi rendo conto che scrivo dicendo noi e non è grave, no, è anzi bello e intenso, quando succede tutto questo io penso che forse sarà davvero il mio ultimo spettacolo, che forse sarò scomparsa tra pochissimi mesi, che diventerò una grigia assistente in qualche organizzazione internazionale per l’ulteriore sfruttamento dei già sfruttati, però questi mesi a me mi sembrano una specie di regalo per i miei passati 32 anni di sbattimenti, mi sembrano il pacco a sorpresa, mi sembrano il treno che finalmente ho preso dopo tutti i treni che, prima, avevo perso.

E poi ci sono molte altre cose, che non so (non voglio), raccontare.

 
 

Tratto da:
www.lucilleidi.net

 
 
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