Un viaggio alla scoperta dell’Oriente e verso la conoscenza di sè con Elisabetta Baldisserotto

Recensione de Gli occhi di Shiva ed intervista all'autrice, Elisabetta Baldisserotto

29 Marzo 2024

 

 2024.01.26 - Intervista ad Elisabetta Baldisserotto [11.86 MB]

Elisabetta Baldisserotto è psicoanalista junghiana e scrittrice, vive e lavora a Venezia. Nella sua carriera si è dedicata alla scrittura di saggi umanistici e narrativa. In ambito narrativo si ricordano: Morire non è niente (CLEUP, 2015), Di là dall’acqua (CLEUP, 2017) Vincitore Premio Giallo Indipendente 2018, Gli occhiali di Hemingway (CLEUP, 2019), Il dolore degli altri (Neos edizioni, 2022) e la raccolta di racconti Ritratti di donne (Terra d’ulivi edizioni, 2020). Collabora con «Menabò. Quadrimestrale internazionale di cultura poetica e letteraria» e con il mensile «Menabò online». In occasione di Sherbooks Festival 2024 abbiamo intervistato l’autrice a proposito della sua opera più recente Gli occhi di Shiva (2023), romanzo di formazione pubblicato da Ronzani all’interno della collana Carvifoglio dedicata alla narrativa. La vita di Linda, diligente studentessa del Liceo classico “Pietro Orseolo II” del Lido di Venezia, è sconvolta da una scenata in famiglia. Allontanata da casa dal padre si ritrova in viaggio per l’India insieme all’amico Jamie e ad altr* incontrat* lungo il cammino. Dopo cinque mesi di avventure rientra in Italia ammalata di epatite virale e viene ricoverata nell’isola delle Grazie sede del reparto ospedaliero per le malattie infettive di Venezia. Lì racconta la sua storia alle degenti e compagne di stanza, di età ed estrazioni sociali differenti, e tramite la narrazione condivisa può rielaborare e risignificare l’esperienza on the road appena vissuta. Un romanzo di formazione ambientato negli anni Settanta, epoca in cui i feroci scontri politici e sociali si intrecciavano agli ideali ambientalisti e alla ricerca spirituale: “Gli anni Settanta sono ricordati per la violenza, gli atti di terrorismo e le manifestazioni politiche ma sono stati anche molto altro: un periodo estremamente ricco che ha innestato nella cultura tanti semi molto creativi. Pensiamo al femminismo, all’ambientalismo, alle lotte per i diritti della comunità LGBTQIA+, al pacifismo, ai diritti degli afroamericani,al vegetarianismo, a un modo di vivere più libero, le comuni, yoga e meditazione… insomma da lì vengono fuori tante cose, per non parlare della musica meravigliosa che oggi si continua ad ascoltare, internet, il computer e tutta la rivoluzione tecnologica nasce da un hippy: Steve Jobs era un hippy, era andato in India e poi era vissuto in una comune fruttariana. La base da cui partiva la Apple, l’ideale era la condivisione della cultura, di disintermediarla dal potere e renderla fruibile a tutti in modo gratuito.”. 

L* giovani europei attirati dal mito dell’Oriente intraprendevano il pellegrinaggio fino all’India e al Nepal attraversando diversi paesi via terra in modi ad oggi impensabili tra cui l’autostop. Il libro è pensato per coinvolgere l* appassionat* del genere desideros* di avvicinarsi al mondo della militanza: “Spero che possano identificarsi soprattutto con la protagonista che ha 17 anni. Si chiama Linda ed è una ragazza cresciuta in una famiglia borghese. Il mio intento è quello di parlare di questo periodo storico quindi possiamo pensare al mio romanzo come a un romanzo generazionale ma forse anche a un romanzo storico, un romanzo di viaggio, sicuramente un romanzo di formazione perché la protagonista affronta delle esperienze forti, cambia, e quindi poi quando torna al Lido di Venezia da cui è partita torna cambiata. Il viaggio era un viaggio lungo che durava settimane se non addirittura mesi perché attraversava Grecia, Turchia, Iran, Afghanistan e Pakistan prima di raggiungere l’India e il Nepal ed era fatto con mezzi di fortuna e con pochissimi soldi quindi è un viaggio oggigiorno impensabile anche perché alcuni paesi non si possono più attraversare via terra perché le frontiere sono chiuse.”. Il romanzo è manifesto di una generazione e della controcultura hippy orientata a uno stile di vita alternativo al sistema sociale tradizionale. Il rifiuto di conformarsi a standard prestabiliti, la preferenza per attività non finalizzate al profitto, la vita comunitaria si realizzano tramite l’allontanamento dai bisogni consumistici alimentati da un’economia capitalistica: “Lei coglie l’occasione per fare questo gesto trasgressivo, poi però si fa prendere anche un po’ la mano nel senso che il gruppo degli amici e un amico molto caro un po’ la trascina nell’India. Non era sua intenzione fin dall’inizio arrivare fino a lì, però poi si fa un po’ trascinare dalla corrente, questa corrente di ragazzi che partivano quasi in massa, perché questo è un fenomeno quello del viaggio in India che è stato abbastanza rimosso, anche perché tanti sono finiti male nella droga, non sono tornati o sono tornati male e quindi è un’esperienza che ha spaventato parecchio ed è stata rimossa ma in realtà dobbiamo sapere che ha riguardato milioni di ragazzi nell’arco di un ventennio. Si fa partire questo fenomeno, che poi successivamente è stato definito Hippy Trail, nel 1957 con l’uscita di On the road di Jack Jerouac e poi finisce forzosamente nel 1978 quando si chiudono le frontiere di Afghanistan e Iran.” 

La scelta di Linda nasce dall’esigenza di conoscere un mondo diverso dalla sua comoda e placida vita borghese in grado di assicurare “un tranquillo benessere, la protezione del denaro” (Baldisserotto, 2023, p. 133): “se lo intendiamo anche a livello metaforico, e lo scopo del libro è anche questo, non è solo un viaggio via terra ma è un viaggio dell’anima. È un viaggio di introspezione, di comprensione, di conoscenza del mondo ma soprattutto di sé. E quindi in questo senso penso che possa interessare anche i giovani, anche se parla di un’altra epoca.”. La storia di Linda assume il significato di un processo di individuazione teorizzato da C. G. Jung come integrazione delle diverse parti di personalità orientata all’autorealizzazione e a una maggiore consapevolezza di sé. Linda entra forse per la prima volta in contatto con la propria Ombra e quindi con gli aspetti di sé sconosciuti e sconvenienti, aggressivi, spiacevoli, quando decide di abbandonare la cagnolina Kalì adottata lungo percorso. La formazione psicoanalitica dell’autrice si intreccia con la scrittura creativa con conseguenti riferimenti alla psicologia analitica di Jung e così i personaggi Linda, Jamie, Sabrina, Vito sembrano essere emersi da un mondo archetipico: “Io sono una psicoanalista junghiana quindi certo questi sono i miei temi. Devo dire che non è che ci ho pensato, che volontariamente li ho introdotti nel romanzo, no, mi è venuto così. Quindi la mia intenzione non era certamente quella di fare un manuale di psicologia, però come scrittrice devo sempre attenermi alla regola che i miei personaggi devono essere psicologicamente credibili e quindi la conoscenza della psicologia umana è importante per creare dei personaggi che si reggano, che hanno delle dinamiche, delle problematiche che riguardano tutti noi.”.

La giovane età della protagonista comporta l’esplorazione di conflitti, sfide, ribellioni tipiche dell’adolescenza: “volevo rappresentare il divario generazionale, l’abisso di incomprensione che all’epoca, negli anni Settanta, c’era tra le generazioni. Padri e figli erano molto lontani dal punto di vista della mentalità e soprattutto dei valori. Il mondo stava cambiando velocemente e i ragazzi respiravano quest’aria di libertà, di voglia di cambiamento, di rompere gli schemi, le oppressioni, la struttura appunto patriarcale della famiglia ma soprattutto di stampo autoritario da un lato e questa ipocrisia borghese per cui tutto deve essere bello, deve andar bene fuori all’apparenza perché poi la gente parla però dentro poi i problemi non si affrontano e non si discutono, non si risolvono. E quindi la famiglia di Linda è una tipica famiglia di quegli anni in cui i problemi proprio perché non si affrontano ad un certo punto esplodono. E il primo ad esplodere è proprio il padre che caccia di casa Linda e lei decide di partire per puntiglio e anche perché presa da questo ideale della fuga che in quegli anni circolava ed esisteva, possiamo dire che andava di moda scappare di casa e poi vivere un po’ di espedienti, era un atto rivoluzionario anche questo.".

L’analisi delle dinamiche familiari passa attraverso la critica della famiglia patriarcale con ruoli di genere definiti: se alla mamma è affidato il lavoro di cura ed educativo, il padre è intellettuale, romantico, figura di riferimento e modello di ispirazione per la piccola Linda. Nonostante i comportamenti violenti ed autoritari persiste l’idealizzazione paterna mediata da un maschilismo interiorizzato e trasmesso transgenerazionalmente, come insegna la madre quando attribuisce alla figlia stessa la responsabilità del tradimento paterno: “«Chiedi la separazione», consiglio a mamma, al telefono. Ma lei non ne vuole sapere. Il matrimonio è sacro, dice. E papà, pentito. Quella disadattata della tua amica l’ha sedotto. Lui era fragile, non capita tutti i giorni che una figlia scappi di casa e vada a finire in India: ha avuto un momento di sbandamento, ma adesso è rinsavito.” (Baldisserotto, 2023, p. 229).

La scissione e polarizzazione della madre cattiva e del padre buono terminano con la scoperta della relazione extraconiugale di lui con Sabrina, amica di Linda ed ospite a casa sua. Quando in meccanismi difensivi di evitamento e negazione non possono più funzionare la protagonista si scontra brutalmente con la realtà di fatto e, mettendo in discussione l’onnipotenza genitoriale, si relaziona alla sua famiglia con uno sguardo più critico e meno disilluso: “E il mondo si capovolge di nuovo. Gli aggettivi che ho assegnato ai miei genitori – papà buono, mamma cattiva – s’invertono. Allo stesso tempo però, provo un inammissibile brivido di piacere: mia madre è stata punita, ha avuto ciò che si merita.” (Baldisserotto, 2023, p. 226).

Le compagne di stanza, ognuna con il proprio bagaglio esperienziale, culturale e di classe, assumono il ruolo di mediatrici narrative. Solo grazie alla condivisione della sua storia Linda si sofferma e trova configurazioni di significato prima non accessibili e offre al lettore una nuova interpretazione: 

Mentre osservo il becchettare di merli e passerotti sulla ghiaia del giardino, rifletto. Forse la mia difficoltà a ricostruire con precisione le tappe del viaggio, oltre che dalla perdita della cognizione del tempo, dipende dal fatto che non ero convinta quanto Jamie di andare in India. L’idea di partire era stata sua, sua la scelta dell’itinerario e dei mezzi di trasporto. Così, come il passeggero presta poca attenzione al tragitto perché si affida al guidatore, io ho viaggiato in modo svagato, mi sono lasciata condurre. Oppure il motivo è un altro, più profondo, come suggerisce Vittorina: una parte di me si rifugia nella nebbia protettiva dell’oblio perché si sente traumatizzata.

A volte mi sembra tutto un sogno. E i sogni svaniscono con grande velocità. Tuttavia qualcosa resta, anche dei sogni più lunghi, intricati e difficili da ricordare, magari solo un’immagine.

Per esempio quella di un posto meraviglioso – come si chiamava? – con vasti prati verdi dove si sdraiavano le mucche e rivoli d’acqua placida e alberi di noci moscate sotto i quali mi ero seduta a riposare. C’era anche uno stagno con i fiori di loto e intorno siepi di henné. E un piccolo tempio in cui i fedeli intonavano un canto devozionale, accompagnato dal cembalo e dal flauto indiano. Non so dire dove si trovasse. È rimasta solo la traccia di un passaggio troppo breve. E il pensiero: se un giorno dovessi ripartire per l’India, è lì che vorrei ritornare.” (Baldisserotto, 2023, pp. 201-202).

 
 

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