Kintsugi - Voina

Il quarto album della band di Lanciano, tra cadute e voglia di rimettersi in gioco

20 Febbraio 2024

Qualche giorno fa ho scritto un messaggio a Ivo Bucci dei Voina

Gli dicevo che dopo una serata emotivamente intensa la loro musica mi era parsa l’unica cosa sensata da ascoltare nel rientro a casa. 

Succede che ogni tanto vorresti urlare che la vita è una merda, senza pensarci troppo sopra. E allora in questi casi non c’è niente di meglio di questo manipolo di ragazzi abruzzesi, che addirittura ha chiamato il primo estratto del nuovo disco proprio «Che vita di merda». È un singolo dinamico e potente che arriva dritto al punto riassumendo la poetica della band, che più volte è tornata sul concetto del non sentirsi giusti, o come gli stessi Voina cantavano agli esordi: «sentirci sassi in questo mare di pietre».

Gli ultimi dischi dei Voina hanno tutti questa parabola contenutistica: una rassegnazione assoluta, una disperazione che si autoalimenta, urlata per tirare fuori tutto il male fino ad arrivare al colpo di coda, quel pezzo che ti dice “però adesso ripigliati, perché cazzo sei vivo, respiri, ami, sei vero”. Nel loro nuovo lavoro in studio questo ruolo è svolto da due brani, il primo è Mal di gola, un pezzo lento e romantico che sta lì a ricordarci quello che conta davvero, e il secondo è invece più aggressivo - Grattacieli -, un inno ai palazzoni e alle periferie. Anche questa volta, se avete bisogno di tirare fuori tutto, i Voina sono ciò che può rompervi definitivamente e ricomporvi pezzo per pezzo. 

Si vedrà che non siete nuovi ma sarete più ricchi.

D’altronde il nome di questo disco parla chiaro: Kintsugi infatti è l’arte giapponese di rimettere insieme le tazze in ceramica con una colla dorata, per far esaltare le crepe, le riparazioni, le ferite, i dolori passati che ci hanno reso ciò che siamo. Questo fa la musica dei Voina e lo fa anche in questo disco, che pur trattando tematiche già lungamente approfondite dalla band, presenta una varietà di suoni e una dinamica di arrangiamenti sicuramente più curata rispetto ai lavori precedenti. Sarebbe interessante adesso sapere cosa metteremo in questa tazza, ormai riparta con la colla dorata, adesso che un po’ siamo cresciuti e che qualcosina abbiamo imparato: altro dolore, altra autocommiserazione e altre urla? Oppure questi ragazzi di Lanciano dopo aver egregiamente trattato per anni il tema della demolizione (fisica, emotiva, societaria ecc.) ci racconteranno com’è fatta la luce che passa dalle crepe?

Intanto godiamoci Kintsugi e andiamolo a sentire dal vivo, che già così qualche raggio passa. 

Ci vediamo sotto palco.

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