L'anno dell'Oro

Tuffo nel mondo della dorsale, con il secondo libro della trilogia fantastica di Maria Gaia Belli

3 Gennaio 2024

Qualche settimana fa avevo bisogno di leggere una storia appassionante e coinvolgente, in cui riuscire ad immergermi per qualche tempo e da cui riemergere più felice e in cui trovare un po’ di voglia di trascinarmi verso le vacanze natalizie. Sullo scaffale troneggiava da un po’ La Dorsale – L’anno dell’oro, di Maria Gaia Belli, edito da effequ. E’ il secondo volume della trilogia de La Dorsale, il cui primo ho letto un paio di anni fa.

Avevo un bellissimo ricordo del primo volume, ma soprattutto un bellissimo ricordo dell’autrice e dell’incontro che avemmo durante Sherbooks Festival 2022 (qui il report e la recensione del primo volume, L’anno del ferro). E quindi sapevo che tra le pagine di questo libro mi sarei sentita a casa. Così è stato.

Mi è piaciuto tutto di questo libro: la storia appassionante, i personaggi li ho adorati dal primo all’ultimo, la scrittura fluida e semplice ed elegante. Forse era solo il libro giusto al momento giusto, ma riuscire a leggere pagine e pagine la sera prima di dormire (cosa non scontata, di solito dopo qualche pagina il libro mi cade di mano per la stanchezza), oppure passare le pause pranzo attaccata alle parole senza riuscire a lasciar andare Kami e Luk e Key mi ha fatto molto bene.

Partiamo dai personaggi. Da piccola leggevo molti fantasy, ora sempre meno. Ma da ciò che ricordo, e dalle ultime letture fatte, spesso i personaggi dei fantasy sono monolitici: hanno un loro carattere ben definito, sono eroi o non lo sono, sono coraggiosi o non lo sono, sono furbi o saggi o non lo sono. Magari sì, hanno un’evoluzione, ma il punto di vista del narratore e il suo giudizio sui personaggi è ben fisso, direi immutevole, e loro si comportano in modo definito e prevedibile. E forse questo li rende distanti da noi, perché chi si comporta nella vita vera in modo ben definito e sempre uguale? Non è umano, ovviamente.

Ne La Dorsale, invece, quello che percepisco è che i protagonisti, ma anche i personaggi minori, siano concreti e a tutto tondo. Non sono mai uguali, non sono stereotipati. Kami è un’eroina, ma sa essere incomprensibile e selvaggia e indisponente, e noi lettori lo percepiamo, e riusciamo anche a prendercela con lei o a trovarla insopportabile. Key è un ragazzo dolce e mite ma a volte ci sembra davvero piagnone, a volte questo ci dà fastidio e altre volte invece ci riconosciamo in lui. Luk è forse il ragazzo di cui innamorarsi, ma è anche molto arrogante e pure lui insopportabile, oppure ci dispiace per lui in alcuni momenti perché soffre e probabilmente non comprende la sua sofferenza. Leila sembra essere la secchiona so tutto io, però poi rivela in alcune scene una grande tenerezza e un inaspettato altruismo e senso di cura.

Questa completezza, mi verrebbe da chiamarla così, dei personaggi, è sicuramente frutto del continuo cambio di prospettiva. Non c’è un narratore onnisciente o oggettivo. I narratori sono loro tre, Luk Kami e Key. E quindi possiamo avere il punto di vista di ognuno di loro, ed è la cosa che più ho amato in questo libro.

Questo vale non solo per la caratterizzazione dei personaggi, ma per la storia tutta. Credo che la cosa più affascinante, e che più rende il mondo della Dorsale a noi comprensibile e vicino, è l’assenza di una netta divisione tra Bene e Male. Un’altra cosa che invece, nel fantasy, troviamo eccome. Le pagine non sono costruite attorno ad una Grande Missione che gli eroi devono portare a termine per salvare il mondo per come lo conosciamo (o meglio, come lo conoscono). Certamente una missione l’Accademia, dove vivono e lavorano i nostri personaggi, ce l’ha, ed è quella di proteggere i territori del Sud e del Nord dai pericoli provenienti dalla Dorsale, i contrabbandieri in particolar modo.

Ma noi come lettori non siamo investiti di questa missione, che rimane quasi sullo sfondo. E questo perché nemmeno Luk, Kami e Key, che ci raccontano della loro vita in Accademia, sembrano davvero investiti di una responsabilità tale. Loro in Accademia ci lavorano, dedicano la loro vita a questo luogo ma è come se lo facessero per senso del dovere, perché è il loro lavoro (che fanno con passione), ma potrebbe essere un lavoro come un altro. È la loro quotidianità, punto.

E in questa quotidianità, quindi, c’è spazio per molte cose, che ci vengono raccontate e che rendono l’Accademia un luogo a noi famigliare, anche nel senso letterale della parola, perché diventa un posto in cui i personaggi costruiscono pagina dopo pagina la loro famiglia, quella scelta. Noi assistiamo a questa costruzione lenta e non sempre facile, frammentata a causa dei caratteri così particolari dei protagonisti.

Kami ormai diventata una grande atleta, perché nessuno sa montare un drago come lei. È combattiva, è di poche parole, sembra sempre sapere cosa deve essere fatto, ama la solitudine e il disordine.

Key, lo straniero che viene dal Nord, ha trovato la sua strada nello studio, e ad esso si dedica con amore e passione, è forte, ma questa sua forza la ottiene dalle sue fragilità.

E poi c’è Luk, che è un po’ il belloccio, fisicamente prestante, affascinante, un ragazzo promettente che sa nascondere molto bene (anche a se stesso), le sue emozioni.

Insomma, un bel caos.

Però un caos dolce e tenero, che mi ha coccolato per qualche giorno.

Un’altra cosa che mi ha fatto molto riflettere nella lettura e a cui ho provato a prestare attenzione sono i ruoli di genere all’interno del romanzo. Con incredibile naturalezza, l’autrice dipinge un mondo in cui donne e uomini sembrano avere gli stessi diritti, e soprattutto, le stesse opportunità. Quantomeno dentro all’Accademia, sarebbe interessante sapere cosa succede invece fuori. Questo aspetto non è forzato né, soprattutto, evidenziato artificiosamente nella narrazione. È un dato di fatto: così dovrebbe essere, e così è nel mondo de La Dorsale. Quasi non ci si accorge. Il romanzo sembra non nascere con l’intento evidente di portare avanti una denuncia sociale sul piano femminista, ma io credo che invece possa di fatto essere definita una narrazione femminista, e forse anche meglio riuscita di altre storie che invece nascono con quell’etichetta, proprio per la delicatezza e la semplicità con cui certe dinamiche tra generi vengono inserite al suo interno.

Per concludere, questo secondo volume è la conferma che quello creato da Maria Gaia Belli è un mondo meraviglioso che può dare tanto; un mondo fantastico che non è tutto rose e fiori, ma che sembra riflettere alcune delle cose migliori della nostra realtà, da cui ogni tanto invece è necessario fuggire.

 
 

Effequ

Maria Gaia Belli (1991) già autrice de La dorsale – Libro primo. L’anno del ferro (effequ 2021), si è laureata in Italianistica a Bologna. È redattrice, insegnante e docente di laboratori per bambinə e ragazzə. È cofondatrice della rivista «Tropismi» e i suoi racconti sono apparsi su numerose altre riviste, oltre che nell’antologia Hortus mirabilis. Storie di piante immaginarie (Moscabianca 2020).

 
 
loading... loading...