Venezia80 - "L'ordine del tempo", come ci si sente davanti alla fine del mondo?

La regista premiata con il Leone d’oro alla carriera al Festival di Venezia presenta “un film sulla paura del tempo futuro, sull’oblio del tempo passato, del Tempo che convive con noi”.

30 Agosto 2023

È partita ieri la corsa al Leone d'Oro per questa edizione 2023 e al Lido sono sbarcati i primi vip, nonostante quest’anno aleggi lo sciopero degli 11.500 autori e dei 160mila attori americani che da cento e più giorni portano avanti una protesta che ha mietuto una serie di vittime sul red carpet. Non ci saranno le grandi star holliwoodiane a calcare la passerella più in voga del fine estate e anche gli spalti scarseggiano di fan urlanti e ostinati.

D’altra parte non sono mancati i classici rituali, come il bagno della madrina, quest’anno in versione sirena, o il pullulare di pass di vario colore che sin da lunedì - ancora prima che aprisse l’80esima Mostra del cinema - hanno colorato Venezia e tutte le isole circostanti. 

Un esercito di registi italiani in concorso: Costanzo, Diritti, De Angelis, Castellitto, Garrone, Sollima; sette film americani e dieci dal resto del mondo, per un totale di 23 titoli in Concorso, si alterneranno fino al 9 settembre.  

Ci sono anche dei nei in questa edizione, come l’invito a Luc Besson, Woody Allen e Roman Polański, tutti interessati da accuse di stupro e molestie sessuali: condannato il terzo, assolto da un’accusa il secondo (ma deve ancora scagionarsi da altre otto), mai veramente chiarita la verità sul primo. Un trittico di “Maestri”, bianchi e anziani, esaltati come artisti tanto da dargli un’alibi per i crimini commessi. 

A farne le spese ancora le donne, rare le registe nelle sezioni principali, troppo poche in generale quelle al festival: “Sono il 30% – ha detto il direttore della Mostra, Alberto Barbera – siamo lontani dalla parità di genere”. Per l’Italia ci sono Micaela Ramazzotti (Felicità, Orizzonti Extra), Virginia Eleutieri Serpieri (Amor, fuori concorso) e Liliana Cavani che riceverà il Leone alla carriera. 

“L’ordine del tempo” è il primo film fuori concorso in proiezione in Sala Darsena, Liliana Cavani è una delle più famose e premiate registe italiane e a 90 anni torna dietro la macchina da presa con una storia liberamente ispirata al libro omonimo di Carlo Rovelli.

Vorreste sapere se la vita sulla Terra stesse improvvisamente per finire? È questo il dilemma al centro della pellicola, un dramedy ambientato in una villa sul litorale di Sperlonga, che vede un gruppo di amici riunirsi per festeggiare il 50° compleanno di Elsa (Claudia Gerini). Ma quando il fisico Enrico (Edoardo Leo), specialista nel calcolo delle distorsioni temporali, arriva con un'aria particolarmente agitata, i festeggiamenti subiscono una svolta: sa qualcosa che loro non sanno, ovvero che l'asteroide Anaconda sta sfrecciando verso la Terra, condannando così l'umanità a fare la fine dei dinosauri.

La trama sembra concentrarsi sulla disperazione terrena, sull’insoddisfazione, rimorsi e rimpianti di un gruppo di cinquantenni borghesi, laureati e professionisti che davanti alla prospettiva di avere ancora poche ore di vita davanti agli occhi cominciano a fare un bilancio delle loro relazioni. 

A turno inizia l’annoiato resoconto di chi si fregia del privilegio di potersi definire insoddisfatto, chi perché si rende conto che sta invecchiando, chi perché rimpiange di non aver fatto un viaggio, chi perché ha coscientemente scelto di lasciarsi sfuggire un grande amore. 

Otto personaggi a turno intorno ad un tavolo, o in cerchio a dondolarsi sui divani, in un mix tra Carnage, con qualche spennellata di Perfetti sconosciuti, e Melancholia, si districano in dialoghi talmente astrusi da risultare banali, con l’aggiunta della scena più cringe (si spera di tutta la Mostra del Cinema) dell'erba rubata alla figlia adolescente, tanto da chiedersi se il vero plot twist si avrà con la caduta dell’asteroide. 

Se minaccia dell’estinzione della specie umana incombe da una parte, l’altro convitato di pietra è la noia, forse vera protagonista del film, mentre a coronare il finale arriva un “attore non protagonista” inaspettato: il granchio blu, che sta distruggendo la produzione di molluschi in Italia, il terzo produttore mondiale di vongole dopo Cina e Corea del Sud, come spiega sapientemente Pietro (Alessandro Gassman).

Parlare della fine del mondo avrebbe potuto continuare il filone narrativo di “Don’t look up”, avrebbe potuto porre l’accento sulla crisi climatica, sulle colpe dell’uomo che persevera nella distruzione del pianeta - con una probabilità maggiore di un ipotetico asteroide; mentre invece si torna all’annosa questione di fare i conti solo col passato, senza guardare al futuro, come fanno tutti i personaggi de “L’ordine del tempo”, che arriva ai titoli di coda con un imbarazzante silenzio dalla sala. 

 
 
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