Comunicazione istituzionale all'italiana: Open to...scivolone!

Dal turismo al merito, la critica alla comunicazione governativa

29 Maggio 2023

Solo il 23% degli italiani ha competenze digitali avanzate, una media poco più bassa rispetto allo standard Ue del 26% (dati Desi). Dopo i passi falsi e le gaffe pubblicitarie di questa primavera a tema: “immagine istituzionale e comunicazione” possiamo, senza troppa ingiustizia, affermare che anche chi lavora nella comunicazione può rivelarsi un analfabeta digitale, o quasi.

Questo aprile l’ente Enit - Agenzia Nazionale del Turismo, con il contributo del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio ha lanciato una nuova, discussa, campagna di promozione Italia. Open to Meraviglia, nataper valorizzare a livello internazionale l’offerta turistica del Bel Paese amato dall’UNESCO.

La protagonista, cuore di questa inedita mossa pubblicitaria, è una versione altamente digitalizzata della Venere di Sandro Botticelli.

Lo storico dipinto del quindicesimo secolo, che ritrae la nascita della dea romana di Eros e Bellezza, è così divenuto addirittura Virtual content creator e testimonial.  

La versione contemporanea dell’icona rinascimentale, da ora @venereitalia23, nata da un’idea dell’agenzia Armando Testa, è stata presentata il 20 aprile scorso durante una conferenza stampa della ministra del Turismo Daniela Santanchè, accompagnata dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, dal ministro per lo Sport e i Giovani Andrea Abodi e dall’amministratrice delegata di Enit Ivana Jelinic. Un popò di nomi e titoli che avrebbero dovuto sin da subito far temere il peggio.

L’idea ha scosso, tra rumore e numeri, pareri tra loro discordanti, attivando un acceso dibattito nell’ambiente culturale e nei circuiti media.

Coincidenza delle coincidenze: aprile sembrerebbe essere un mese maledetto e senza pace per la Venere, Botticelli e gli stessi Uffizi. Risale proprio all’aprile dell’anno scorso infatti il caso Jean Paul Gaultier, stilista francese a capo della nota casa di moda a cui l’istituzione fiorentina nel 2022 aveva mandato una pesante diffida per l’utilizzo non concordato dell’immagine della Venere e il mancato pagamento del relativo canone. In effetti secondo il Codice dei Beni Culturali l’uso di immagini della proprietà pubblica italiana è obbligatoriamente assoggettato a specifica autorizzazione e al pagamento del relativo canone. Lo stilista era reo di aver vestito gli attori della serie Netflix Emily in Paris. Ma a scioccare potrebbe essere anche un altro elemento: la vicinanza tra il personaggio di Emily, l’influencer americana finta parigina, proprio con il prodotto di comunicazione creato a tavolino @venereitalia23

Nel gram la Dea virtuale è seguita da oltre 200 mila utenti e si presenta al pubblico così:

«Ciao a tutti, il mio nome è Venere, ma probabilmente questo lo sapete già. Ho trent’anni okay, forse qualcosa di più a dire il vero e sono una virtual influencer. Che significa? Beh! Vi porterò in giro per l’Italia per mostrarvi i suoi luoghi meravigliosi e le sue eccellenze. Vi racconterò di bellezza, cultura, cucina, ospitalità, musica e arte ovviamente. Proprio come i vostri influencer preferiti. Io non vedo l’ora e voi? Seguitemi, sarà un viaggio entusiasmante. Promesso!»

Sicuramente il progetto di comunicazione si fa notare: il calibro dell’opera scelta, le fattezze estetico digitali della Dea, il tono voice della sua parlata e i suoi controversi travestimenti sono indubbiamente riusciti ad infrangere la barriera dell’anonimato.

Ad ogni modo, l’eco della virtual influencer si sarebbe potuto esaurire rapidamente per i più: una gita a Firenze, una visita agli Uffizi per ammirare la vera Venere nel suo hic et nunc aureo e il tutto si sarebbe potuto lasciar correre. Il budget previsto da Enit, 9 milioni di euro, ha però mantenuto aperta la frattura, impedendo alla notizia di cadere nel dimenticatoio. L’investimento per la campagna primavera/estate e autunno/inverno ha lo scopo, a detta della ministra Santanchè, di portare l’Italia al primo posto nel mondo garantendo un forte sviluppo dell’immagine Italiana in tutti i principali mercati internazionali, sia consolidati che ad alto potenziale, con una intensità ponderata sulla base dei flussi turistici esistenti e attesi. L’Agenzia Armando Testa, responsabile per la campagna Open to meraviglia tra sensibilità, ironia e sfumature “ringrazia”, acquistando una intera pagina pubblicitaria a pagamento del Corriere della sera per l’attenzione e le polemiche nate. Il suo “Open to Grazie”, risponde in parte anche alle critiche sul budget, facendo risalire l’esborso ai costi di distribuzione nei 33 paesi coinvolti:

 «I 9 milioni di euro dell’investimento previsto da Enit sono destinati alla pianificazione media in tutti i principali mercati: Europa, Paesi del Golfo, Usa, Centro e Sud America, Cina, India, Sud-est asiatico e Australia».

Una somma ingente che adira ancor più quella parte di italiani che considera @venereitalia23 un pozzo di soldi, semplificazioni e ridicolo ma che porterà l’Italia negli schermi esteri alle porte di Expo Roma 2030 (chissà se come modello positivo o stereotipo? ndr.)

La notizia della Venere non era sufficiente a far capire che la Scienza della Comunicazione non è una branca del sapere sottovalutabile nell’attuale paradigma digitale.

È stato presentato qualche settimana fa sui canali social del Ministero dell’Istruzione e del Merito un nuovo logo che sembrava destinato ad accompagnare la comunicazione del dicastero guidato da Giuseppe Valditara.

Di per sé, già la nomenclatura del Ministero, cambiata già più volte nel corso degli avvicendamenti dei Governi (da MIUR a MI), aveva ampiamente fatto discutere. Introdurre nella denominazione la parola “merito” è di per sé una scelta politica ben determinata. Il progetto sta nell’aumentare la differenziazione tra gli studenti, nell’appianare le differenze sociali e nel nascondersi dietro la fomentazione di innalzare i soli “capaci e meritevoli”, inserendosi pienamente nel solco di quella Riforma Gelmini, sempre frutto delle menti di un governo destrista, che ha aperto le porte al disfacimento della scuola pubblica.

Ma se il logo è considerabile il biglietto da visita visivo di qualsiasi realtà, va dunque pensato, costruito nei significati e spiegato al pubblico.

Il nuovo logo del MIM - una sorta di fascio littorio 2.0 realizzato con Gimp - non è stato accompagnato da nessuna comunicazione istituzionale, palesandosi all’improvviso senza un’introduzione o una spiegazione.

I dubbi sui social impazzano: è ufficiale o no? Ha senso? Arriverà un nuovo logo? Come verrà realizzato? Chi sarà lo sviluppatore della sua comunicazione? Sono tutte aree grigie, eppure un corso di laurea in Scienze delle Comunicazione in Italia esiste così come figure competenti in materia che cercano opportunità lavorative.

A riguardo, tante potrebbero essere le possibilità da aprire su questo fronte. La satira di Francesco Prisco su Il Sole 24 Ore ironicamente scherza sul fatto che ci vorrebbe un ministero del Marketing degli altri ministeri e non ha tutti i torti, questi più che scivoloni sono vere e proprie pattinate sul ghiaccio.

Tante potrebbero essere le possibilità per aprire nuove porte ai creator digitali, in modo continuo e strutturato (e questo non significa fare awareness sui tiktoker veneti repostandoli sulle storie come fa Zaia). La stessa Pubblica Amministrazione, ha la possibilità di bandire selezioni aperte ai tanti e tante esperti del settore.

Solo in questo modo la comunicazione istituzionale potrebbe beneficiare di campagne comunicative oggettivamente valevoli, fuori dalle logiche di spoil system e dalle visioni di un apparato politico impreparato che, appropriandosi senza averne diritto degli strumenti mediatici, veicola informazioni politicizzate oltre che del tutto inadeguate.

 
 
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