Intervista-conversazione di Mirco Salvadori con Chiara Cappelli

Il suono cinematico della parola recitata – Chiara Cappelli

12 Maggio 2023

Particolari e poco comuni spiriti vitali a volte incrociano la tua strada. Li ritrovi improvvisamente sopra un palco di fronte al quale sei seduto senza particolari tensioni o coinvolgimenti. Una normale piacevole routine tesa a nutrire la tua immaginazione, a darle del cibo a chilometro zero necessario a tenerla viva. Bastano però pochi minuti, un timbro vocale sconosciuto, la sua capacità di incantamento e quella piacevole routine si trasforma in una ardente esperienza nella quale la parola recitata ti raggiunge come un’illuminazione. La voce si fa suono e il suono immagine, mentre realizzi che esistono ancora angoli della tua anima che solo quel suono riesce a penetrare. Guardi quell’esile e affascinante figura che impera regina nel suo regno e pensi che sì: è questo il compito dell’attrice, questo il suo magico e ipnotico mestiere.

Ma la passione sprigionata sul palco dai performer, il più delle volte nasconde una scelta dura e difficile. Il mestiere dell’arte è uno dei più dannati tra i dannati. Riuscire a vivere recitando è una scommessa che solo i più caparbi riescono a vincere e i più giovani ad accettare. Un attore alla ricerca di lavoro può essere paragonato al Capitano Achab, l’arpione sempre pronto al lancio per trafiggere la grande balena bianca, una creatura forse immaginaria, senz’altro agognata che giace immobile nel retropalco, avvolta nella sua polverosa pelle di cartapesta.

Colgo l’occasione per ringraziare la redazione di Radio Sherwood che aiuta questi giovani professionisti a farsi conoscere divulgando il loro pensiero e la loro opera artistica.

Iniziamo con una citazione che ci aiuta ad introdurre la tua figura di attrice e non solo a coloro che avranno la pazienza di leggerci. È tratta da un volume uscito nei primi anni ‘80 intitolato “La Voce di Narciso”: «Nel grande oblio dei palcoscenici d'oro, la parola fu musica, finché l'avvento delepos-euripideo-socratico rovinò la poesia tragica in dialettica, defraudando il teatro della sua consolazione metafisica, per degradarlo a istituto per la formazione morale del popolo.»  Come avrai capito partiamo con un Carmelo Bene d’annata. Come professionista che il teatro lo frequenta, che quei palchi li vive guardando in faccia il pubblico, ti senti coinvolta da queste parole e, scendendo a livelli più comodamente umani ti chiedo: perché Chiara Cappelli ha scelto la difficile strada della recitazione?

Hai iniziato con la domanda più difficile di tutte! Credo che il motivo sia il fatto che fin da piccola ho sempre amato inventarmi vite diverse e personaggi nei cui panni inserirmi. Avrò avuto 6 o 7 anni quando sono entrata in un teatro la prima volta (si esibiva sulla scena mio fratello, di qualche anno più grande di me) e sono rimasta letteralmente folgorata dall’ambiente, dalla platea, dal palco, dalle poltroncine, dallo spettacolo. Da tutto. In quel momento forse mi è entrato dentro qualcosa che con gli anni non se n’è più andato. Come una scheggia che ti resta conficcata e, se provi a toglierla, ti scende sempre più in profondità. Qualche anno dopo, poi, su quello stesso palco mi ci sono trovata io, e da lì ho cominciato a raccontare storie. Personalmente spero di riuscire sempre ad emozionare una persona in più, ogni singola volta che su quelle assi metto piede. E parlo di emozioni perché - prendendo a esempio il Carmelo Bene da te citato - credo che siano quelle a restare impresse, più di qualsiasi morale.

La tua biografia è a dir poco sorprendente:ti sei diplomata all’Accademia Nazionale del Cinema di Bologna e alla scuola Percorsi d’Attore di Roma, diretta da Giulio Scarpati. Hai frequentato vari workshop: con i registi Mario Maldesi, Massimiliano Vado e Antonio Rezza, con i coreografi e danzatori Rozenn Corbel e Virgilio Sieni e con Matteo Fantoni per l’uso della maschera. Hai studia canto lirico e moderno e sei laureata in Lingue e Comunicazione Interculturale. Parli inglese, tedesco e russo. Hai lavorato in opere dirette da Giulio Manfredonia, Giorgia Mazzucato, Jacopo Neri (con lo scrittore Stefano Benni), Alessia Giovanna Matrisciano, Anna Meacci e Simona Arrighi. Sei stata attrice all’interno della residenza teatrale presso il Festival Fantasio di Trento. Collabori con la compagnia Ciurmastorta Teatro e fai parte del Collettivo Kemonia Teatro. Hai inoltre collaborato con Blanket Studio, collettivo di produzione cinematografica indipendente, e con Materiali Sonori. Sei protagonista e ideatrice della performance all’interno del video #justleave contro la violenza sulle donne. Hai partecipato a numerosi videoclip e corti e in particolare sei stata protagonista, con l’attore Ernesto Mahieux, di Cristina, diretto da Antonio Castaldo. Sono certo che questa bio non è certo completa ma basta per far capire ai lettori con chi stanno, forse inconsapevolmente, interagendo. Cosa puoi dire a tua discolpa e quale di queste esperienze, o altre magari più recenti, ti sono rimaste conficcate nel cuore e perché.

Le esperienze che mi sono rimaste nel cuore credo siano quelle nelle quali ho avuto più possibilità di incontro e confronto con artisti e con il pubblico. L’ultima più – diciamo – imponente è stata quella legata al progetto Majakovskij!, che mi ha permesso non solo di divertirmi tantissimo sul palco assieme a musicisti strepitosi ma anche di ragionare dopo con gli spettatori sui molti temi del testo. Oltre a questo c’è da considerare anche il lavoro su Il Numero Ventidue con una drammaturga immensa come Alessia Matrisciano e gli incontri che con lei abbiamo avuto in giro per l’Italia, che mi fanno prendere sempre più coscienza di quello che andiamo a fare di volta in volta. Infine, il mio ultimo lavoro sulla figura di Penelope, Resterò Testimone, messo in piedi assieme ad Arlo Bigazzi, che avrà presto un confronto con i ragazzi di alcune classi di un liceo e che mi sta ancora mettendo tantissimo in gioco su svariati aspetti: scrittura, recitazione, produzione.

Vorrei aggiungere solo una piccola cosa. Ringrazio tutte le esperienze belle che ho avuto perché mi hanno permesso, e mi permettono tuttora, di crescere artisticamente e umanamente, ma vorrei essere grata anche a quelle negative, perché mi hanno fatto vedere con più chiarezza la direzione che io volevo seguire, che strada volevo far prendere alla mia vita, che tipo di persone volessi davvero accanto. Ci sono alcuni insegnanti di teatro che affermano che i risultati migliori si ottengono in quegli ambienti lavorativi in cui il maestro tratta male gli attori per “spronarli”, o in cui è accettato un clima di tensione e competitività perché, così, ognuno è portato a dare il meglio di sé per superare gli altri. Io credo invece nelle condizioni di studio, laboratorio e ricerca nelle quali c’è fiducia e stima reciproca. Quindi, in definitiva, posso dire che sì, ringrazio le esperienze negative che ho avuto perché mi hanno fatto capire come non voglio vivere.

Oltre alla collaborazione con Arlo Bigazzi per il Majakovskij! da te appena accennata e che meriterebbe decisamente più attenzione da parte degli addetti allo spettacolo di questo paese sba(n)dato e di cui parleremo in seguito, so anche, come tu hai anticipato nella risposta precedente, di un tuo coinvolgimento professionale con la drammaturga Alessia Giovanna Mastrisciano per Il Numero Ventidue. Vuoi parlarcene?

Il Numero Ventidue è il primo vero lavoro completo che sto portando in scena con Alessia e che ripercorre, in un concerto di voci diverse che utilizzano il racconto, il dialogo o la poesia, la storia di amore e di anoressia di santa Caterina da Siena - una ragazza ribelle all’ideale di vita che la famiglia le vuole imporre e trova nell’autodistruzione la via della salvezza, il necessario dire “io sono” che la società negava alle donne del suo tempo. Il percorso di maturazione di Caterina si svolge in modo non lineare, tra le luci e le ombre del suo carattere e con lo spettro inquietante della morte. Ma si tratta anche di una storia di amore e di coraggio: Caterina, rimanendo chiusa nella sua stanza, è riuscita a diventare una delle figure politiche più importanti del mondo; a prezzo della distruzione del suo corpo, ha rivendicato fino all’ultimo giorno la sua libertà di esistere e di pensare.

Con Alessia ci conosciamo dal 2019 e c’è stata subito una bella intesa fra noi. In quel periodo stavamo utilizzando un suo testo come strumento di lavoro in un laboratorio: lei venne a vederci alle prove generali, ci siamo parlate e da quel momento non abbiamo più smesso di parlarci. Ridendo, racconto sempre che abbiamo iniziato il lavoro su Caterina da Siena in tempi non sospetti, ovvero quando Alessia ancora non sapeva che Siena è la città in cui sono nata anche io. I primi tempi lo spettacolo ha visto la regia di un altro artista poliedrico dell’area romana, Daniele Casolino con il quale, tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, avevamo impostato la prima messa in scena del testo. Messa in scena che al suo interno avrebbe visto la presenza di un altro attore/performer, Marco Giannini – in arte Caterpillar – e che avrebbe dovuto debuttare a marzo del 2020, esattamente pochi giorni dopo l’inizio del lockdown. Quello che è successo a tutti noi da quel momento, è ormai storia e lo spettacolo si è visto necessariamente modificato nel tempo: durante il confinamento è diventato un radiodramma, ha visto tantissimi rinvii di date e programmazioni fino a ricominciare, dalla fine del 2021 - inizi 2022, a girare. In quel periodo abbiamo iniziato a portare nei teatri lo spettacolo in forma ridotta, ovvero con Alessia in scena con me e io che dialogo con alcune voci registrate che intervallano il monologo, ma c’è in programma di tornare a lavorarci sopra con tutti gli attori che il testo originale richiede e con una scenografia che renda giustizia a tutta la poesia che ne esce. Quindi il progetto non è concluso, è ancora in via di definizione. Per adesso siamo state a Milano, Venezia, Roma, Viterbo, Castiglione d’Orcia e uno dei nostri sogni sarebbe quello di portarlo proprio a Siena, proprio nella città di Caterina. Vedremo come andrà.

A questo punto non posso non coinvolgere l’alto poeta di Bagdati e chiederti un compendio di quella straordinaria esperienza che è il progetto Majakovskij! Quasi una creatura che ora si muove e si sviluppa autonomamente, rinnovandosi con sempre ulteriori mutazioni.

È l’aspetto che più mi piace di lui! Non riesce proprio a fermarsi, neanche di fronte alle difficoltà.

Il titolo completo dello spettacolo è Majakovskij! Il futuro viene dal vecchio ma ha il respiro di un ragazzo e nasce con la musica e il testo elaborato da Arlo Bigazzi ela mia interpretazionecon le nuove traduzioni dall’originale russo.

Si tratta di un monologo che narra gli anni della gioventù del poeta fino allo scoppio della Rivoluzione d’ottobre in una modalità estremamente particolare, a metà tra il teatro e il concerto, cioè dove narrazione, poesie e musica scorrono in un continuo inseguirsi. Vediamo quindi un giovane Majakovskijdisposto a sfidare sé stessoe il mondo che lo circonda, innamorato della vita, dell’arte, dell’utopia. La storia di un ragazzo devastatore di banalitàe inno alla ribellione insita nei giovani. Questo monologo, sospeso tra parole e musica e rilettura piuttosto inusuale sia nei modi – che a momenti si distaccano dalla rappresentazione teatrale per calarsi nell’atmosfera del concerto – sia nei contenuti, si è poi evoluto in un progetto transmediale.

Lo definiamo transmediale perché come sai, già molte cose coinvolgendo varie discipline artistiche, sono scaturite da questo spettacolo: un libro, un doppio CD, stampe d’arte, video, due graphic novel inserite nel libro, addirittura altri spettacoli e reading che, come rami del progetto, si formavano con l’utilizzo di poesie di Majakovskij o con la collaborazione di alcuni musicisti già coinvolti in origine.

Descrivere a parole quanto io sia affezionata a questo progetto è difficilissimo. Con Arlo ci abbiamo speso talmente tanto tempo, studio, fatica, lavoro, prove, litigi, gioie che risponderti in tre parole è impossibile. Tutto questo senza considerare che, in mezzo alle varie difficoltà che si affrontano in tutti i lavori, nel mezzo alla distribuzione del progetto c’è stato anche il Covid.

Di recente purtroppo abbiamo avuto ancora più difficoltà a portare in scena lo spettacolo perché tratta di un autore russo e, anche se questo non avrebbe dovuto influire, è stato messo un po’ da parte per via della guerra. Ma nonostante le difficoltà con la distribuzione dello spettacolo, nel frattempo è stato pubblicato l’Alfabetiere Majakovskij, che è un libro fotografico con le fotografie di Lucia Baldini ispirate dai versi di una delle poesie da me tradotte e portate in scena, Ascoltate!. Insieme al libro è stato fatto uscire anche un cd musicale con le rielaborazioni sonore di Arlo e Flavio Ferri di alcuni brani del CD originale del progetto, inoltre sono ancora in elaborazione dei video con le musiche dello spettacolo.

Quindi, come vedi, anche se sottotraccia, continua a muoversi imperterrito.

È il progetto veramente più poliedrico che io abbia mai messo in atto finora, e spero sinceramente di poterlo nuovamente vivere di nuovo in pieno.

Intendevo informarmi sul tuo percorso, prima di avventurarmi in una conversazione riguardante recitazione, performance teatrali e artistiche ma sul web non esiste ombra del tuo passaggio, a parte una pagina Facebook e qualche notizia sparsa. Quale il motivo di una scelta così radicale che probabilmente non aiuta la visibilità di chi visibile dovrebbe esserlo per professione.

Non sono mai stata una persona particolarmente social, preferisco l’interazione personale. Il rapporto faccia a faccia. È vero, questo probabilmente non aiuta il percorso lavorativo, ma è una cosa che fino a un po’ di tempo fa ritenevo una vera e propria problematica, mentre oggi sto cercando di farci pace: d’altronde fa parte del mio carattere. C’è nei progetti l’idea di farmi un sito, con il tempo quello verrà.

Il segreto per conversare con te senza in realtà conoscerti a fondo, è averti visto tenere il palco con una maestria che impressiona, e io l’ho visto. Era per il Majakovskij. Alle tue spalle avevi un’intera sezione formata da ben dieci musicisti. Quale il tuo segreto per raggiungere la perfezione nella comunicazione tra te, le persone con cui condividi il palco e fare in modo che tale alchimia si trasmetta al pubblico.

Non c’è nessun segreto, di base si tratta principalmente di una cosa: l’ascolto. Cerco sempre di fare del mio meglio per ascoltare chi ho accanto sul palco e quale atmosfera si crea nello svolgimento dello spettacolo e, allo stesso tempo, per ascoltare anche le reazioni del pubblico, quale clima si è creato quella determinata sera in platea: il pubblico d’altra parte non è mai uguale e ogni volta i singoli spettatori rispondono in maniera differente, talvolta anche condizionandosi fra loro.

Naturalmente è un meccanismo che appare più semplice quando lo spettacolo è rodato al punto che quasi scorre da sé, come è accaduto con la replica del Majakovskij che tu ricordavi; in quel caso ero facilitata anche dal fatto che conoscevo da tempo quasi tutti i musicisti con i quali condividevo il palco. Ecco, mi ripeterò: un fattore che secondo me aiuta l’ascolto è proprio quello di potersi esibire all’interno di un clima sereno, se non proprio di amicizia fra i partecipanti, siano essi attori, musicisti, registi, tecnici e maestranze di vario genere.

Domanda che rasenta il classicone ma è interessante per capire la tua propensione artistica. Quali gli autori o i testi che più ti coinvolgono o che ameresti portare in scena e perché.

Come hai potuto constatare con Majakovskij, gli scrittori russi hanno avuto - e credo che avranno sempre - un posticino tutto per loro nel mio cuore. Ma vorrei approfondire di più anche alcuni autori italiani: di recente mi è capitato di rileggermi l’Ariosto, Rodari, De Amicis.

Una cosa che mi affascina particolarmente è lavorare con la poesia; anche perché portare il testo poetico in scena è sempre una sfida e mi diverte molto affrontarla, specialmente nella modalità sperimentata nel Majakovskij e (in una forma un po’ diversa) anche con Resterò Testimone, di creare un vero e proprio dialogo tra testo e musica. In questo ultimo periodo sto studiando Anna Achmatova, poetessa russa del Novecento: mi piacerebbe fare qualcosa con le sue opere.

Chiara Cappelli ovvero, solo teatro o anche cinema? Tu vivi a Roma, luogo deputato, ma so che non è così semplice vivere della propria professione anche nell’ambiente cinematografico. Quali sono le difficoltà e le dinamiche di questa professione per chi decide di viverla come unica risorsa anche economica.

Come hai già affermato tra le righe, questa professione presenta una marea di difficoltà economiche. Quindi si cerca di fare tutto il possibile in diverse materie – che siano audiovisivo, doppiaggio, danza, canto o altro. Personalmente sono nata con il teatro e lo preferisco, tuttavia il cinema mi piace molto (sia farlo, che da spettatrice) e quando capita mi ci rivolgo volentieri.

Una domanda che non si deve mai fare ad un artista è quella riguardante i programmi presenti e futuri ma esce spontanea, proprio perché so con chi mi sto confrontando e quale sia la potenza artistica che riesci a scatenare sopra un palco.

In effetti ci sono alcuni progetti per il futuro; non entrerò troppo nello specifico perché non hanno ancora una forma compiuta ma spero che vedranno il palco il prima possibile. Si tratta in particolare di uno spettacolo legato al teatro fisico che sto costruendo con Alessia e una coreografa, che è anche una fenomenale scenografa, Lisa Rosamilia. Inoltre con Alessia stiamo lavorando ad un nuovo spettacolo basato su un suo testo.

Direi di terminare con una citazione così come abbiamo iniziato. Questa volta però sono io a chiederla all’attrice Chiara Cappelli.

Chiedi a me una lezione di vita? Mi metti in crisi, non mi sento una grande insegnante al riguardo. Ciò di cui vado fiera è la mia curiosità e la mia costante voglia di sperimentare: quindi quello che posso dire è di essere curiosi, della vita, dell’arte, di tutto; non restare ancorati alle proprie piccole convinzioni ma osservare e cercare nuove strade e, perché no, fare anche dei cambiamenti nella propria vita perché di una cosa sono convinta: se per primi non cambiamo nulla in noi stessi, mai niente al mondo cambierà.

 
 

Showreel

Sito Majakovskij

Facebook

Instagram

Canale YouTube 

Account E-Talenta

Video promo Resterò Testimone

Video Cari Belli

---------------------------

Account Voci.net

Playlist Solitarie Comunanze Digitali

Live streaming Io Canto Il Corpo Elettrico

Playlist poesie 25 aprile ’21

 
 
loading... loading...