Femminismi: quanta distanza esiste tra l’accademia e la pratica?

Al Book Pride di Milano il dibattito con Rahel Sereke, Mackda Ghebremariam Tesfau e Carlotta Cossutta.

17 Aprile 2023

Tra i tanti dibattiti del Book Pride dedicati al femminismo, molto interessante è stato quello con le attiviste e studiose Rahel SerekeMackda Ghebremariam Tesfau e Carlotta Cossutta sul rapporto tra teoria e pratica dei movimenti femministi, sulla dialettica tra azione e pensiero. A moderare la conferenza è stata Chiara Martucci, docente e ricercatrice in tematiche di genere, e la conversazione si è basata su due domande cardine: la teoria è necessaria e fondamentale nella pratica del movimento femminista? E il linguaggio accademico risulta discriminante se lo si adotta nell’azione?

La questione si indirizza sul concetto di teoria come guarigione al dolore. Durante l’evento, viene coerentemente ripresa la nota citazione di bell hooks dal libro Insegnare a trasgredire: «sono giunta alla teoria attraverso la sofferenza: il dolore dentro di me era così intenso che non potevo più sopportarlo. Sono arrivata alla teoria disperata, bisognosa di comprendere, comprendere cosa stesse accadendo intorno a me e nel mio intimo. Più di ogni altra cosa, desideravo che il dolore sparisse. La teoria ha rappresentato per me un luogo di guarigione».

La risaputa caratteristica del linguaggio dell’attivista è l’importanza di una scrittura lontana dagli stilemi accademici per abbattere l’aspetto elitario e privilegiato che si respira negli ambienti universitari, nei quali non viene inclusa “la mia gente” - citazione dagli scritti di bell hooks.

Carlotta Cossutta, ricercatrice specializzata in filosofia politica, entra in punta di piedi nel forte dualismo tra teoria e pratica, sottolineando come l’aspetto accademico porti a cogliere alcuni aspetti, porgendo degli strumenti per riflettere diversamente il mondo. Tuttavia, è consapevole come l’accademia non sia un luogo di produzione del sapere, a causa di determinati limiti di questa.

Essendo ricercatrice all’Università, la studiosa si ritrova costantemente immersa dentro infinite contraddizioni: è consapevole di quanto l’aspetto teorico sia fondamentale per il processo di conoscenza, ma le restrizioni accademiche frenano la volontà di far emergere appieno la prospettiva femminista.

Un altro aspetto nocivo dell’ambiente accademico riguarda il carattere prevalentemente individualista, cosa che tende ad andare contro corrente rispetto allo spirito collettivo dei movimenti femministi. Non viene minimamente riconosciuto l’elemento della creazione di una comunità di apprendimento: l’io prevale sul noi. Mackda Ghebremariam Tesfau, dottoranda di filosofia all’Università di Padova, ritiene che le teorie critiche non siano le benvenute in accademia; questo ambiente ha un unico scopo, che è quello di riprodurre sé stessi e sopravvivere. Nel suo specifico campo di lavoro ha appurato come la filosofia sia uno studio prevalentemente indirizzato a sé stesso: si avvale di una legittimazione teorica egocentrica.

A questo proposito, è naturale considerare l’ambiente accademico come uno spazio d’élite, ma non solo: si ha una grossa demarcazione e separazione tra questo contesto chiuso e il mondo fuori da esso. Non c’è spazio per i saperi critici attraverso l’accademia.

Molto mirato l’intervento di Rahel Sereke. Il punto cardine del suo discorso si può riassumere in una sola frase: “io il femminismo l’ho comunque studiato”. Nonostante non abbia nel proprio bagaglio culturale l’esperienza accademica, ha le giuste conoscenze in materia grazie alla pratica ed ai fenomeni femministi di massa. Per aiutare a comprendere questo aspetto basti pensare a Marx e alla scrittura de “Il Capitale”, il quale è indirizzato alle persone operaie, al popolo: egli non si è avvalso di strutture accademiche per la pubblicazione della sua opera.

È considerevole notare come, al giorno d’oggi, la società abbia la necessità della creazione di nuovi luoghi in cui il sapere venga diffuso e visto orizzontalmente, non come una scalata sociale in grado di promuovere ed elogiare il singolo individuo, come l’accademia tende a fare. La condivisione dei saperi può essere trasmessa al di fuori di strutture chiuse ed esclusive. Le comunità di apprendimento - citando bell hooks - vanno create e incentivate. L’importante è condividere i saperi senza fondare poteri.

 
 

Tratto da Global Project

 
 
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