A Light exists in Spring
Not present on the Year
At any other period —
When March is scarcely here
A Color stands abroad
On Solitary Fields
That Science cannot overtake
But Human Nature feels [...]
A Light exists in Spring, Emily Dickinson
Luoghi sconosciuti, nascosti o solitamente chiusi al pubblico spalancano le porte ai cittadini che possono scoprire, durante queste Giornate, tesori segreti, anche vicino a casa. Poco fuori dal centro, in via Sorio 29, Alberto Biasi, esponente dell'arte programmata e cinetica, lavora alle sue opere. Il FAI ha reso possibile l’accesso a questo palazzo a due piani, progettato dall'architetto Franco Griggio, che l’artista padovano utilizza come laboratorio-atelier e archivio storico.
Biasi, da poco protagonista della mostra L’occhio in gioco, apre quindi le porte ai suoi spazi privati di creazione e collezione.
Quel tondo si muove, ma sa anche star fermo!, ecco il dinamismo ottico: l’occhio statico, che non accetta l’indagine percettiva e l’interazione con l’opera, non può godere delle opere di Biasi. Senza movimento lo spettatore viene imprigionato nella fissità, in un rapporto visivo-fotografico con l’opera che ne sciupa il gioco.
Il gioco è sicuramente un elemento chiave della vita dell’autore, è il gioco che ha portato all’interno dell’archivio un pezzo di pane, di quasi quarant’anni, ad essere arte. Vicino alla forma, un ritaglio di giornale e una foto incorniciata, con la frase Nessuno è invitato a interferire. Una porzione di parete che omaggia alle vicende del Gruppo N.
Il Gruppo N fu un collettivo con studio in via San Pietro, 3, attivo tra il 1960 ed il 1966. I suoi fondatori, Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi e Manfredo Massironi, credevano in un’arte partecipata, anonima che, alla Sherry Levine, voleva destrutturare il concetto di autorialità. Di chi è quell’opera? É Gruppo N il timbro, firma comune di tutti i membri del gruppo. I cinque operatori visivi erano interessati ad indagare scientificamente il mondo della percezione anche se sulle pareti dell’archivio vengono ricordati due momenti performativi che rivelano una vena altresì simpatica del collettivo.
Uno scatto della porta dello studio del gruppo N ricorda L’esposizione a porta chiusa dell’11-13 dicembre del 1960. Un'esposizione a cui non si poteva accedere e a cui si era invitati a non partecipare. I padovani che in quelle date decisero di recarsi in via San Pietro 3 infatti, come preannunciato, trovarono questo: la porta chiusa e la sola scelta di tornare a casa. La forma di pane e il ritaglio di giornale ricordano invece la singolare mostra commestibile del 18 marzo del 1961. Con l’aiuto del panettiere Giovanni Zorzon il gruppo N ha acutamente ribadito la sua posizione artistica nella Mostra del pane: «Le opere non sono firmate, l’individuo comune accetta queste opere e le assimila senza porsi nessun problema al di fuori di quello del suo istinto. [...] Queste opere sono di una essenzialità che le rende universali, non esprimono nessun personalistico mondo interiore, assolvono una funzione sociale»
Un archivio e laboratorio ancora attivi, che accolgono nuove menti artistiche ma solo quelle che davvero sanno accettare l’invito a giocare.
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