La rubrica sulle canzoni che narrano il percorso verso un mondo migliore

Cantare la lotta transfemminista: un violador en tu camino

7 Marzo 2023

Può una canzone cambiare il mondo? A questa domanda non troveremo forse mai risposta, ma possiamo raccontarvi storie di canzoni che hanno aiutato nel percorso verso un mondo migliore. Canzoni che rievocano le storie di movimenti, gruppi e collettivi che si sono mobilitati nella storia, unendosi anche attraverso inni e canti.

Canzoni che in qualche modo hanno raccontato le rivoluzioni, o le hanno accompagnate, oppure hanno voluto sfidare il potere e contestare il sistema attraverso i loro testi.


Questa è la storia di come un grido individuale e circoscritto diventa canto ribelle collettivo. Dalla convergenza di movimenti femministi, manifestazioni nazionali in Cile e risposta alle sempre più violente repressioni della polizia, Un violador en tu camino si espande e raggiunge le piazze di tutto il mondo. Comincia come una performance del collettivo di Valparaiso Las Tesis (formato da Sibila Sotomayor, Daffne Valdés, Paula Cometa and Lea Cáceres), risuona poi in una manifestazione a Santiago in occasione della giornata contro la violenza sulle donne, fino a diventare inno transnazionale contro la società patriarcale. Dall’Argentina all’Italia, si moltiplicano le coreografie di questa canzone di un minuto e mezzo, piena di riferimenti alle teorie femministe e all’attualità.

El patriarcado es un juez/que nos juzga por nacer/y nuestro castigo/es la violencia que no ves/El patriarcado es un juez/que nos juzga por nacer/y nuestro castigo/es la violencia que ya ves (x2)/Es feminicidio/Impunidad para mi asesino/Es la desaparición/Es la violación/Y la culpa no era mía ni donde estaba ni cómo vestía (x4)/El violador eras tú/El violador eres tú/Son los pacos/Los jueces/El Estado/El presidente/El estado opresor es un macho violador (x2).

Il suo testo e il ritmo incalzante, convertono facilmente questo pezzo in un inno di protesta contro il patriarcato e tutti gli attori che lo sostengono: tribunali, sistema economico, media, sistema di potere politico. Un grido di ribellione, facilmente memorizzabile e orecchiabile, da urlare contro una società che opprime le donne e le altre soggettività.

Come racconta il collettivo Las Tesis in una intervista, la performance apparteneva a un lavoro più ampio di analisi e messa in scena teatrale di lavori teorici femministi. In una delle sue parti, questo lavoro si è concentrato sul ruolo della giustizia e il rapporto tra le denunce di violenze sessuali e il ruolo dello Stato. In particolare, Un violador en tu camino prende le mosse da uno scritto dell’antropologa argentina Rita Segato sullo storico ruolo della violenza per punire la “disobbedienza” femminile, pilastro della cultura dello stupro. Segato sottolinea come lo Stato contribuisca a minimizzare la cultura dello stupro e lo stupro in sé, riducendolo a un atto privato e passionale. Questo è il centro tematico della canzone, che al contrario, grida che la cultura dello stupro è -e deve essere- un fatto pubblico: “El violador è lo Stato, i giudici, il presidente”. Nel verso <<El estado opresor es un macho violador>> si riprende ad esempio la teoria dello Stato come elemento maschile che opprime le altre soggettività. Oppure, <<la violencia que no ves>> si riferisce alla cultura patriarcale, così insita nel sistema da risultare invisibile.

Una parte del testo è un rimando ironico e satirico all’inno della polizia cilena, per sottolineare come le forze di polizia esistano in quanto braccio armato dello Stato senza proteggere in alcun modo le soggettività vulnerabili. Il titolo riprende sarcasticamente la canzone della polizia Un amigo en tu camino. Altra citazione del genere è la frase <<Duerme tranquila niña inocente, sin preocuparte del bandolero, que por tus sueños dulce y sonriente vela tu amante carabinero>>, tratta dall’inno polizesco e riportata a denuncia delle molestie proprio da parte dei carabineros.

 <> affermano Las Tesis. Basta pensare alla violenta repressione contro manifestanti cileni, che ha prodotto mutilazioni agli occhi per alcun*, o la tipica reazione alle denunce di molestie: <<Com’era vestita, signorina?>>

<<Y la culpa no era mia>> contiene infine l’elemento liberatorio, il ribaltamento della narrazione dominante che colpevolizza la vittima.

Accompagnamento essenziale al testo è la coreografia. Verrà eseguita per mesi nelle piazze di diverse città, dando il ritmo ai cortei transfemministi e indicando el violador di turno e i suoi alleati: i mezzi di comunicazione, i tribunali, gli apparati statali…

L’importanza della coreografia sta nel mettere i corpi al centro della protesta, in un luogo – la strada - dove quegli stessi corpi sono esposti al pericolo. Il canto e la coreografia rendono potente questo inno, mix di rimo e protesta, che evidenzia la violenza dello Stato sui corpi. Inoltre, alcuni passi come gli squat, incorporano dei movimenti che la polizia impone di fare (spesso senza vestiti) alle manifestanti fermate: torture che sarebbero vietate ma sono state eseguite in numerose occasioni in Cile.

Lo spettacolo di cui la performance faceva parte doveva inizialmente andare in scena il 24 ottobre. Ma una settimana prima (il 18 ottobre 2019) iniziano le proteste in varie città del Cile: in un contesto di scontri, piazze, manifestazioni, la canzone si diffonde nelle piazze: per la prima volta, il 20 novembre 2019, all’interno di una settimana di eventi contro la violenza sulle donne, la canzone viene eseguita in una piazza pubblica dal collettivo Las Tesis. Dal giorno dopo gli inviti a eseguirla anche in altre città si susseguono, fino al 25 novembre 2019, quando viene convocata una manifestazione a Santiago in occasione della giornata contro l’eliminazione della violenza di genere, a cui partecipano centinaia di persone. Quindi, le richieste si estendono anche ad altri Paesi vicini come Messico e Colombia ed è allora che il collettivo decide di mettere a disposizione di chiunque la base della canzone, per poter eseguire la coreografia in ogni città del mondo. Verrà eseguita in Argentina, Ecuador, Messico, Paraguay, Spagna, Nicaragua, Colombia, Peru, Santo Domingo e reinterpretata in altri duecento Paesi. La versione italiana, tradotta dal movimento Non una di meno, recita così:

La colpa è del patriarcato /  Il braccio armato dello stato/ Dice che sono il problema

Giustificando il suo sistema / 4 tempi / Il patriarcato punta il dito / E ci giudica impunito / Il nostro castigo / E' la violenza che ora vivo

Femminicidio/ Impunità per l'assassino / E' l'abuso / E' lo stupro

E la colpa non è la mia /  Nè dentro casa / Nè per la via

L'assassino sei tu /  Lo stupratore sei tu/

Le guardie / I giudici / lo stato / la chiesa

E lo stato oppressore / E' un macho stupratore

In altri Paesi la canzone verrà personalizzata e si trasformerà in un mezzo di denuncia, in una sorta di MeToo. Aggiungendo ogni volta particolari, alcune donne inizieranno a raccontare episodi personali, come per esempio:

la colpa non era mia (avevo sei anni),

né dove mi trovavo (in casa),

né come ero vestita (avevo il pigiama)

Il movimento transfemminista Ni una menos nasce in Argentina nel 2015 e si diffonde presto in altri Paesi del mondo. Parte dalle violenze e i femminicidi per unire tutte le soggettività oppresse dal sistema patriarcale, criticando tutta la catena di oppressioni che portano ai femminicidi: le disuguaglianze, la cultura dello stupro, la misoginia e lo sfruttamento.

Nell’autunno 2019 il Cile ha visto una serie di manifestazioni e conseguente repressione violenta da parte dello Stato. Le proteste hanno unito in piazza student*, operai*, insegnanti e intellettuali contro la privatizzazione e le disuguaglianze, contro il sistema neoliberista e per una nuova costituzione che superasse quella di Pinochet. Quelle settimane si sono caratterizzate per l’uso della violenza da parte della polizia: abusi, torture, violenze fisiche e sessuali su* manifestanti.

 
 

foto: Alessandro Serranò Roma, 7 dicembre 2019

 
 
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