Giovani, pesca e futuro giĆ  scritto sul Delta del Po.

Fortuna Granda

La recensione del nuovo documentario di Francesca Sironi e Alberto Gottardo

18 Dicembre 2022
 - Gyin

Fortuna Granda è il nome del nuovo documentario di Francesca Sironi e Alberto Gottardo, e questa "grande fortuna" rappresenta proprio quello che i protagonisti sentono di possedere.

Così come per i dialoghi in dialetto Goranto, anche il titolo stesso rispetta il parlato del comune di Goro, paese situato nella provincia di Ferrara. La cittadina si compone di 3500 abitanti ed è bagnata dal mare. Essa è posizionata sul Delta del Po e la sua economia è spiccatamente dedita all'attività della pesca specie nella raccolta di vongole: metodo di sostentamento economico fruttuoso e tramandato di generazione in generazione.

Alessandro, Gioele, Matteo e Samuel, ancora giovanissimi, crescono in questo contesto e seguono le orme dei padri, soci della cooperativa di pesca. Guardando al futuro vedono il loro tempo occupato alla stessa maniera e non sembrano dispiacersene.

La pellicola mostra le loro giornate che si ripetono in funzione della professione di pescatore a tutto tondo: dallo svegliarsi prima dell'alba, al bagnarsi nel mare nero e gelido, al governare le imbarcazioni, a tessere le reti, a pulire il pescato.. tutte attività che coincidono (ma a fatica) col frequentare svogliatamente l'istituto professionale, il quale ha il compito di spronare gli alunni ad assicurarsi un titolo di studio superiore. Compito difficile perché gran parte di questi ragazzi abbandona il percorso di studi per canalizzare meglio le proprie energie nel lavoro.

Paradossalmente i docenti e i dirigenti sembrano gli unici componenti della classe a svolgere un ruolo proattivo, adoperandosi strenuamente per suscitare un po’ d’interesse. Il numero di persone in aula è molto ridotto, ed i rapporti e ruoli si confondono tra l'arroganza giovanile ed il metodo piuttosto confidenziale usato come strumento di convincimento.

Come nel resto d'Italia, tra l’altro, non manca la “maledetta” alternanza scuola-lavoro, in questo caso – chiaramente - legata al consorzio ittico, che fagocita – anche dal punto di vista didattico - le attività quotidiane degli studenti.


Eppure son ragazzi, ed ecco che non mancano i momenti di svago e di confronto tra coetanei, che tuttavia rubano ore al sonno già limitato.

Non sono ancora adulti ma hanno le fattezze di giovani uomini ed un bagaglio di lunghe ore di lavoro a seguito dei familiari. In una visione tutta maschile, dare o non dare “una mano” ai propri padri, non sembra essere mai stata una scelta; vengono condizionati dal fascino dell'acqua o della maestria necessaria alla professione, per tali motivi la “costrizione” dell'istruzione sta “un gradino sotto” il lavoro. Questo "lavoro sicuro" (termine usato da un 17enne) è molto più allettante di altri percorsi di vita. Questa consolidata certezza svaluta di conseguenza ogni altra opzione. Nella testa dei ragazzi non c’è nessuna ombra di dubbio riguardo il loro posto nel mondo di domani. Un domani che viene raccontato come riproduzione di quel che già è, del tutto uguale nella forma. D’altronde viviamo in un Paese a circolo chiuso e la medesima catena economica si ripete di generazione in generazione.

De queo che ghe xe no manca niente si usa dire dalle nostre parti, sopra il Delta del Po, ma pare che il concetto si estenda fin lì. L’interrogativo quindi è uno soltanto: perché cercare altro?

E la curiosità, a seguito della visione, è una sola: chissà come si saranno sentiti quei ragazzi a rivedersi sul grande schermo il 29 novembre 2022 nel cine-teatro di Comacchio.

Chissà se si sono riconosciuti e se anche loro si son chiesti che sapore lascia questa prospettiva così presto direzionata?

Non è di certo similare alla vita che percorriamo “noi”, aldilà dello schermo, seduti sulle poltroncine delle sale cinematografiche. Forse dovrebbe dimostrarsi semplice categorizzare, se non giudicare, le persone di Goro che restano stabili nei propri luoghi, senza mai metter il naso fuori di casa, a differenza di cittadini di città e del mondo.

Eppure da questo documentario, così ben girato da permetterci di sentirci osservatori invisibili, si scorge appena fuori dall'inquadratura qualcosa che incuriosisce, quella fortuna che cerchiamo oltre al suo significato monetario, ciò che rimane intrinseco perché troppo intimo o ideologico, accattivante al di là del bene o del male della mentalità di paese: un sapore deciso e salato che dà un senso ulteriore alle scelte di vita ed è questo che noi coi piedi per terra non sentiamo e non possiamo capire

Il gusto del mare che lega a sé gli uomini.

Le immagini ed i dialoghi selezionati dalla troupe sono limpide e pulite dalle esagerazioni, ma anche dai residui caratteristici che potrebbero allargare la nostra prospettiva. Al fine di concentrarsi sull'aspetto più lampante ed interessante di questa zona si tralascia come questa frazione sia inserita in una più larga scala di borghi molto simili per posizioni politiche e di quali posizioni si sia dimostrata capace di assumere.

Chi scrive azzarda nell'ipotizzare che ci sia un collegamento tra una forte rilevanza dell’imprenditoria maschile, le strette prospettive occupazionali, l'abbandono scolastico, la mancanza di tempo libero, l'uniformità etnica della popolazione e lo scarso interesse pratico verso tematiche di rilevanza generale.

Dall'incontro con la regista in sala è fuoriuscito come il tema del cambiamento climatico, ad esempio, ormai pregnante nelle vite di giovani e giovanissimi, non sia invece altrettanto sentito in un ambiente che ne è per primo afflitto e nel quale si riscontrano le gravi conseguenze per l'ambiente marino.

Le località di Goro e Gorino si sono palesate anche audaci e intolleranti per quanto riguarda il fenomeno della migrazione, nel 2016 eclatanti sono stati i diversi blocchi stradali messi in atto per impedire il passaggio e lo stabilirsi di persone migranti.

Tra le immagini del film, si palesa un uomo bianco, lavoratore della cooperativa e dichiaratamente nazista, con tanto di tatuaggi ideologici che espone davanti la telecamera.

Ad ogni modo, queste non sono informazioni rilevanti per il focus del girato, ma solo ulteriori dati che possono rivelarsi utili ed intriganti per legare un film già vero alla realtà, ricordando sempre che in Fortuna Granda non c'è recitazione, tanto meno attori e attrici. 

Alla fine della visione, si ritiene necessario ringraziare i cittadini e le cittadine di Goro per essersi lasciati conoscere dal pubblico, ringraziare la troupe che ha prodotto un documentario di ottimo fatturato: fedele per il contenuto, interessante per il punto di vista scelto, esteticamente bello per la trama e per il montaggio.

Più arduo è definire la musica che accompagna le scene: certo vuole mantenere un distacco emotivo e permetterci di osservare freddamente le vicende; senza dubbi, contribuisce alla buona riuscita di un documentario che lascia impressioni niente affatto scontate.

 
 

Produzione di Somewhere studio.
Distribuzione di Trent Film.
Hanno partecipato:
Marco Davolio (fotografia)
Emiliano Battista (montaggio)
Iosonouncane (musiche)
Durata: 73 minuti

 
 
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