La Festa di Dischi Sotterranei - Il report del secondo giorno!

26 Novembre 2022

Qualche ora di sonno, un brunch di ripiglio con occhiali da sole a mascherare le occhiaie e la faccia di chi ha bevuto una birra di troppo, un live acustico per sciogliere i muscoli assieme ai Laguna Bollente presso la Casetta Zebrina e via, si riparte, con il day 2 della festa dell'etichetta padovana Dischi Sotterranei.

Dopo un primo giorno già indimenticabile (trovate il report della nostra Webzine qui se ve lo siete perso) che ha visto nomi del calibro di Post-Nebbia e Planet Opal a calcare il palco, è già tempo di riaccendere gli amplificatori e reimbracciare le chitarre: le porte del nostro CSO Pedro si riaprono e ci riaccolgono, i due palchi riservati alla festa si ripopolano ed è ora di iniziare.

L'apertura del secondo giorno di festa non può che essere riservato ad un artista padovano per eccellenza, ormai compagno di Radio Sherwood, avendoci raggiunto durante la diretta per i 45 anni della radio con un live acustico incredibile, ed essendo tornato sul nostro palco (e ai nostri microfoni) al Festival 2022: parliamo ovviamente di Jesse The Faccio

Il cantautore padovano è forte del suo ultimo EP, Le Cose Che Ho, che proprio oggi compie un anno di vita. Un disco che può benissimo essere definito "claustrofobico" per il suo essere stato composto in completo lockdown nei tristi primi giorni di pandemia, e i cui video si svolgono (quasi) interamente tra le quattro mura di casa. Inutile dire che, come abbiamo visto al Festival di Sherwood a giugno, il disco si sposa appieno anche con gli spazi aperti, e lo riascoltiamo quindi più che volentieri stasera.

Un po' a sorpresa, tuttavia, il set di Jesse sarà un viaggio comprensivo di tutta la sua composizione artistica, incentrato maggiormente sui primi dischi, I Soldi Per New York e Verde, mentre dal nuovo EP verranno estratte solamente due pezzi, ovvero Come Posso (Collo), con la sua usuale coda live che allunga la canzone quasi in una suite, e Che Resta. Nota da segnalare l'esecuzione del pezzo più punk della discografia dell'artista, quella Rasami tanto richiesta dal sottoscritto un anno fa al compleanno di Radio Sherwood. Come da rito, gli stage diving del pubblico e poi di Jesse stesso chiudono il primo set della serata, la cui energia ed elettricità sono il perfetto connubio per aprire le danze.

Anche Roncea è una vecchia conoscenza di Radio Sherwood. Abbiamo parlato del suo ultimo disco Acrobazie qui per la Webzine e abbiamo ora finalmente l'occasione di sentire dal vivo queste canzoni intime e malinconiche. Cantautore dalle mille sfaccettature, dopo anni tra il punk e le sperimentazioni di Fuh e Io Monade Stanca, ci propone un disco nel quale, ispirandosi alla vita del padre, acrobata rumeno del circo Orfei, affronta le acrobazie della vita; temi esistenziali affrontati in pezzi acustici, da ascoltare con estrema attenzione per il loro carattere narrativo. Forse è proprio per questo carattere che definirei addirittura "timido" che risulta interessante andare a sentire come si può sposare Roncea in mezzo all'elettronica e all'elettricità di questi due giorni di festa dei Dischi Sotterranei.

 «Come ad ogni festa che si rispetti, c'è lo stronzo con la chitarra acustica» così si presenta Roncea al nutrito pubblico del second stage. L'opener è dedicato al primo disco in italiano, del 2019, con i pezzi Il Presente, e La Mia Mano arrivando poi all'ultimo lavoro con Le Opportunità Acrobazie. 

Un set intimo, che trova nel secondo stage la cornice adatta. Un artista che sa tenere il palco ottimamente, sa intrattenere e trasportare il pubblico nel racconto del proprio vissuto: la chiara dimostrazione che per proporre un concerto appassionante non è necessario accerchiarsi di mille strumenti o condire il proprio set di chissà quali trovate sofisticate. A volte sono sufficienti voce e chitarra, aver qualcosa da raccontare e, soprattutto, sapere come raccontarlo; e, alla luce del concerto di sabato 26 novembre, Roncea possiede tutte queste caratteristiche.

Dal second stage ci spostiamo rapidamente al main stage, su cui sta per cominciare Baobab!, dove il punto esclamativo non l'ha messo il sottoscritto per enfasi, ma fa parte integrante del nome della band; che per la verità ad oggi risulta essere una one-man band, anzi, la one-woman band di Gaia Morelli, giovanissima (21 anni) artista che ha dato alle stampe quest'anno il suo nuovo singolo, Pornolesbo. Suoni pop psichedelici e synth vicini ai Post-Nebbia di Carlo Corbellini, a cui si deve infatti la produzione di quest'ultimo lavoro come del precedente omonimo EP, dal quale abbiamo avuto modo di ascoltare il brano Noel.

Giovanissima dicevamo, forse la più giovane ad aver calcato i palchi in queste due serate, ma nonostante questo Baobab! sa tenere il palco come un'artista navigata, supportata da poliedrici musicisti. 

Torniamo a passo spedito presso il second stage, dove ci aspetta il misterioso ed esotico Vinnie Marakas, che la sua biografia definisce profeta, sciamano, alchimista e impostore, artefice di un "nuovo misticismo del sottosuolo", la cui opera è "scritta sul manto delle tigri". E scusate se è poco. Date queste premesse, e dato il titolo del suo EP, pubblicato a febbraio, ovvero Giovane Cagliostro, la curiosità è altissima. Per chi non lo sapesse, Cagliostro (aka Giuseppe Giovanni Battista Vincenzo Pietro Antonio Matteo Franco Balsamo, per gli amici Alessandro, conte di Cagliostro) fu un alchimista ed esoterista italiano vissuto nella seconda metà del '700, condannato per eresia al carcere a vita, dove morì. Ci aspetta una fitta miscela di synth, elettronica dance e pop, che va sotto il nome di Italian Touch.

A questo punto della serata, comincia la sezione propriamente elettronica. A conti fatti, è veramente difficile descrivere il set di Vinnie, complice il fatto che il second stage è veramente fittissimo di persone, tant'è che è impossibile avvicinarsi al palco. É opinione di chi scrive che sarà presto il tempo di spostare anche Vinnie Marakas sul palco dei "grandi". Per definire il concerto dell'unica band della due giorni senza chitarre sul palco, mi affiderei nuovamente a Jesse The Faccio, che interrogato a proposito del "giovane Cagliostro", afferma quanto segue: «É un pazzo, può fare quello che vuole».

É già domani (scusate il luogo comune, è stato più forte di me) quando sul main stage comincia il set dei veronesi C+C=Maxigross, collettivo folk psichedelico tra i più attesi della serata. Con un singolo di recentissima pubblicazione, quel Ooh, And It Makes Me Wonder di ledzeppeliniana memoria, la band porta sul palco del Pedro la sua mescolanza di psichedelia prog che incontra un'elettronica per la quale non ci tremano i polsi a usare la parola pop. Elettronica che si è iniziata ad affacciare nel sound della band in particolare a partire dal loro ultimo disco, Sale (Elas). I suoni rimangono tuttavia ipnotici, dalle armonie complesse e dalle melodie liquide ma che ciononostante si fissano in testa.

I quattro si presentano sul palco accompagnati dagli effetti visivi dati da scene e colori gettati su di loro da un videoproiettore puntato verso il palco, e la psichedelia dei suoni si accompagna a questi giochi di luce creando uno spettacolo audio-visivo unico. Due chitarre, synth e sassofono per una mezz'ora lisergica, nella quale la band ci propone anche un pezzo inedito, che farà parte del nuovo disco di prossima pubblicazione con, ça va sans dire, Dischi Sotterranei.

Complice la defezione dell'ultimo minuto, causa febbre, degli attesi Halley DNA, i piani cambiano in corsa ed è già ora del misterioso collettivo dei Dead Cells Corporation, anticipati di un'ora circa. Un progetto, quello dei DCC, che non potrei definire in altro modo che weird, a partire dal titolo del loro nuovo singolo, If you find me in a state of intoxication please deliver to my address. Eccentrico collettivo del quale è veramente difficile reperire informazioni online, corriamo a sentircelo, in questa serata che pare un flipper, sul second stage per riuscire a captare qualche informazione utile in più.

Ma non corriamo sufficientemente veloci (nel tragitto potremmo esserci fermati per un beveraggio) e ci troviamo davanti di nuovo, come per Vinnie Marakas, un muro impenetrabile di persone. Un vero e proprio pienone, una bolgia incredibile che balla sui bassi dei pezzi da DJ set della band. Il sottoscritto si dirige sul soppalco per dare uno sguardo dall'alto, e nel tempo di arrivare a destinazione il palco è già invaso dal pubblico, in uno stage diving sudato e festoso.

Ritorniamo, nel nostro girovagare, al main stage per l'ultimo concerto della serata (prima del DJ set di chiusura), quello di Ulisse Schiavo, artista padovano, come per l'apertura, forte della pubblicazione a marzo di quest'anno del suo nuovo disco, Precious Silver Gold, di cui abbiamo parlato qui quando è uscito. Ritorniamo all'elettronica, sì, ma non solo: il disco ci porta pianoforti ed arpeggi acustici. Si passa dai bassi arroganti (in senso buono!) dei DCC ad un sound che sa essere delicato, nel quale le contaminazioni del blues di Viscera (2015) si riversano nell'elettronica e riemergono prepotenti in Sale, dagli arpeggi delicati, forse l'esempio più eclatante di questa commistione. 

Non ho timore nell'affermare che quello di Ulisse Schiavo è il concerto migliore della serata: una voce blues incredibile, un performer nato, in grado di sostenere il set potenzialmente anche da solo, con le proprie corde vocali come unico strumento, a volte accompagnato da una chitarra acustica, a volte dalle basi elettroniche, ma sulle quali sovrasta prepotentemente una voce unica. Ascoltatelo e andare a sentirlo dal vivo, non ve ne pentirete. Personalmente, sono rimasto ipnotizzato per tutta la mezz'ora nella quale lui e la sua band hanno suonato.

Chiude la serata nuovamente Vinnie Marakas, stavolta sul main stage con il suo DJ set, sfoggiando una fantastica maglietta anni '90 del Calcio Padova, di Alexi Lalas.

Che dire di questa seconda serata? Chiudiamo che pare di aver macinato chilometri, avanti e indietro come una trottola per il CSO Pedro, ma nel giro di quattro ore circa sono moltissimi gli artisti di valore che è stato possibile ascoltare grazie al collettivo dei Dischi Sotterranei. Andando ancora a parafrasare Jesse, se non fosse per loro, forse, questi artisti non sarebbero qua, e non saremmo qua neanche noi a sentirli suonare e a rimanere a bocca aperta di fronte a molti di essi. E quindi, in alto i bicchieri: grazie, e lunga vita ai Dischi Sotterranei!

 
 

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