Margini, un racconto punk dalla provincia

Recensione del film d'esordio di Niccolò Falsetti, presentato alla Settimana Internazionale della critica

11 Ottobre 2022

«L'amore e ancora l'odio

e poi la voglia di fuggire

questa è la mia gabbia

ma non me ne voglio andare! No!

Ai margini, c'è il mio Paese!»

Sarebbero sufficienti queste poche righe della canzone Ai Margini dei romani Gli Ultimi per raccontare il film che, presumibilmente, da questa canzone prende titolo, ovvero Margini, commedia diretta da Niccolò Falsetti, presentata alla Settimana internazionale della critica della 79° Mostra del cinema di Venezia e uscito nei cinema l'8 settembre 2022.

Prodotto da Dispàrte, Manetti Bros. Film e Rai Cinema, il lungometraggio segue le vicende di Michele, Edoardo e Iacopo, rispettivamente batterista, chitarrista e bassista della band street punk fittizia dei Wait For Nothing, nel loro tentativo di organizzare il concerto della band americana (anch'essa fittizia) The Defense nella loro città, Grosseto.

Come ha avuto modo di sottolineare Zerocalcare, autore della locandina, in alcune strisce pubblicate sui social, il film ha avuto una lunga gestazione: la prima stesura risale addirittura al 2013, quando il film doveva essere un adattamento del libro Costretti A Sanguinare di Marco Philophat, per poi trasformarsi nel corso degli anni in un racconto punk di provincia: la storia di tre amici nella Grosseto dei primi anni duemila, liberamente ispirata alle esperienze di vita del regista Falsetti stesso e di Francesco Turbanti, che nel film interpreta lo skinhead Michele e che contribuisce a soggetto e sceneggiatura.

I due, amici da tempo e membri del gruppo punk dei Pegs, portano in scena episodi familiari a chiunque abbia deciso nella propria vita di affittare un vecchio garage ammuffito nella zona industriale di una città di provincia in giro per lo stivale, di spendervi un sacco di tempo e denaro per ripulirlo, renderlo vivibile e trasformarlo in una sala prove, per poi perdervi ore sudate dietro a canzoni da quattro accordi e chitarre elettriche scordate. Se rientrate in questa categoria, non potrete che sorridere nel vedere i tre protagonisti del film portarsi dietro gli strumenti in un carrello della spesa rubato al super.

Il film è un rincorrersi di citazioni, vecchi flyer di concerti appesi ai muri, magliette di band, altre ancora citate quasi per sbaglio (Bull Brigade?) in un continuo tributo alle band hardcore e punk italiane di quegli anni: gli Ultimi, già citati, gli Skruigners, i Kina (bellissima la scena di Michele che suona Questi Anni in soffitta, interrotto a metà da un anziano incazzato), i Razzapparte, i Payback (che nel film impersonano i Defense) e molti altri. Il cercare tutti i possibili easter egg, musicali e non, all'interno del film diventa un gioco ed è quasi impossibile citarli tutti in questo articolo.

Questo desiderio di elogiare e omaggiare le proprie radici (sotto)culturali è evidente e non finisce con il film ma viene ripresa anche nei canali social, dove vengono fornite le coordinate stilistiche degli autori, il bagaglio musicale (ma non solo) a partire dal quale nasce questa opera prima, quasi a voler comprendere anche tutto quello che non è stato possibile infilare nel film stesso: intere mixtape in cassette anni '90-'00; This Is England, lungometraggio e poi serie TV di Shane Meadows sul movimento skinhead inglese; L'Odio di Mathieu Kassovitz; Questa É La Stanza, di Gipi, e così via.

Possiamo dire in conclusione che Margini è come un bel disco Oi!: semplice e sincero, vissuto, fatto col cuore, con affetto e sudore; ma soprattutto appare come collettivo, perché parla di un'intera comunità. Parla dello sconosciuto sudato di fianco a te al concerto punk nel centro sociale, quello che ti abbraccia per cantare e ti rimette in piedi quando cadi nel pogo; parla dello skin quarantenne con figli al seguito; parla dei concerti nei luoghi più improbabili.

Con Margini e con tutto il contorno di riferimenti che a questo si accompagnano, gli autori sembrano voler aprire una porta su un mondo, affinché più persone possibile possano darci uno sguardo attraverso e - perché no? - entrare a farne parte.

 
 
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