Recensione de La farfalla bianca, di Walter Mosley - 21Lettere

8 Ottobre 2022

Cosa ci aspettiamo da un romanzo noir? Che la scrittura sia particolarmente avvincente, tanto da trascinare all’interno delle pagine per ritrovarsi personaggi di carta tramutati in carne ed ossa.

Al termine della lettura de La farfalla bianca sembra di conoscerlo proprio bene quel Easy Rawlins, il protagonista, un omaccione non propriamente stinco di santo, che tra fiumi in piena di alcool, nottate insonni e scazzottate mirabolanti, prima o poi torna a casa dalla moglie Regina e dai suoi piccoli Edna e Jesus, quest’ultimo non propriamente figlio biologico, sottratto ad una bieca sorte.

Un uomo nero, afroamericano, nella metà degli anni ’50, a Los Angeles, non è tecnicamente indenne da qualsivoglia minaccia. Vuoi per un razzismo più che latente, vero e proprio manifesto, vuoi perché, dall’altro lato della barricata del potere, siederà sempre e comunque un bianco americano. Easy tuttavia non volta le spalle ad una giustizia alla ‘Rawlins maniera’: ed infatti scatta subito una sorta di senso del dovere – probabilmente per essere un ex veterano - quando la polizia chiede di collaborare nella risoluzione di un caso ‘spinoso’.

Nel quartiere infatti stanno succedendo cose strane, donne di ‘vita’ muoiono una dopo l’altra dopo stupri violenti e marchi a fuoco. Un serial killer sembrerebbe proprio là fuori, pronto a macinare vittime senza nemmeno destare un minimo d’attenzione nei media locali, finché quest’ultime si ostinano ad essere, invisibilmente, nere.

Detto, fatto. Una vittima bianca, ragazza di buona famiglia e di studi colti, muore allo stesso modo delle sue coetanee, ed è lì che la macchina dell’attenzione comincia ad alzare vertiginosamente l’attenzione. Finché erano donne, nere, magari dedite alla prostituzione, cosa poteva significare? Al massimo potevano essersela cercata. Ma nel momento in cui la pelle della donna sdraiata sotto un albero, dissanguata, è candida come la neve, la Polizia non riesce più a trattenersi dall’individuare – a tutti i costi- una persona da incriminare, anche se non è propriamente quella giusta, ma ha davvero importanza?

Anche lo spaccato penitenziario sembrerebbe profondamente razzista. Non bastano alibi, coscienze o facce d’angelo: la carica di melanina è di per sé l’unico requisito per finire tra quattro sbarre in buchi minuscoli per parecchi anni.

Il romanzo di Walter Mosley è scritto con una penna dardeggiante. Alcune frasi sono taglienti, alcune parole infastidiscono, ma alla fine si riesce ad adorare proprio per questo.  L’autore statunitense ha utilizzato a più riprese la figura dell’investigatore Easy, per cui dalla sola lettura di tale romanzo, non tutte le cose appaiono chiare fin da subito. Una vita privata spezzettata tra più volumi e che, proprio per capirne di più, spingerebbe a leggerli tutti.

Quel che appare subito chiaro è che Easy conosce le zone che frequenta nella quale investiga. Non esistono mezze misure tra i corridoi languidi di case chiuse, pavimenti logori di bar da quattro soldi e monolocali da 20 mq pullulanti di scarafaggi. Costi quel che costi, sguinzagliando lo scagnozzo Mouse, è necessario arrivare ad una verità.

Lo spaccato crudo di una civiltà alla riscossa, cavalcante l’inizio di un neocapitalismo all’impazzata, è vivido e si fa sentire, insieme ad uno scenario decadentista fitto di fumi pregnanti di whiskey economico e musicisti blues che ormai vivono nostalgici nei fasti di un passato non ripetibile.

La Farfalla Bianca è un romanzo giallo noir che urla tra le pagine senza troppi sofismi, facendosi apprezzare proprio per questo.

 
 

La farfalla bianca, di Walter Mosley, 21 lettere 2022, traduzione di Mario Biondi, copertina di Jacopo Starace, pagg. 326

 
 
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