Street Heroines, il documentario sulle donne della street art

Un documentario sulle donne della street art: New York City, Città Del Messico, e San Paolo in Brasile. Coraggio, espressività artistica, giustizia sociale nel documentario "Street Heroines" di Alexandra Henry. Di seguito recensione ed intervista all'autrice.

5 Ottobre 2022

Vincitore del riconoscimento come migliore documentario al Festival di Portland del 2021, Street Heroines della regista americana Alexandra Henry è un documentario incentrato sulle figure femminili del mondo della street art. Le “eroine della strada” sono le esponenti di una forma di espressione artistica contemporanea, quella dei murales e graffiti, che sta sempre prendendo più piede nelle realtà urbane di tutto il mondo ed un lavoro come quello della regista Henry ne dà piena testimonianza.

Il documentario non ha solo l’obiettivo di mettere su video le varie rappresentanti della street art al femminile, magari in maniera espositiva (come se fossero animali esotici): al contrario, mette in rilievo il valore delle figure femminili nel campo della street art, del loro impegno artistico sul piano sociale.

Il lavoro della regista Henry sottolinea il coraggio e la creatività delle varie artiste che attraverso i loro mezzi espressivi mettono in rilievo il ruolo della donna come artista e come figura in generale nell’intera società, contro discriminazioni e ingiustizie. Si tratta sicuramente di una raccolta corale di tanti punti di vista e di tante artiste, tra cui però emergono alcune figure importanti in particolare.

La prima artista che compare è Toofly, nata in Ecuador e cresciuta nel Queens, a New York City, opera nel suo quartiere ispirandosi ai graffiti writer della New York degli anni '80 e '90, anche non ha mai avuto coetanee che le dessero fiducia per raggiungere il livello successivo. Determinata a usare l'arte per aiutare gli altri, il suo viaggio la porta a sviluppare un'amicizia unica con la prima donna dei graffiti, Lady Pink, e a tornare in Ecuador per diffondere il movimento attraverso l’istituzione di un festival a cui partecipano tutte le street writer del Sudamerica. Fusca, invece, pittrice di talento, si trasferisce a Città del Messico ispirata dal suo abbraccio con tutto ciò che è artistico. Tuttavia, il successo come artista diventa scoraggiante: le istituzioni governative della città sembrano molto puntare sui murales, ma non fanno nulla per tutelare gli artisti come lei che rimangono incastrati nella dimensione della precarietà economica. E così decide di cambiare vita andando a dipingere nella periferia messicana. Nella giungla di cemento di San Paolo, in Brasile, Magrela esprime i suoi sentimenti sulla complessità dell'essere donna attraverso colori vibranti e immagini radicali dipinte sui muri della città, per poi trovarsi un giorno di fronte alle stesse autorità che la fanno sentire indesiderata nello spazio pubblico. Nel Brasile repressivo di Bolsonaro, Magrela e tante altre artiste brasiliane, di fronte l’obiettivo del documentario di Alexandra Henry riescono ad esprimere le loro idee di consapevolezza politica del loro fare artistico e come abbiano bene in mente di lanciare dei messaggi nei confronti dell’intera società.

Di seguito in esclusiva per Radio Sherwood e Sherwood Webzine un’intervista alla regista di Street Heroines Alexandra Henry.

 

Da dove hai trovato l’ispirazione per la realizzazione del documentario Street Heroines? Come ti è venuta l’idea per realizzarlo?

Il mio background in fotografia mi ha portato alla realizzazione di Street Heroines. Infatti, nel 2012, alla ricerca di nuovi spunti creativi, mi sono ritrovata a scattare foto in un magazzino noto come 5Pointz a New York City. Da allora è stato demolito ma è servito per diverso tempo come una mecca dei graffiti a Long Island City, nel Queens, e c'erano sempre graffiti e artisti di strada che lavoravano su nuovi lavori. Proprio quel giorno, con la macchina fotografica in mano, mi sono imbattuta in due giovani donne che dipingevano un muro insieme, e fui particolarmente colpita da vedere queste artiste donne dipingere con lo spray per strada. Quindi quello è stato il mio momento "ah-ah" che ha dato vita all'idea di Street Heroines.

Dopo l’incontro con due artiste, Txar da Barcellona e l'altra, Miss 163, del Bronx, ho deciso di fare un tuffo più profondo alla ricerca di più artiste. Ho scoperto che non c'era stata molta documentazione, scritta o fotografica, sull'esperienza femminile nei graffiti e nella street art. Quindi, mi sono impegnata a riempire questo vuoto incontrando quante più artiste possibili e a documentarle davanti alla telecamera, ascoltando le loro storie, con le loro stesse voci. Ala fine questa raccolta di documenti si è evoluta in qualcosa di più grande quando ho iniziato a capire come artisti come Lady Pink e la fotografa Martha Cooper hanno influenzato uomini e donne di tutto il mondo a partecipare all'arte urbana. Mi sono resa conto che realizzare un lungometraggio avrebbe fatto luce sull'abilità artistica, la perseveranza, la determinazione e l'interconnessione delle donne che ho incontrato. E credevo che un documentario del genere potesse servire a ispirare un'intera nuova generazione di donne in cerca di modelli, per dirla con le parole di Lady Pink, "uno dei più grandi movimenti artistici al mondo mai visto".

Perchè hai scelto il titolo Street Heroines?

Quando ho pensato al nome del documentario, volevo un nome breve che rappresentasse l'impresa eroica che le donne affrontano per far sentire la propria voce. Volevo legittimare la partecipazione delle donne al movimento dei graffiti e dell'arte di strada. Sono come le Atene del mondo, che usano saggezza, arte e strategia per guidare le loro imprese e lottare per la giustizia e l'uguaglianza. Che si tratti della grande fisicità di cui si ha bisogno per creare le proprie opere in strada o della capacità emotiva di chiedere rispetto in una sottocultura dominata dagli uomini, le artiste del film, e molte altre che ho avuto l'opportunità di conoscere, trasudano disciplina e forza. E chiaramente la parte "di strada" deriva dal luogo in cui risiede il loro mezzo di comunicazione, i graffiti e l'arte di strada. Ogni donna che scende in strada per esprimere se stessa in nome di un mondo più democratico e giusto può definirsi una "eroina di strada". Attiviste, musiciste, performer, skateboarder, cicliste, runner! In alcuni Paesi le donne non possono stare in strada da sole o senza determinati indumenti o accessori, per cui il solo fatto di essere una donna in strada con le proprie forze può essere visto come un atto eroico di sfida contro il sessismo e l'oppressione.

Nel tuo documentario, un’artista messicana sottolineava come la vita dell’artista può essere caratterizzata da una certa precarietà economica. A questo proposito tu hai realizzato Street Heroines come lavoro indipendente non sovvenzionato da nessuna corporation o brand. Hai avuto qualche difficoltà nella realizzazione del tuo documentario? Pensi che negli Stati Uniti gli artisti dovrebbero essere sostenuti maggiormente dal governo?

Come dicono i nostri produttori associati, Some Serious Business, "L'artista viene sempre prima di tutto" e credo che questo sia assolutamente vero. So che come regista donna esordiente ci sono sempre più risorse disponibili in termini di sovvenzioni e premi negli Stati Uniti, non necessariamente da parte del governo. E il numero di opportunità non corrisponde alla quantità di registe che hanno bisogno di aiuto per far decollare i loro progetti. Siamo una comunità fiorente. Come regista indipendente, ho lottato finanziariamente per finire il film e ho investito personalmente i miei soldi in ogni aspetto della produzione per circa 10 anni. Sarebbe assolutamente utile se il governo degli Stati Uniti mettesse più fondi a disposizione degli artisti, se non per sostenere le donne nella loro attività creativa, ma anche per dare valore ai benefici culturali che gli artisti apportano alla società. Altri Paesi hanno programmi molto migliori per sostenere e promuovere le arti culturali. Prendiamo ad esempio la Germania, dove stiamo per presentare la prima a Berlino con il piccolo distributore tedesco Rotzfrech Cinema, che ha potuto ricevere dal governo fondi per il marketing. In Canada, inoltre, il governo sostiene finanziariamente la produzione e la distribuzione dei film, mentre negli Stati Uniti il capitalismo e la concorrenza sono tutto. Devo dire che nell'ultimo anno, durante il tour dei festival cinematografici, abbiamo ricevuto un sostegno promozionale in Europa da parte del marchio di vernici Montana Colors di Barcellona (Spagna), di cui siamo molto grati perché condividiamo davvero la stessa missione di promuovere l'espressione creativa.

 
 

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