Se Lex Luthor minaccia Posillipo

di Marco Rigamo

11 Novembre 2011

“E' l'amore, secondo me, l'unica vera forza rivoluzionaria dell'esistenza”. Ivan Cotroneo

La voce off ci accompagna per circa dieci minuti. Poi, per fortuna, scompare. Giusto il tempo di introdurci nel gruppo di personaggi che ruota attorno a Peppino, nove anni, sorta di Gigi Marzullo da piccolo. O quantomeno portatore degli stessi occhiali extralarge. E' l'unico miope nella sua classe elementare in una Napoli del 1973. Quando si gioca a calcio gli fanno fare il palo. Nel senso della porta. La proverbiale crudeltà dei bambini non gli rende facili le relazioni. Occhiali infrangibili non ce ne sono. A casa una madre dolce, morbida e depressa perché il padre la tradisce con l'impiegata del suo negozio di macchine Singer. I giovani e simbiotici zii lo portano ad attraversare assieme giornate che si snodano tra assemblee femministe e serate promiscue sesso droga e rock 'n roll. La collega bruttina della mamma lo costringe ad assistere ai suoi patetici tentativi di attirare l'attenzione maschile. Se ne va in giro per una città di sogno in cui all'epoca infuriava “'o vibbrione” - il colera,  di cui non si parla, ma nemmeno si fa riferimento a quella schifezza di spazzatura protagonista della realtà di oggi. Sicché la sua vita sarebbe piuttosto grama se non lo confortasse nei momenti decisivi l'aiuto di suo cugino Gennaro, un Superman napoletano brufoloso, simpatico, pragmatico, ma un po' imbranato. Anche se in realtà è morto da un po', sotto le ruote del 71 barrato.

Ivan Cotroneo scrisse il libro La kriptonite nella borsa nel 2007, ma già aveva in mente che potesse essere un film con Valeria Golino nella parte di Rosaria, la madre. Su faccende di famiglia allargata ha lavorato come sceneggiatore ne Le mine vaganti di Ferzan Ozpetek e prima ancora in Io sono l'amore di Luca Guadagnino, film invece complesso, drammatico e sottovalutato. Napoletano verace, la prima sceneggiatura cui collabora è nel 2000 quella di Chimera di Pappi Corsicato, del quale conserva la vocazione per ambienti, costumi e colori di sapore vagamente almodovariano. Presta la sua collaborazione nei soggetti più diversi, tenendo sempre bene in chiaro l'amore come punto cardinale di riferimento nella bussola: ne La prima linea di Renato De Maria, occasione purtroppo mancata di raccontare qualcosa di sensato attorno alla lotta armata degli anni '70; in Piano, Solo di Riccardo Milani - anch'esso immeritatamente passato sotto traccia - sulla vita di Luca Flores, geniale pianista morto suicida nel '95. Ancora in Questo piccolo grande amore di Riccardo Donna, opera di cui si poteva francamente fare a meno; in Paz!, ancora di De Maria, buona e fedele translitterazione dei fumetti del grande Andrea Pazienza. Ora approda alla regia con  questo racconto di formazione dei personaggi di tre generazioni, messi a confronto con un'epoca di forti trasformazioni nel campo della sessualità e dei ruoli nella famiglia e nella società.

Ne esce un film diseguale, asimmetrico, in grado di sollecitare riflessione su una base semplice e solo apparentemente spensierata. La presenza periodica di Gennaro/Superman non connota tutta la vicenda quanto il titolo poteva indurre a supporre, anche se è nella sua improbabile presenza supereroica che si rinvengono le tracce più significative della napoletanità. Di quel mix di filosofia e senso pratico che fa di Napoli un posto unico al mondo: anche Superman può essere che abbia qualcosa di più importante da fare che salvare il cuginetto dal guaio di turno. Film con difetti, ma carico di generosità e inventiva. Impreziosito dalla fotografia di Luca Bigazzi e da un cast di massima precisione. Mai banale nei tentativi di indicare gli ostacoli che si oppongono alla completa realizzazione della nostra personalità e le relative chiavi di affrontamento. Parla di giudizi e pregiudizi, della paura che spesso ci impedisce di essere fino in fondo noi stessi. Di come la famiglia possa salvarti la vita o allo stesso modo distruggertela. Racconta di scontri e di imprese (apparentemente) impossibili, di come fare ad accettarsi e di come ribellarsi a questa stessa accettazione. Della città  notturna, colorata e lisergica, ma anche di come ci si possa vergognare a ricevere un ospite se la casa è un “basso”, dignitoso ma povero. Ed è proprio la dignità a marciare sul marciapiede opposto a quello dell'amore, quella persa e quella ritrovata. Anche se è meglio non prendersi mai troppo sul serio. Perché il Superman di Piazza Mercato non potrà essere sempre lì ad aiutarci. E forse nell'autobus che lo ha travolto c'era davvero nascosto un carico di kriptonite. 

 
 

    video

  • Cristiana Capotondi e Francesca Cima con "La Kryptonite nella borsa"
  • Ivan Cotroneo presenta La kryptonite nella borsa
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