Volete ballare un po’? E allora: Dalyrium Bay!

Intervista alla Twisted Folk Band friulana

30 Maggio 2022

Formatisi nel 2017, i Dalyrium Bay sono una band udinese composta da Giovanni Leone (voce), Gabriel Pino (tromba), Giacomo Biasutti (batteria), Giovanni Sabot (chitarra), Julian Galindo (chitarra) e Mattia Zampa (basso).

Con due EP (Astemio, 2018 e Bullet, 2021) e cinque singoli alle spalle, propongono un genere del tutto originale in grado di coniugare gli elementi più disparati in una musica capace di coinvolgere e catturare chiunque la ascolti.

Spaziando dal punk al folk, dal funk ai tradizionali generi etnici, con un sound che a tratti ricorda il Surf rock degli anni ’60, per descriversi si definiscono una “Twisted Folk Band”.

Abbiamo incontrato Giovanni Leone, il frontman, dopo un loro concerto a Venezia per fare quattro chiacchiere e portare la band qui su Sherwood.

Benvenuti su Sherwood! Intanto complimenti per il concerto, siete soddisfatti?

Ciao a tutti! Certo, siamo molto contenti! È stato molto bello riempire una piazza già di per sé così bella, di vederla così viva e piena di persone che ballano. Poi devo confessare che noi siamo innamorati del pubblico veneziano.

Ottimo! Prima di tutto vi vorrei chiedere: chi sono e come nascono i Dalyirium Bay? Che significa il vostro nome?

In realtà la nostra nascita non è nulla di spettacolare: Giovanni Sabot e Giacomo Biasutti, amici da tempo, si sono ritrovati a suonare in una soffitta con due chitarre acustiche scrivendo pezzi per lo più latin, ma senza alcuna idea della musica attuale. In poco tempo si sono accorti che i loro pezzi gasavano. Mancava però l’impianto di una band, così hanno coinvolto altri amici andando avanti per due anni fino al 2019. Poi c’è stato un cambio di formazione e così in autunno siamo entrati in ordine: Gabriel, io e Julian per raggiungere l’impianto attuale. L’inserimento di un frontman fisso (originariamente Biasutti cantava e suonava la chitarra) e la tromba hanno cambiato notevolmente l’impatto della band. Dal primo live, l’8 febbraio 2020, dove abbiamo riempito il Folks di Udine e che è stato una bomba, abbiamo capito che funzionavamo e che avremmo fatto questo. Poi è arrivato il Covid e, nonostante lo stop, abbiamo cercato di mantenerci vivi, questo probabilmente ci ha forgiati dandoci il tempo di allenarci di più e migliorare tecnicamente.

Il nome è stato creato da uno dei primi membri, in inglese dovrebbe essere Delirium Bay, un posto che ti accoglie come una baia, ma che allo stesso tempo ti faccia venir voglia di fare festa e di scatenarti. Scritto bene ci sembrava un po’ banale e da lì è arrivata la storpiatura in Dalyrium Bay. Il nome vuole rispecchiare il modo in cui ci rapportiamo alla musica popolare: prendiamo spunto, ma alla fine la modifichiamo e la facciamo sempre a modo nostro. Noi siamo una band che prima di tutto vuole far ballare e trasmettere energia.

Vi definite "Twisted Folk Band", come descrivereste vostro il genere? Quali sono le vostre influenze principali?

Il genere, di fatto, è un Rock folk, poi noi non abbiamo una gran attrezzatura alle spalle e il nostro sound tende ad essere un po’ sporco avvicinandoci al Garage rock. Registriamo sempre in presa diretta ed è come se fossimo sempre in live anche quando veniamo ascoltati in cuffia. Prendiamo molta ispirazione dalla musica etnica tradizionale (Polka, Mazurka, Valzer ad esempio) e vorremmo riportarla all’attenzione della scena musicale perché, a nostro parere, sono generi che hanno ancora molto da dare ed è un peccato che vengano spesso ignorati.

Nelle vostre canzoni, oltre ai generi tradizionali, si può sentire l’impatto di artisti più recenti (System of a Down, Rage Against The Machine, Dropkick Murphys), qual è il vostro Background musicale? Come vi approcciate alla stesura di un brano?

Me lo chiedo spesso anche io in realtà. Io sono il “meno musicista” del gruppo e ho imparato un po’ allo sbaraglio, ma non nego che nell’ultimo singolo ci sia una grande influenza dai SOAD che ho ascoltato molto nell’ultimo periodo. Quello che vogliamo è sicuramente rimanere il più possibile originali. Nelle nostre canzoni abbiamo sempre dato molta priorità alla ritmicità della batteria: se Biasu (Giacomo Biasutti, il batterista) è molto preso, ad esempio, dall’Afro-Cuban, lo inseriamo nei nostri pezzi. Questo ovviamente vale un po’ per tutti: quando qualcosa ci ispira lo mettiamo nei nostri pezzi, l’importante è fare sempre un genere che faccia ballare e che diverta. Ora in particolare stiamo sperimentando sempre più le ritmiche dispari e, come potete sentire, sono sempre più presenti nella nostra musica. Alla fine siamo abbastanza flessibili: quando c’è qualcosa di interessante lo si porta a prove e se ci gasa, se ci diverte continuiamo su quella strada. Ovviamente c’è anche la parte compositiva, ma il primo impatto è dato dall’ispirazione, senza particolare legame alle nostre radici musicali. C’è moltissimo confronto: se qualcosa fa schifo ce lo diciamo senza peli sulla lingua.

Nei vostri testi usate sia l'italiano che l'inglese, c'è una motivazione particolare? Cosa volete trasmettere con la vostra musica?

La band ha iniziato facendo pezzi in inglese senza una particolare motivazione, semplicemente gli suonavano bene. Da quando sono io il frontman ho iniziato a fare più attenzione a come reagisce il pubblico alla nostra musica e mi sono accorto che le canzoni in italiano vengono recepite di più e creano maggior coinvolgimento. Così abbiamo deciso di farne un po’ in italiano e un po’ in inglese. Con la nostra musica vogliamo principalmente trasmettere energia, voglia di ballare nel modo più stupido, bizzarro e genuino possibile. Vogliamo catturare le persone, non sopporto vedere la gente attaccata ai cellulari ai concerti: un video ricordo o una storia su Instagram ci stanno, ma non è quello che voglio vedere. Voglio che la gente si senta libera, genuina. Nei nostri pezzi siamo un po’ violenti con le parole, ma non siamo né troppo politici né troppo sociali e lo riconosciamo. Stiamo iniziando a lavorare su alcuni temi sui quali siamo abbastanza sensibili, come l’immigrazione che tocca l’esperienza di nostri amici molto stretti. È un’apertura che sta arrivando, alla fine cantiamo ciò che riteniamo giusto. Un esempio è Ridere che è diretta alla destra italiana, in particolare critica la svendita dell’Italia ai ricchi investitori stranieri.

Avete fatto uscire un nuovo singolo lo scorso anno (G.T.C.), qualcosa bolle in pentola? Dobbiamo aspettarci un nuovo album?

Sì, c’è un nuovo album in arrivo! Non abbiamo ancora idea di quando uscirà, quindi diciamo Coming Soon per ora. Possiamo dirvi che a metà giugno uscirà un nuovo singolo: Enemy. Parla di immigrazione, non fa riferimento a nessun fenomeno migratorio in generale, vuole essere più una denuncia dell’ipocrisia del mondo occidentale di fronte all’importanza di questo tema. Sicuramente è un pezzo che spacca.

Per chiudere: qualcunə è appena arrivatə in fondo a questa intervista e si sta chiedendo se ascoltarvi o no, convincetelə.

C’è da dire che non siamo molto forti su Spotify, potremmo esserlo un po’ di più, in live siamo molto meglio. Quindi veniteci ad ascoltare in concerto, senza aspettative, e non verrete sicuramente delusi.

Che aspettate?! Correte su Spotify per un assaggio dei Dalyrium Bay, visitate il loro sito per scoprire tutte le date dei loro live e tenetevi liberi il 9 luglio 2022. La band aprirà il concerto dei Gogol Bordello a Palmanova (UD), come potete dire di no?

 
 
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