Restart From Here - Molven

di Mirco Salvadori

16 Maggio 2022

MOLVEN
Haze
Rosh! Records

Partiamo da lontano ma evitiamo lezioni di musica. Iniziamo con un titolo: Artificial Intelligence, una compilation uscita nel 1992 per l'etichetta originariamente sheffieldiana WARP RECORDS a cui ne seguirà un'altra nel 1993. Dentro questi scrigni giaceva quel seme che diede vita all'Intelligent Dance Music: l'IDM. Era un nuovo modo che permetteva al suono di avvolgere l'ascoltatore, anche senza dover necessariamente frequentare le discoteche. Le sue caratteristiche erano e sono innanzitutto gli intrecci sonori che privilegiano il suono Ambient evitando la battuta o stemperandola sopra un fitto tappeto di avvolgenti texture. Seguno i campionamenti infiniti che vanno ad arricchire il già ipnotico panorama acustico in esecuzione. Essenziale, nell'ascolto dell IDM, sono le cuffie. Uno strumento che permette di navigare in totale immersione percependo anche il minimo impulso sonoro.

Ciò che avete letto nel paragrafo precende si applica perfettamente a Haze, splendido esempio IDM firmato da Molven al secolo Mario Marino, sound artist padovano da sempre immerso in questo etereo elemento sonico. Dieci tracce che giungono da un lungo silenzio e, anche per questo, aumentano lo stupore nell'ascolto. La sostanza elettronica viene piegata e modellata secondo gli antichi canoni del romanticismo, ondate continue travolgono l'ascolto irrorandolo di impalpabile sostanza che schiuma e sinuosa scivola lungo i percettori sensoriali. Molven sa dove agire creando ir-reale virtualità vocale dalla quale si fatica ad allontanarsi. La profonda e dolce sinfonia di una modernità sempre più in debito di gentilezza e sincero sentimento umano, esplode nel maestoso procedere ambient. L'avvenenza del suono annienta mentre lenta, la foschia avanza a nascondere la nostra beatitudine.

***************

Iniziamo dalla foresta di Sherwood, mi sembra giusto e doveroso. Mario Marino prima ancora di trovare il suo alter ego sonico, si aggirava nella foresta irradiando suoni da un programma che ha avuto un bel seguito. Com'era la Padova Elettronica vista da Radio Sherwood nei '90, quali i tuoi ricordi più intensi e belli.

I primi anni novanta furono un periodo intenso e ricco di eventi culturali significativi e Radio Sherwood per un lungo periodo ha raccolto queste energie, creando numerosi spazi culturali e trasmissioni musicali innovative connesse tra loro. Si era costituita in modo spontaneo una rete e una piccola comunità di appassionati musicofili tra conduttori e ascoltatori. C’era parecchio fermento. E in questo contesto nacque Red Planet, uno spazio musicale che voleva anche uscire  dalla radio per promuovere il suono elettronico emergente (erano gli anni dell’ambient/IDM e di label quali Warp Rising High, Apollo, Fax, ..). Ben presto infatti iniziammo ad organizzare eventi Live per vivere e condividere questa onda sonora. Il suono era al centro di tutto, noi ci distinguevamo per questo rispetto alle tante crew e locali “underground” che nacquero all’epoca e che divennero una sorta di fenomeno di costume. Noi avevamo le Chill-out zone dedicate alla decompressione e al  suono dowtempo, cercavamo le novità più emozionanti e coinvolgenti, scavando tra le incredibili uscite discografiche dell’epoca e invitando a suonare ai tanti nostri eventi artisti tra cui Aphex Twin, al Centro Sociale Pedro di Padova nel 1995. Ho provato a lasciare qualche traccia di tutto ciò nel mio sito www.molven.org.

Non solo radio ma anche la fondazione di una label digitale ancora operante: Laverna.net

Nel 2004, come una sorta di estensione di ciò che era avvenuto negli anni precedenti, creo la label Laverna.net, cimentandomi anche nello sviluppo del sito. E’ un progetto che vive ancora, nato per di sfruttare le potenzialità della rete Internet che nel frattempo si era trasformata da contenitore di testi a territorio di condivisione di contenuti multimediali. Ancora una volta era il suono al centro di tutto e la ricerca di cose emozionanti e innovative nell’enorme spazio creativo nato attorno al fenomeno della Computer music, ovvero i software in grado di trasformare un banale Personal computer in uno studio per produrre musica. Volevamo setacciare il territorio alla ricerca delle migliori produzioni underground che altrimenti rimanevano sottoterra. La ricerca si spostava sempre di più verso lo stile “ambient”. Il “nostro” suono stava abbandonando i territori della dance per orientarsi sempre più verso l’introspezione.

Quale la tua formazione elettronica, come ti sei avvicinato alla filosofia sonoramente digitale.

La passione per l’elettronica e l’informatica, fin dai tempi della scuola, ha formato il mio immaginario estetico che è sempre stato attratto da ciò che usciva da una macchina e dalle infinite possibilità espressive che le macchine offrono per plasmare un suono (editing) o crearne uno del tutto nuovo e non esistente in natura (sintesi). Potremmo dire che le mie competenze tecniche in ambito informatico hanno compensato le mie lacune in ambito musicale “classico”, consentendomi di concentrarmi sul sound design. In fondo sempre di tecnica si tratta..

Esiste un genere ben definito nel quale ti inserisci e da sempre: ciò che produci è pura essenza IDM. Ti andrebbe di spiegare cos'è per te questo genere e da cosa deriva questa tua attrazione per il suo affascinante procedere.

Si adoro quel filone sonoro nato da quelle famose compilation pubblicate della Warp nel 1992-93 che portavano la dicitura “Intelligent Dance Music”, IDM appunto. Era una novità meravigliosa perché metteva assieme il suono sintetico, una vera e propria composizione “intelligente“ appunto e una complessa trama ritmica. Si era aperta un’era ed era nato un filone d’oro che forse non si è ancora esaurito del tutto.

Ascoltando Haze si percepisce un rinnovamento nella miscela IDM, genere che ormai conta parecchi anni di presenza nei nostri ascolti e non è più così diffusa come un tempo.

Si è vero che convivono diversi elementi dentro il lavoro, tra cui di certo, anche le suggestioni IDM che mi porto dietro dai tempi di cui abbiamo appena detto. Ma ho tentato di innestare ulteriori elementi. Volevo aggiungere riverberi e dilatare il suono al massimo per ottenere un effetto più empatico. In un certo senso il contenuto “elettronico” tende a nascondersi dietro questa emotività, il suono è umanizzato, allungato e sporcato attraverso l’innesto di componenti noise e consistenti parti vocali. In una chiave vicina a certe suggestioni shoegaze/dreampop che non hanno mai abbandonato i miei ascolti.

Una pausa di silenzio durata parecchio tempo, immerso nel tuo lavoro di programmatore elettronico e poi, assolutamente inaspettata, l'apparizione della tua prima release fisica per una interessante realtà guidata dall'ottimo Andea Porcu. Raccontaci.

Si è un grande tema personale sul quale mi interrogo spesso: lavorando già per la durata dell’intera giornata davanti ad uno schermo non sarebbe più “sano” avere una passione che mi porti a “staccare” dal PC per qualche ora, come fa il nostro amico Enrico Coniglio che arrampica le montagne ... Scherzi a parte, probabilmente è anche questo il motivo della mia scarsa prolificità. Tuttavia l’anno scorso mi sono chiuso in studio per 3-4 mesi immerso nelle suggestioni sonore oltre che nei miei pensieri e ne è uscito questo lavoro che in parte è una “ripresa” di vecchie tracce lasciate in sospeso molti anni fa (quelli di impronta appunto più IDM) e in parte è la costruzione di brani ex-novo basati su nuove idee. Conoscevo le produzioni di Andrea Porcu e la qualità della sua ROHS Records attraverso Bandcamp e non ero certo che il suono da me proposto fosse in linea con i filoni che ha creato Andrea: Music for Sleep e Lontano, molto specializzati sul suono ambient “puro”. Andrea con entusiasmo mi ha proposto una pubblicazione “fisica”sulla main-label Rohs. Una cosa nuova per me, abituato a fare sempre e solo pubblicazioni “virtuali”.

Haze è forse uno dei miei più cari ascolti di questi mesi, cosa contiene questo disco e cosa intendi trasmettere a chi lo ascolta.

La cosa mi esalta! Ho tentato di costruire una trama sonora che combinasse una serie di suggestioni che girano nella mia testa da tempo: da un lato ho creato dei tappeti attraverso la classica dilatazione del filtro “dacay” e ho attinto dalle suggestioni drone che costituiscono una componente consistente dei miei ascolti degli ultimi anni (in particolare le produzioni del grande Brock Van Wey che costantemente attraversano i miei quotidiani spazi di vita). Dall’altro ho ripreso l’attitudine “melodica” del progetto Molven, costruendo sequenze, scale e trame compositive. Ho aggiunto al suono una leggera “sporcatura” attraverso l’innesto di effetti noise, per dare più enfasi e più impatto emotivo in alcuni passaggi. Ho mantenuto una piccola componente aleatoria nelle sequenze utilizzate, per ottenere un leggero effetto spiazzante nella esecuzione delle scale. Ho preso queste 4 cose che mi ero appuntato in testa durante i miei lunghi ascolti di musica elettronica e ho iniziato a mescolare forte..

Nelle tracce appare una splendida voce che potrebbe sembrare per nulla digitale. Presentiamola.

Si tratta di una costruzione virtuale che parte da brevi vocalizzi campionati e costruisce pattern articolati in modo analogo al resto del materiale audio. La voce vive dentro il suono e nasce in modo molto simile a tutti gli altri suoni, attraverso manipolazioni e rielaborazioni fino ad arrivare ad ottenere la suggestione che avevo in testa in origine. Di certo la voce ha un ruolo speciale perché tende comunque a mettersi in primo piano, per quanto la si collochi lateralmente, o sullo stesso piano del flusso sonoro.

Per i teknici alla lettura: cosa hai usato nella produzione del suono contenuto in Haze.

Anche se oggi c’è un gran ritorno degli strumenti fisici, sinth, sequencer, cavi.. io uso principalmente software (Bitwig e Ableton Live con una serie di plugin) per ragioni pratiche e perché, come amo dire, tolgo di mezzo il mezzo, relego ai margini lo strumento, e mi concentro sul fine, cosa voglio ottenere. E’ puro lavoro di studio in cui non è presente la parte fisica o “gestuale” del percorso compositivo. Quindi, certamente manca qualcosa, nel mio percorso si perde per strada l’aspetto fisico, gestuale che conduce al suono. E nel momento in cui, come spero avvenga presto, dovessi cimentarmi in una esecuzione live dovrei in qualche modo riprendere in mano le tracce e rifare il percorso compositivo a ritroso con l’ausilio di strumenti di controllo da manipolare in tempo reale per poter ri-eseguire i brani varie volte, studiando interventi manuali sui quali lavorare durante l’esecuzione live.

Tieni sempre vicino a te il suono? Ascolti costantemente e se si, cosa ti attrae maggiormente.

Si io lavoro spesso indosso le cuffie in ufficio e il suono ambient è perfetto per isolare dall’ambiente esterno senza monopolizzare la tua attenzione, ma anzi consentendoti di concentrarti su quello che stai facendo. Giusto alcuni esempi recenti di ascolti che mi hanno colpito particolarmente:Ian Nyquist: Endless, Shapeless. Francesco Maria Narcisi: Voluta. Fallen: of memories and hopes. Ma ascolto anche molto rock psichedelico, dreampop e cose shoegaze rarefatte..

Viviamo tempi atroci a cui mai avremmo neanche lontanamente immaginato di assistere. Quale può essere il ruolo della musica in tutto questo, sempre vi sia spazio perché possa esistere un suo ruolo.

Penso che qualsiasi forma d’arte abbia potere emancipativo nella misura in cui coinvolga la vita e i suoi tempi in modo significativo. In questo senso ho sempre pensato a qualcosa di totalmente opposto rispetto all’immagine del singolo genio chiuso nella propria torre d’avorio a creare. Ma io penso dimensioni collettive di fruizione in cui tutti contribuiscono agli stati emotivi generati e al valore sociale di questa esperienza partecipata, tipo appunto, gli eventi che costruivamo un tempo.

Potremo forse assistere dal vivo alla presentazione del tuo lavoro?

E’ in cantiere! Bisogna assolutamente tornare alla vita live, perché ci siamo abituati troppo alle connessioni virtuali e ci stiamo perdendo pezzi di vita importanti. Io per primo devo darmi una mossa per rifare, come dicevo prima, il percorso al contrario che ha portato alle tracce dell’album, per farlo rivivere di nuovo, ogni volta diverso, nell’esecuzione dal vivo.

 
 

Diserzioni logo

 
 
loading... loading...