Live Report

Julien Baker all'Hall (Padova) - 4 maggio 2022

12 Maggio 2022

Dopo un grande inizio di serata con la band indie rock Ratboys, Julien Baker ha dato il via al concerto con Hardline, il primo singolo del suo nuovo album, Little Oblivions (2021), che è stato senza dubbio l’apice tra le 20 canzoni suonate quella sera. 

Insieme alla sua band al completo, ha introdotto il pubblico in un universo musicale che trasuda forza e luminosità, grazie ad una grande combinazione di chitarre e batteria, dove si percepisce il lato più rock dell'artista, con una performance vocale che non lascia indifferenti. Per una persona che non conosce i precedenti lavori della Baker, risulterebbe difficile credere che questo non sia il suo ambiente musicale naturale.

Dal primo minuto è chiaro che il palco è uno spazio sicuro, una comfort zone, ed è una vera delizia da vedere ed assaporare

La cantautrice americana intervalla alcune delle canzoni che l'hanno resa nota, come Sprained Ankle, Something e Everybody Does, nella sua essenza più pura: voce e chitarra accompagnate da un pedale in loop. Quest'ultimo è un must per lei, e per un momento il loop è risultato fuori controllo, creando un momento divertente nella sala, mentre il pubblico rideva guardando l'artista, che scherzava cercando di risolvere il problema tecnico.

Tra una canzone e l'altra, J.B è timida e condivide poche parole, sorpresa e sorridente quando i suoi testi vengono cantati dal pubblico. Questa personalità introversa e riservata nelle poche pause contrasta nettamente con la sua musica, che ha un stile puramente confessionale: crudo e reale, senza abbellimenti o metafore che cercano di ammorbidire la realtà. In costante lotta con se stessa, le sue dipendenze, le aspettative e i turbamenti, narra di una notte in cui si è stati sempre sull'orlo delle lacrime. La sua onestà come autrice si traduce in pura forza ed emozione.

Quando l'artista si siede al pianoforte, l'atmosfera della sala cambia completamente e non si percepisce alcun rumore. Canzoni come Televangelist (“All my prayers are just apologies, hold out a flare until you come for me. Do I turn into light if I burn alive?”) e Song in E (“I wish that I drank because of you and not only because of me, and then I could blame something painful enough not to make me look any more weak”), risultano di una durezza travolgente oltre che rivelatori di un carattere autodistruttivo, in quegli sprazzi, l'americana è visibilmente commossa, dovendosi addirittura fermare tra un accordo e l'altro per respirare e trattenere le lacrime. 

Come lei stessa ha rivelato in molte occasioni, riflettere le sue lotte intestine riverberandole   in musica può agire terapeuticamente, ma allo stesso tempo rimembrare tutte le emozioni un tempo vissute. 

Durante il live si è creato un momento di intimità e di legame collettivo con il pubblico, che senza dire una parola, ha agito come una spalla sulla quale appoggiarsi.

Sull’avvicinarsi alla fine, J.B. effettua una piccola battuta su quanto siano egocentrici gli artisti che fingono uno spettacolo finito solo per sentire la folla implorare un “BIS”, nel suo caso, invece, l’uscita nelle quinte dura giusto 15 secondi. 

L'emozionante Ziptie termina il live con una perfetta outro musicale, ad hoc per la conclusione. 

Dire che J.B dal vivo rende giustizia alle sue canzoni è sul serio un eufemismo: le trasforma, gioca con le loro melodie e, mediante la sua performance, aggiunge un carattere ancora più realistico e sincero. 

 
 

© Photography: Burak Cingi

 
 
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