Tenebra: hard rock tra luce e oscurità

Intervista alla band in occasione dell'uscita del nuovo album Moongazer

29 Aprile 2022

I Tenebra si formano a Bologna nel 2017 e, pur provenendo dalla scena hardcore cittadina (Settlefish, Horror Vacui, Gravesite, Assumption, Ed) propongono un hard'n'heavy di matrice settantiana, ben legato ai capisaldi del genere, dai Black Sabbath (ai quali la band dà dichiarato omaggio in Space Child) ai Deep Purple. A questo, si aggiunga una vena blues dalle tinte occult rock, che li accomuna a band internazionali recenti, quali Graveyard e Kadavar.

Un legame con i numi tutelari del genere che non deve però far pensare a una semplice band revival: vuoi per la voce blues graffiata di Silvia, un po' Janis un po' Stone The Crows, vuoi per le atmosfere proto-doom di pezzi come Black Lace, e Cracked Path, il quartetto si tiene ben distante dal rischio di ricadere nel nostalgico.

Il primo album, Gen Nero, autoprodotto, vede la luce nel 2019, seguito ora da Moongazer, pubblicato il 29 Aprile 2022 per l'etichetta inglese New Heavy Sounds.

Abbiamo raggiunto la band per scambiare quattro chiacchiere e farci raccontare da loro il nuovo disco.

Ciao e benvenuti su Radio Sherwood. Innanzitutto, complimenti per il nuovo disco, veramente molto interessante.

Silvia: Grazie mille. Siamo contenti che ti piaccia.

Dicevamo all'inizio, i Tenebra nascono, per molti dei suoi componenti, da un sottobosco hardcore, che gira attorno all'Atlantide Occupata di Bologna. Come nasce un gruppo hard rock da un ambiente hardcore? Come prendono vita insomma i Tenebra?

Claudio: Il giro punk diy è storicamente un ambiente ibrido e piuttosto ricettivo alle contaminazioni. Sono tantissimi i progetti che nascono da quell'humus e finiscono per fare altro. Noi, semplicemente siamo rimasti fedeli alla parte rock di quel genere musicale. Emilio e Mesca avevano già provato a mettere su un progetto con le caratteristiche dei Tenebra anni fa, poi lasciarono perdere perché non riuscivano a trovare un cantante all'altezza. Anni dopo, per scherzo, Emilio mise dei demo su Villaggio Musicale e rispose Silvia, io venni chiamato subito dopo perché conoscevo già i ragazzi. Dopo la prima prova capimmo immediatamente che la chimica era quella giusta.

Mi sembra che Silvia sia l'unica non accomunata da origini punk/DIY. Qual è il tuo background musicale? Ascoltando il disco ci veniva continuamente da accostare il tuo stile canoro a quello di Ronnie James Dio. Ci abbiamo azzeccato? E se sì quanto peso ha avuto Dio nella tua formazione?

Silvia: Sì, io sono la più giovane dei tre, ma paradossalmente quella più dentro all'underground musicale a cavallo tra anni '60 e '70. Della musica di quegli anni mi è sempre piaciuto tutto, da sempre. Non so bene il perché. Probabilmente c'è sempre il fascino di un'età dell'oro che forse non tornerà più. Sono appassionata di quella scena e da quegli anni, in particolare dai gruppi con riff potenti, pesanti e con una buona percentuale di improvvisazione, mi piacciono le cose heavy e oscure. Ronnie James Dio, nel suo periodo con i Rainbow mi piace molto, però non lo citerei come mia ispirazione principale. Le mie maggiori influenze sono i Jerusalem, i Buffalo australiani, i Warhorse inglesi, i Frijid Pink, Sir Lord Baltimore, i Crow americani, Frumpy, Toad, Bolder Damn, Jamul, Fear Itself, Yesterday's Children, Bloodrock, e tanti altri.

Riguardo Moongazer, come descrivereste il lavoro e il processo creativo che hanno portato alla realizzazione di questo album? Ci sono state delle curiosità che vi sentite di svelare ai vostri lettori?

Mesca: Moongazer è stato registrato da Emilio nello studio di Marco Bertoni dei Confusional Quartet a Mercatale, sull'Appennino. Lì abbiamo registrato le tracce base, poi, facendo lo slalom tra lockdown e restrizioni, abbiamo completato le sovraincisioni e le voci nella nostra sala prove. È stato un lavoro lungo e abbastanza frammentario, controintuitivamente questa cosa è stata d’aiuto perché ci ha permesso di ragionare di più sulle canzoni e coinvolgere anche altri musicisti che sono stati fondamentali nella riuscita del progetto. In Winds Of Change, c’è Riccardo Frabetti dei Chow alle seconde voci, in Space Child Giorgio Trombino degli Assumption/ Bottomless/ Becerus suona un bellissimo assolo di sax, in Dark and Distant Sky, Bruno Germano, che suonava con Emilio nei Settlefish e che ha anche mixato il disco, ha suonato delle slide e un mellotron e in Moon Maiden c’è Gary Lee Conner degli Screaming Trees in un lungo assolo di chitarra.

Insomma è un disco molto ragionato, ma anche molto sincero e istintivo nella scrittura, però non nasconde particolari segreti.

Come altre band del genere, possiamo dire che giochiate molto con un immaginario occulto. Le atmosfere, ma anche qualcosa del video di Moon Maiden e la copertina del disco danno questa idea di "esoterico". Mi sembra invece di aver capito che i testi non riguardano necessariamente argomenti di questo tipo, è corretto? Di quali argomenti trattati con i vostri pezzi? Qual è il vostro rapporto con l'occulto e l'esoterico?

Silvia: I testi parlano soprattutto dei miei stati d'animo e vengono scritti anche pensando a quando verranno eseguiti dal vivo, alle emozioni che possono darmi quando li canterò. Mi ispiro soprattutto alla letteratura inglese del '7/800, Blake, Shelley, Christina Rossetti e altri ancora. Anche la stampa underground della controcultura degli anni '60 e '70 spesso mi è d'ispirazione. Non c'è granché di occulto. Poi certamente l'immaginario esoterico è visivamente interessante e coinvolgente, ma non siamo una band "occult", ci piace giocare con le iconografie. Nel video di Primitive Man ci siamo noi che scherziamo e molto skateboard, ad esempio.

Parlando della copertina di Moongazer, essa ha attirato molto la mia attenzione perché sembra una qualche immagine allegorica: ritrae un cavaliere, la cui testa è sostituita da un globo nero, infilzare il sole con una lancia sulla quale un drappo riporta la frase "lux in tenebris", "luce nell'oscurità". Cosa significa per voi questa immagine?

Emilio: L'illustrazione di copertina è di Marcello Crescenzi (riseabove.it) che conosciamo da tanti anni ed è diventato uno degli illustratori italiani contemporanei più importanti. Oltre alla bravura tecnica, Marcello è uno che studia molto e attraverso questa ricerca riesce a dare ulteriore profondità al suo lavoro. Il cavaliere è preso dall'iconografia alchemica dell'Aurora Consurgens, che raffigura l'unione tra il sole e la luna (luce e tenebra, maschile e femminile), la sfera nera, che ha come testa, raffigura la Luna nel lato non illuminato. Nella copertina è rappresentata la vittoria di questo cavaliere, la luna, sul sole, che nell'alchimia è una cosa che non avviene mai perché la perfezione è l'equilibrio tra i due. È una raffigurazione del nome della band: Tenebra.

La scritta sul drappo della lancia è appunto un memento sul fatto che non esiste l'oscurità senza la luce e viceversa.

La canzone Space Child si apre con una citazione, ovvero:

«We are the music makers,

and we are the dreamers of dreams»

Dalle mie ricerche, mi risulta essere l'incipit della poesia Ode di Arthur O'Shaughnessy, letta nientemeno che da Willy Wonka nel film La Fabbrica Di Cioccolato, del 1971. A cosa si deve questa citazione?

Emilio: È una frase molto bella, no? Mi è sempre piaciuta, è uno dei momenti più surreali del film. Poi è una metacitazione perché è anche nell'incipit della parte di Mark Gonzales in Video Days, di Spike Jonze, 1991.

Venendo alla musica, il vostro è un hard rock/blues dal sound anni '70. Cosa vuol dire per voi, a distanza di quasi 50 anni, proporre un disco che si rifà esplicitamente a quell'epoca? A volte, sembra che molte band cadano un po' nell'anacronistico, eccedendo nel nostalgico, sia nel sound che nell'immaginario, anche se ci sono alcune fortunate eccezioni (mi sento di nominare ad esempio Hisingen Blues). Come evitare questo rischio nella riproposizione di un sound anni '70?

Claudio: Onestamente non saprei! È vero che il fulcro musicale della band è molto incentrato sulle sonorità che citi, ma è un fusto su cui penso ci siano parecchi innesti. La progressione di accordi di Black Lace, ad esempio, mi ricorda molto i Jesu e penso anche che ci sia una forte componente soul e rhythm and blues all'interno delle canzoni, in Moon Maiden la cosa mi sembra abbastanza evidente. Non ci siamo mai messi lì a dire «vogliamo suonare così», ci è sempre venuto spontaneo, anzi, come diceva prima Silvia, ci sono cliché che tentiamo di evitare come la peste. Ecco, in generale penso, che evitare i luoghi comuni sia un'operazione che ci riesce abbastanza bene, senza pensarci troppo.

Riguardo all’ambiente Hard Rock/Heavy Metal italiano, avete dei punti di riferimento o band emergenti da consigliare ai nostri ascoltatori?

Mesca: Beh senz'altro i Messa sono una grande band, Close, il loro ultimo disco è bellissimo! Poi, al di là del nostro genere vorrei citare Marnero, Chow, Horror Vacui, Hyperwülff, Lleroy, Collars, Hyle, Eye Of The Golem, Marthe, Hemp, Dievel e ce ne sarebbero tanti altri…

Infine, una domanda da nerd della strumentazione. Qual è il vostro set up tipico? Ci sono band nel vostro genere che per ricreare questo sound ricorrono a pedali fuzz e quant'altro, altre che invece preferiscono escludere ogni effetto e collegarsi direttamente agli amplificatori portati a saturazione al massimo volume. Voi come vi posizionate?

Emilio: Di base io sono tipo da Les Paul e Marshall, ma qua e là mi piace giocare con qualche delay, qualche fuzz, l'univibe. Per la delusione di molti devo ammettere, però, che dal vivo ho abbandonato la strumentazione analogica e suono con un emulatore digitale Helix dentro a un finale di potenza. È onestamente troppo comodo e maneggevole e oramai è una tecnologia che suona benissimo, persino Kurt Ballou dei Converge lo usa dal vivo! C'ho un'età e spostare chili e chili di roba è diventato faticoso.

Claudio: Io invece sono rimasto fedele al mio Marshall Plexi Bass Series, come Lemmy, e qualche effetto in pedaliera.

Mesca: Ho un set Yamaha con una cassa da 24", piuttosto grossa, mi piacciono i piatti della Paiste serie 2002, come Bonzo!

Visto che si avvicina la stagione estiva, avete già in programma un tour, o comunque date da segnare sul calendario?

Silvia: Abbiamo già fissato qualche data. Il 30 aprile presenteremo il disco al Circolo Dev di Bologna con i Chow, il 7 maggio saremo al Centrale 66 di Modena con gli Hemp, il 21 Maggio al Black Inside di Lonate Ceppino in apertura ai Messa, il 24 giugno alla Cascina Bellaria di Alessandria. Poi stiamo fissando altre date, quindi seguite i nostri social.

 
 

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