Pupi Avati incontra gli studenti del DAMS di Padova

La conferenza sul cinema tenuta dal regista italiano per il Secondo Mé Fest

5 Novembre 2011

Venerdì 4 novembre  entriamo finalmente nel vivo del SecondoMé Fest  con la conferenza intitolata La creatività e il cinema, storia di un compromesso, tenuta da Pupi Avati nelle aule universitarie del Bo.

Dopo un'introduzione ad opera di Giorgio Tinazzi sul significato della parola autore, e su alcune costanti del cinema di Avati quale ad esempio la radicalità emiliana, è il regista a prendere la parola.
Si parte dal cinema come mezzo espressivo, come forma piena di comunicazione che permette all'individuo di connettersi agli altri, ma ben presto nel discorso compare la parola limite. Perchè a volte la creatività non basta, per essere un'artista bisogna fare i conti con quei confini invalicabili che purtroppo ci sono imposti dal denaro, e la mente non è più libera di correre. "La mia fantasia è grande quanto è grande il mio budget", afferma l'artista.

Pupi Avati passa poi ad analizzare gli elementi formativi dell'immaginazione che per lui sono due:paura e timidezza. Nella realtà contadina da cui proviene il regista, i bambini venivano cresciuti nella paura, prima di dormire la mamma raccontava loro storie angoscianti, che avevano poco a che vedere con le trasmissioni televisive contemporanee o con la premura maniacale con cui i genitori trattano i propri figli attualmente. Andare a letto col magone, con rumori silenziosi, reali e non, era ordinaria amministrazione.
Da quel terrore infantile nascevano immagini, idee che prendevano forma nelle menti dei bambini. Il secondo elemento è invece la timidezza. Pupi Avati, che ora intrattiene la folla con ironia e scaltrezza, ammette di essere stato uno di quelli che sentiva adosso una perenne sensazione di disagio. Era timido, non sapeva come interagire con gli altri esseri umani, e proprio per questo stava male e non riusciva ad essere felice."Eppure è proprio per questo che oggi sono qui". La timidezza lo costringeva infatti a guardare gli altri vivere, e poteva così studiare quei meccanismi sociali che spesso siamo troppo occupati per analizzare, che ha potuto poi descrivere nei suoi film.

Il regista pone al pubblico delle domande, e la folla inizialmente intimidita comincia poi a rispondere a tono. Una delle questioni da lui sollevate è questa: qual'è il momento della giornata in cui sogniamo di più? In molti rispondono la notte. Ma la risposta non è corretta. Il momento perfetto è quello che precede il sonno. In quell'istante la locuzione "per sempre" sembra esistere davvero, dice il regista, e ognuno si sente particolare, capace di ogni cosa. Pupi Avati usa una metafora interessante, quella della collina. In quei momenti è come stare ai piedi di una grande collina, non possiamo vedere cosa nasconde oltre e per questo immaginiamo. Allo stesso modo questa non-visione rappresenta la prima parte della nostra vita, in cui non sappiamo cosa aspettarci. Quando arriviamo alla cima inizia invece un processo di "scollinamento", il ricordo e la nostalgia prendono il sopravvento e iniziamo a tornare bambini, in un processo che porta lentamente all'ultimo elemento della vita stessa: la morte.

In questa strana lezione, dove gli studenti non sono poi così giovani, il regista lascia spazio anche a qualche aneddoto, come il momento in cui, dopo aver sentito Lucio Dalla suonare, ha compreso la differenza tra talento e passione. Si parla anche dei suoi anni peggiori, quelli in cui, dopo aver capito che la musica non era la sua strada, si è sentito perso e vuoto. "Ognuno di noi dispone di una peculiarità, un talento. Far coincidere il talento con la propria professione significa vivere davvero". Immancabile il racconto della visione del film di Fellini, quello che gli ha fatto capire che il cinema era quella passione che cercava da sempre.


Una lezione intensa, interessante, che rispecchia l'essenza del SecondoMé Fest, l'idea di creare una monografia a 360 gradi del protagonista, così da descriverlo sia a livello artistico che a livello umano. E a vederlo così, mentre sorride e si racconta al pubblico, sembra davvero di conoscerlo Pupi Avati All'inizio della lezione affermava che gli sarebbe bastato che anche solamente una persona del pubblico traesse giovamento dal suo discorso. Eppure sono sicura di non essere stata la sola.

 
 

Links utili:
www.secondomefest.com

 
 
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