Swing, Barbera e Fred Buscaglione

Una chiacchierata in anteprima del nuovo lavoro di Giacomo Taddeo Traini

2 Febbraio 2022

Il prossimo 3 febbraio esce nelle librerie l’ultimo lavoro di Giacomo Taddeo Traini, edito Becco Giallo editore, e intitolato “Swing, Barbera e Fred Buscaglione”. Centocinquantanove tavole illustrate per portarci alla scoperta della vita di uno dei migliori cantanti italiani, Fred appunto, e di tutto il mondo attorno a lui. Abbiamo chiesto quindi a Giacomo di raccontarci un po’ di questo sua opera, di come da musicista a musicista si sia trovato a gestirla e di cosa lo abbia maggiormente colpito. Cosa ne è uscito fuori? Beh, un po’ di tutto e di più. Siamo finiti a parlare di anni ’50, America, Sinatra, Johnny Dorelli, Carlo Lucarelli, fascismo, jazz, Torino, osterie e amore.Una chiacchierata che potete sia leggervi qui di seguito o che potete ascoltarvi grazie al podcast. Magari bevendovi un bel bicchiere di Barbera.

Allora Giacomo da dove parte l'idea di raccontare a fumetti la storia di Fred?

Parte da diversi input nel senso che l’idea è nella mia testa da tantissimi anni. Come però è per altre idee nel senso che quando sento una storia vera, una vicenda che mi appassiona, la prima domanda che mi pongo è: “come potrei fare a raccontarla a fumetti?” E dopo nella maggior parte dei casi si risolve in nulla di fatto, a volte invece diventa qualcosa di compiuto come in questo caso. In particolare io non so se è vero però la prima volta che ho sentito la storia di Fred mi è stata raccontata dalla voce di Carlo Lucarelli. Lucarelli faceva un podcast su Radio Deejay, che per altro è stato riproposto da pochissimo in una nuova stagione, si chiamava Dee Giallo e raccontava storie vere, soprattutto storie nere, misteriose e soprattutto legate al mondo della musica. In uno di questi episodi raccontava la clamorosa fine di Fred Buscaglione, un po’ la sua vita e soprattutto la sua morte un po’ così spettacolare. Io ero già appassionato di Buscaglione, lo ascoltavo diciamo, mi affascinava molto, mi affascinava il personaggio e mi piaceva un sacco la sua musica. Io che non avevo mai ascoltato il jazz, lo swing di cui non me ne era mai fregato niente con Fred ho aperto davvero tanto i miei orizzonti da quel punto di vista. Quando poi ci ho messo insieme questa storia raccontata da Lucarelli mi ha colpito. Vuoi anche che Lucarelli qualsiasi storia ti racconta diventa interessante. Da lì insomma si è piantato questo tarlo sulla mia testa: fare a fumetti la storia di Fred. Perché proprio lui e non tanti altri musicisti? Perché ho avuto l’impressione di empatizzare davvero tanto con Fred Buscaglione, questa persona -almeno mi sono fatto questa idea ma credo sia abbastanza veritiera- molto tranquilla tutto sommato, che viene dalla classe operaia, appassionatissimo di musica. Io penso che per Fred la priorità fosse campare di musica e poi se avesse avuto successo meglio. Però la priorità era suonare nella vita. Ed è un atteggiamento che io rispetto molto e in grossa parte condivido: fare quello che ti piace e poi vediamo come va. E Fred penso abbia sempre lavorato e ragionato in questa maniera. Quindi vuoi per questa empatia qui, vuoi per mille altri motivi, forse anche il fatto che fosse un personaggio la cui vita fosse relativamente dimenticata -non è così- ma non è proprio un personaggio di spicco, di cui tutti sanno tutto, non è Fabrizio De André diciamo, mi sembrava fosse giusto dargli una giusta narrazione in un modo che fosse fruibile ai più, che è quello che fa il fumetto. Non so, ero così affezionato a questo personaggio, questo grande musicista, questo grande interprete, e non mi dava fastidio però mi dava dispiacere che non fosse adeguatamente conosciuto e allora mi sono detto che potrei raccontarla io questa storia qui. Non so e questa mia narrazione gli darà tanta più attenzione però si fa quel che si può.

Ci racconti meglio un po' che tipo di stile e quale carattere/tono hai deciso di dare a questa biografia?

Come dicevo volevo fare un libro che fosse fatto per ricordare Fred per come riportare l’attenzione sulla persona, l’artista, l’essere umano che è stato e soprattutto sulla sua inventiva e sul suo impatto sulla musica nei decenni successivi. Volevo fare un fumetto autobiografico, che raccontasse i passi della sua vita. Non è così scontato fare una biografia a fumetti. Quando tu vuoi raccontare una storia vera di un personaggio diciamo che in linea di massima hai due opzioni: puoi decidere di fare una roba che lavoro molto per sensazioni, per mood per momenti chiave della vita di quella persona, legandoli magari alle canzoni - sono una cosa molto di impatto visivo ed emotivo e di solito lo si fa per artisti di cui si sa già tutto- Se volessi fare un fumetto su Jim Morrison lo farei così. In questo caso non è così. Volevo che si sapesse. Che una volta chiuso questo libro volevo che la gente sapesse cosa aveva fatto Fred Buscaglione. E quindi questa è la cosa che mi sono ripetuto per tutta la realizzazione, cercando però di fare comunque qualcosa che fosse narrativamente interessante. C’è da dire che non mi sono dovuto sforzare tanto per renderlo interessante, perché per quanto la vita di Fred sia stata, diciamo, “classica”, eccettuati gli ultimi due anni di fama incredibile e di enorme successo, per il resto era sì un artista in gamba, conosciuto, suonava in giro, andava in tour, che già non era proprio una vita “normale”, però non era neanche una rock star. La cosa interessante della sua storia è data dal contesto. Fred nasce negli anni ‘20, viva tutta la sua adolescenza durante il fascismo e si appassiona di jazz e musica nera in un momento storico in cui la musica nera è illegale, in cui la devi suonare più o meno di nascosto. Però a Torino. Dove comunque il regime è sempre stato abbastanza “debole”, il popolo torinese è stato abbastanza tiepido nei confronti di Mussolini, tutto si poteva fare e no si poteva fare: una situazione strana. Poi c’è il dopoguerra, anzi la guerra, dove lui incontra gli americani, si esibisce in radio. Tutta una serie di cose che hanno vissuto tante altre persone della sua generazione, che già solo per quello rende interessante la sua storia. Nonostante sia una biografia lineare -lui è giovane, inizia a suonare, piano piano cresce- che segue la linea temporale classica, [dove] non ci sono grandi guizzi narrativi, la storia, secondo me, è molto interessante. Ho inserito un solo dettaglio, chiamiamolo così, di surreale che non dirò perché sarebbe uno spoiler clamoroso che però ha lo scopo di dire alla fine del libro: “Fred c’è ancora, la sua musica c’è ancora e ha lasciato un solco importantissimo nella musica dei decenni successivi”.

Fred ha avuto una vita intensa, sfavillante e finita tragicamente. Di lui negli ultimi anni si è riacceso l'interesse (cover band, iniziative, un premio intitolato), come te lo spiego questa nuova "primavera" su di lui?

È una nuova primavera veramente. Questa una nuova riscoperta me la spiego perché lui ha lasciato delle invenzioni. Ha lanciato delle esche, ha buttato la pastura, ditelo come volete, per delle cose che prima non erano state fatte e soprattutto le ha portate a un livello di popolarità che prima non avevano mai avuto. Nel senso che all’epoca i cantanti famosi, quelli che avevano successo, che di base erano quelli che vincevano Sanremo, avevamo questa bella voce pulita, parlavano o dell’amore o del militare/l’alpino che va in guerra, che scrive alla mamma. In quegli anni lì, in cui si affacciano i primi urlatori, dove c’era un giovanissimo Adriano Celentano che si faceva strada, però il vero apripista di questa roba qua fu Fred Buscaglione. Fu il primo ad avere quella bella voce rocca, a parlare nelle canzoni di gangster, di violenza. Non che sia bello di parlare di violenza di per sé però ha portato delle tematiche all’interno della musica e un modo di interpretare le canzoni innovativo. A me è capitato di sentire parlare di Buscaglione da persone che avevano 20-30 anni all’epoca: fu come un fulmine, una roba che non si era mai vista prima. E secondo me questa sua capacità di innovazione è rimasta intrisa nelle sue canzoni. Se tu le ascolti oggi, come negli anni ’50, dici “questa è una gran canzone!”. Te la ricordi subito, ti vien voglia di cantarla, ti vien voglia di ballarla, ti rimane appiccicata addosso e funziona. Semplicemente funziona. Più di tantissime altre canzoni cantate nello stesso periodo. Questo semplicemente perché sono dei musicisti che sono stati degli interpreti talmente tanto innovativi che poi diventano dei classici senza tempo. All’epoca magari era altrettanto se non più famoso Johnny Dorelli che però faceva una cosa che andava già di moda, già esisteva e infatti mo’, con tutto il rispetto per Johnny Dorelli che ascolto e mi piace, nessuno fa le cover di Dorelli, parliamoci chiaro. E invece di Buscaglione un sacco di gruppi, di ragazzi giovani, di rapper prendono i suoi pezzi e li rifanno perché erano pezzi innovativi all’epoca e in un certo modo gli rimane addosso quell’innovazione lì. Poi ci sono delle canzoni, anche quelle che sembrano più “sceme” tipo “Che notte”, che alla fine parla di lui, gangster, che si deve vedere con la tipa del gangster nemico, il quale si incazza, parte una rissa e vince il protagonista. Mi è capitato di riascoltarla con grande attenzione, leggendo il testo mentre la ascoltavo, caspita, è proprio il ritmo, le rime, un pezzo incredibile. Sembra una storia “scema”, fa molto ridere, soprattutto per il finale, ma è il modo in cui è scritta. I testi, che sono di Leo Chiosso, il migliore amico di Fred sono scritti con una semplicità, scivolano via e nonostante questo sono super curati. Possono essere leggeri e poetici allo stesso tempo ed è secondo me una roba che capita davvero una volta ogni tanto questa combinazione astrale di persone creative che lavorano insieme. E per esempio “Che notte” è stata rifatta in versione completamente rivista da Willy il Peyote per esempio. Da altri rapper che hanno fatto versioni molto “rappate” senza neanche cambiarla tanto perché il pezzo già si prestava a quella cosa lì. Oppure pensiamo a “Guarda che luna” una delle canzoni con più cover all’attivo di sempre, [fatte]in mille modi diversi perché è una canzone davvero sentita, profonda. Un’interpretazione che ha dato Fred è una roba che ti arriva anche a sessant’anni di distanza. È difficile da descrivere però mi rendo conto che dei tanti musicisti che conosco o che ho conosciuto in questi due-tre anni a cui ho detto che lavorato a Fred Buscaglione tutti mi hanno detto che lo rispettano, che gli piace, che lo ascoltano, tanti di loro hanno rifatto delle cover perché non si può rimanere indifferenti a quanto lui fosse innovativo. Ed è una cosa che gli è rimasta addosso.

Della sua figura umana cosa ti ha colpito maggiormente? E da musicista a musicista cosa gli invidi in modo particolare?

Da musicista a musicista gli invidio la capacità di suonare (ride-ndr). Nel senso che io suono, ho suonato dal vivo un po’ di volte, ho fatto un disco però penso che l’approccio musicale sia completamente diverso. Io semplicemente avevo delle cose da dire e la musica mi è sembrata il modo migliore per dirle. Fred invece aveva un approccio più emotivo, più artistico, se lo vogliamo dire così, qualunque cosa voglia dire. Era prima di tutto uno strumentista, un musicista e comunicava non tanto con le parole ma proprio con il suono e che è la formazione di chi, anche tuttora, ascolta il jazz, lo swing. Tanto è che quando Fred vorrà fare delle canzoni vere e proprie si affiderà con i testi a Leo Chiosso e anche ad altre persone. Però sì, diciamo che gli invidio la capacità di suonare. Al contrario di me, si è fatto un mazzo tanto, ha studiato e ha imparato a suonare il violino, la tromba, il contrabasso, il pianoforte e a cantare, così nel tempo libero (ride-ndr). Della sua figura umana mi ha colpito l’umanità banalmente e che poi cerco di raccontare nel libro. Come ho già detto mi ha colpito la sua passione, la sua voglia di suonare, la sua determinazione anche. Lui è diventato celeberrimo oltre i 30-35 anni, che all’epoca era un’età in cui dovevi aver fatto una vita. E soprattutto mi ha colpito come ha reagito alla fama. Lui ha progettato di fare per 4-5 anni tutto quello che gli si chiedeva: le pubblicità, i dischi, i film. Incassare il più possibile da questo successo e poi basta, tornare a farsi gli affari propri, suonare per piacere e fare fondamentalmente il pensionato al contrario di tanti altri che vorrebbero soltanto cavalcare il successo per sempre. Fred no. Fred penso fosse una persona estremamente semplice con cui avresti potuto bere all’osteria un bel rosso, piuttosto che un whisky [...]. Mi ha sempre colpito questa dualità. Questo suo tendere all’America, al moderno, a un certo tipo di suono grezzo e poi andarsi a mangiare i tagliolini in trattoria. Questa Italia e questa America che si fondono e anzi questa America che diventa maccheronica. Mi ha sempre fatto sorridere e sentire a casa ascoltare Fred e leggere la sua storia. C’è un’immagine di cui parlo anche nella piccola nella postfazione che ho messo nel fumetto, questa foto bellissima di lui non so dove, una foto dell’archivio Luce, che in questa grande cerimonia affetta un’enorme porchetta. Con un coltellaccio in mano, lui vestito di tutto punto come sempre e con grande soddisfazione affetta una porchetta. Quanto è surreale questa scena? Quanto è incredibilmente italiana? E quanto faccia ridere che questa scena incredibilmente italiana sia interpretata, svolta da uno che nelle canzoni faceva l’americano, il gangster, che voleva essere un po’ Frank Sinatra – e che un po’ secondo me c’è anche riuscito-? Mi ha sempre colpito questa sua dualità, lui ha incarnato gli anni ’50 italiani come concetto. Quell’ottimismo da dopoguerra, quel guardare all’America però con un filtro tutto italiano, un’America che si immaginava e vedeva e che non era quella vera, era tutta nostra. Mi stupisce sempre pensare a quanto una persona sola sia riuscita a racchiudere tutto questo. E mi stupisce sempre che a farlo non sia stato un grande poeta, un letterato ma una persona tutto sommato semplice, da osteria. Questa forse è la cosa che mi stupisce di più.

A quali canzoni ti senti maggiormente legato?

Scegliere delle canzoni tra tutte quelle che ha fatto Fred è un po’ la scelta di Sophie. Però, sì, chiaramente ho delle canzoni a cui sono più affezionato. Una cosa che ho registrato, che è successa a me e secondo me succede a tante persone che si appassionano a Buscaglione, è che tu Fred lo scopri per le criminal song, quelle canzoni dove lui fa la parodia dei gangster. Cioè “Che notte”, “Che bambola”, “Il dritto di Chicago”, “Whisky facile”. Le ascolti, ti colpiscono – sempre per i motivi che ci siamo già detti- ti rimangono in testa e lo continui ad ascoltare per quelle canzoni lì. Secondo me, mammano che lo approfondisci e ascolti con attenzione “Guarda che luna”, “Una sigaretta” o “Il cielo dei bars” o “Al fondo di un bicchieresono quelle canzoni romantiche, struggenti a cui alla fine ti affezioni. Almeno per me è stato così. Infatti all’inizio del periodo in cui stavo scoprendo Fred a questa domanda […] avrei risposto forse “Che notte”, adesso risponderei “Una sigaretta” o “Al fondo di un bicchiere” o “Love in Portofino”. Sì, forse “Una sigaretta” e “Love in Portofino”, nonostante “Love in Portofino” mi facesse un po’ ridere con questi passaggi in inglese maccheronico, abbastanza ridicoli. Però c’è dentro un dolore, un’interpretazione, una profondità, che nonostante la relativa banalità del testo […] la voce con cui canta, l’interpretazione rende il tutto davvero profondo. Oltre al fatto che “Guarda che luna”, che parla di questa coppia che si sta perdendo, Fred non l’ha scritta ma l’ha cantata e incisa mentre si stava lasciando con la moglie e questa cosa qui la senti nella voce e soffri e piangi insieme a lui. Secondo me sono queste che fanno un’interprete grande. Questa capacità qui di portarti nelle loro emozioni a prescindere da quello che poi dicono all’interno delle parole. Vabbè dai, se dobbiamo fare un finalone, dico: “Una sigaretta”.

Quali sono le difficoltà nel trasporre musica a canzoni nelle tavole a fumetto?

Questo qui è l’eterno dramma di chi come me è un fumettista appassionato di musica. Devo dire che ho una certa esperienza (ride-ndr). La mia prima autoproduzione, quando avevo 16-17 anni, era una canzone a fumetti, era una canzone di Guccini. Anche la mia prima collaborazione con BeccoGiallo- casa editrice di questo fumetto qui- nasce da una rubrica online che mi ero inventato: rifare testi di canzoni di musica indipendente a fumetti. E poi è continuato anche dopo. Tante delle mie autoproduzioni sono dedicate alle canzoni a fumetti, poi due anni fa ho fatto il fumetto in collaborazione con i Fast Animals and Slow Kids, un fumetto in collaborazione con un gruppo. Tanta della mia produzione a fumetti è legata al mondo della musica. E la cosa più drammatica di tutte è cercare di fare sentire la musica nei fumetti. È una frustrazione enorme. Tante volte ho sognato di fare i fumetti come i libri per bambini che quando apri la pagina parte la musica. Però dall’altra parte sarebbe anche sbagliato. Bisogna impegnarsi, sforzarsi di realizzare delle immagini dove riesci ad avvertire la musica. Senza neanche troppi artifici grafici. Non tantissima gente ci è riuscita. Secondo me c’è riuscito Sergio Toppi nel suo volume “Blues” -bellissimo- per altro lo dico ristampato in economica da poco, quindi potete recuperarlo, e lì senti proprio la musica. Toppi faceva queste scene, queste inquadrature dove c’è il musicista che suona senza niente. Senza linee cinetiche, onomatopee, senza notine disegnate. E ti giuro, tu senti la musica. Io non sono Sergio Toppi, quindi le notine ce le ho messe e altri artifici di questo tipo. Però ho cercato di far sapere cosa stavano suonando i personaggi. Se Fred Buscaglione sta suonando una canzone morbida, intima i segni attorno sono di un certo tipo. Se canta una canzone più danzereccia, graffiante sono fatti in un altro modo. Ho cercato di creare dei mood. Non mi ci sono accanito troppo perché sapevo già che non sarei riuscito a rendere la musica a fumetti perché è quasi impossibile. Non è stato un gran problema perché, come dicevo all’inizio, volevo che fosse un fumetto dove la protagonista non fosse la musica ma dove fosse una co-protagonista. Volevo che la protagonista fosse la storia di Fred e quindi che la musica si avvertisse, si sentisse, fosse importante ma non fondamentale. Volevo anche che si sentisse il giusto, diciamo. E spero anche di esserci riuscito.

 
 
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