Amiina - Pharology (Ep, autoprodotto - 2021)

La "farologia" degli islandesi Amiina

27 Giugno 2021

Maria Huld Markan Sigfúsdóttir, Sólrún Sumarliðadóttir, Hildur Ársælsdóttir e Edda Rún Ólafsdóttir si conoscono al conservatorio di Reykjavík alla fine degli anni ’90, fondano un quartetto d’archi (violino, violoncello, violino e viola rispettivamente) inizialmente col nome Amìna convertito definitivamente in Amiina nel 1999. In quello stesso anno inizia il sodalizio con i connazionali Sigur Rós prima solamente live, successivamente in studio contribuendo agli album ( )Takk, Með suð í eyrum við spilum endalaustValtari. Le Amiina diventano dunque sezione d’archi stabile dei Sigur Rós, che definirei senza ombra di dubbio imprescindibile, vista l’importanza delle sonorità di questi strumenti nell’intera produzione della famosa band islandese. Nella dimensione live si apprezza immediatamente il contributo delle quattro ragazze all’essenza post-rock dei loro amici. In quel periodo sono decisamente un tutt’uno, basti anche solo vedere il bellissimo film-documentario Heima che raccoglie diversi concerti che la band ha tenuto in diversi luoghi in Islanda.

Le nostre desiderano però andare oltre, iniziando a sperimentare l’utilizzo di svariati strumenti da affiancare agli archi, quali piccole arpe, strumenti giocattolo, glockenspiel, elettronica, campanellini, una sega da falegname suonata con l’archetto (sic!). La gavetta conduce al primo EP intitolato AnimaminA nel 2004, a cui fa seguito il singolo Seoul e il vero e proprio primo album di debutto Kurr nel 2007. A partire da quest'ultimo, si aggiungono alla formazione l’ottimo batterista Magnús (Maggi) Trygvason Eliassen (già attivo in decine di altri gruppi islandesi di genere differente) e il musicista elettronico Guðmundur Vignir Karlsson (aka Kippi Kaninus). Maggi e Kippi portano una ventata di novità e un naturale completamento al gruppo pre-esistente, con un drumming di notevole impatto, distintivo e caratterizzante per quanto riguarda il primo e un’ambient minimale e sperimentale il secondo. Insieme danno alla luce il magnifico EP Re Minore presentato in anteprima al padiglione islandese curato dall’artista (e loro amico) Ragnar Kjartansson alla Biennale di Venezia nel 2009. Le tracce dell’EP vengono poi incorporate nell’album Puzzle uscito due anni dopo, mentre risale al 2016 l’ultimo progetto intitolato Fantômas, ovvero la sonorizzazione dell’omonimo film muto francese di Louis Feuillade del 1913. Gli Amiina non sono infatti nuovi ad immersioni artistiche alternative e particolari. Nel 2013 la band si avventura in un piccolo tour in giro per l’Islanda, nulla di particolare direte voi, se non fosse per le locations scelte per questi live. I ragazzi decidono di esibirsi all’interno di fari sparsi per l’isola, alcuni dei quali davvero remoti ed altri molto piccoli, tali da costringere il gruppo a suonare letteralmente in spazi angusti circondati dai macchinari che fanno funzionare il faro. Basta cercare su youtube l’esibizione di Perth, traccia che finirà poi nell’EP intitolato The light house project, per comprendere la bellezza ed il fascino dell’intero progetto, avente lo scopo di catturare l’acustica particolare di queste antiche architetture marinare. Una vera performance con la band collocata alla base del faro ed il pubblico sulla cima o in un piano sovrastante, attraverso il quale le sonorità post-rock, ambient e alternative degli Amiina salivano fino ad uscire dalla sommità e raggiungere e disperdersi nell’oceano. Nel frattempo la formazione originaria si snellisce fino a raggiungere quella attuale formata da quattro elementi con Maria, Sólrún, Maggi e Kippi, lasciando Hildur ed Edda ai loro progetti musicali solisti.

Amiina

Pharology il nuovissimo EP uscito venerdì 25 giugno, potrebbe portare a compimento il tema legato ai fari e alla loro suggestione, oppure chissà potrebbe trattarsi ancora una volta di un work in progress. Gli Amiina non hanno infatti mai smesso di comporre o di registrare, a maggior ragione durante la pandemia e il conseguente lockdown. Musiche composte stavolta in un antico faro danese  nel 2019 (quello che si vede della copertina del vinile 10” realizzato per l’occasione) e registrate e mixate successivamente in Islanda. Farologia come "scienza” (o pseudo tale) che studia la struttura di questi giganti solitari e dei loro apparati ottici e le sorgenti luminose. EP costituito da soltanto tre tracce per un totale di 20 minuti circa, ma ulteriore evoluzione del suono del gruppo islandese.

Una batteria cadenzata, un intro quasi marziale accompagna e anticipa il violino e il violoncello di Maria e Sólrún, che dapprima pizzicati e appena accennati si fanno via via sempre più pregnanti, fino a diventare dilatati, sorretti dagli effetti eterei e sinistri dell’elettronica di Kippi Kaninus. Un’elevazione spiraliforme culminante in un climax impetuoso che si spegne poi nella sospirata quiete finale: l’occhio del faro che dalla scogliera rappresentava l’unica “visione” di salvezza per i marinai dei tempi remoti, dalle tempeste e dagli impeti degli oceani (Aton).

Sonorità cristalline, vitree, le onde del mare che in lontananza si infrangono sugli scogli, riverberi oceanici, spuma marina al chiarore lunare, luce che attraversando le lenti di Fresnel viene rifratta in mille lunghezze d’onda (Refraction).

Aurore boreali, flussi di organismi microcellulari, un codice Morse citoplasmatico, micro e macro nebulose lattiginose si mescolano e si confondono accarezzando la malinconica e struggente melodia d’archi che in lieve crescendo affianca il battito sincopato della batteria. Reazioni chimiche osservate minuziosamente al microscopio, una lenta danza tra elementi nell’ordine primigènio e perpetuo della creazione. Tutto ciò è riversato magicamente nel bellissimo video di Beacon, virato in blu-ghiaccio e girato con la tecnica HD Blackmagic pocket cinema camera dal filmaker Heimir Freyr Hlöðversson. Perfetto epilogo di un piccolo EP ma dotato di grande fascino sonoro e allo stesso tempo visionario e cinematografico.

 
 

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