Bodoni: Quel lontano sogno distorto

Review del loro nuovo full-length

29 Aprile 2021

La mia speranza di portare all’unione pratica l’underground italiano, per far fronte contro chi sull’arte specula, mi sta portando a contatti capillari con vari collettivi artistici non solo Emo/HC e punk.
Infatti, tramite il C’Mon Artax, sto venendo a conoscenza di una parte della scena, ancora poco nota, che richiama il suono del primo underground che, sviluppatosi fra i live clubs della Seattle alle porte dei ‘90, sfondò anche nel mainstream (nel bene e nel male), il Grunge.

In particolare, facciamo luce sui Bodoni, gruppo di Ferrara che, lo scorso 5 Aprile rilascia il full-length Domestik Violence, un revival nel quale gli elementi tipici si fondono con le trovate più Pop portate avanti dai gruppi che costituirono la “post-scena”.



Bene! Arriviamo al disco, il quale si apre con Roving Athwart The Inner Shadow, un’intro strumentale sognante e con tanto linea di archi degna di quegli umpluggeds colmi di luci soffuse a candele.
Tuttavia il sogno non tarda a distorcersi e proprio quelle distorsioni provocanti e massicce in stile Post-Grunge dei primi Silverchair dominano l’album, specialmente nei brani Sharp Toe, Influencer Influenza e la spintissima Midtown Massacre, la quale arriva a toccare addirittura l’Hardcore Punk (come ho ribadito nella scorsa review: “tutti abbiamo un lato HC”).

Anche la penultima traccia dal titolo leggermente didascalico (e non è una critica, adoro i titoli lunghi), I Google Searched Your Name And All I Got Back Was: Did You Mean “That Prick”, segue la linea appena descritta, mentre la arricchisce con un riff di basso dinamico ed effettato.
Nei brani Restroom Stigma e il singolo, Lipstick, i Bodoni arrivano fino ai Soundgarden con dei Big-Bass riffs di chitarra e le strofe ipnotiche caricanti i ritornelli urlati, tendenti allo scream.

Le “trovate” Pop a cui alludevo, vengono sviluppate in Blinding Figure Of Desire e Coming Over?, le quali costituiscono delle linee melodiche richiamanti i Fuel di fine anni ’90 e tal volta al mood degli ultimi Deftones.
Dopo una mezz’oretta di Rock alternativo e movimentato, il disco finisce come inizia: Where The River Flows, una cupa ballata di 7 minuti, dove non mancano arpeggi riverberati, echi e lenti riff stoner, pronta a districarsi fra i canyons del deserto americano (o fra i banchi di nebbia padani, dipende dai punti di vista).
Gli appassionati del genere troveranno sicuramente interessante la formula che viene presentata dai Bodoni in questo lavoro in studio, che dire? Aspettiamo di sentirli live!

 
 

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