Gintsugi: un esordio da non perdere

Recensione dell'EP

27 Aprile 2021

Bastano i primi 20 secondi per rendersi conto che l’EP d’esordio di Gintsugi vola alto: poche note di pianoforte, una voce in punta dei piedi, una produzione cristallina, una tensione formale perfetta. In bilico tra pop da camera ed elettronica minimale, il disco proietta l’ascoltatore in un mondo intimo da casa di bambola, attraversato da ombre e bagliori stregati.

Gintsugi è il nome d’arte di Luna Paese, performer e musicista dall’animo internazionale: italiana, dopo aver vissuto in Francia, si reca ai Riverside Studio di Berlino per lavorare col produttore Victor Van Vugt (già collaboratore di Nick Cave e Beth Orton) a queste cinque canzoni. La produzione è senz’altro fra i punti di forza del progetto, dosando con eleganza assoluta rumore e melodia, intimità e paesaggi ambientali, le trame chiaroscure di pianoforte e archi e i beat dell’elettronica.

Vengono in mente nomi come Lisa Germano e soap&skin per l’abilità nel perturbare il classicismo delle composizioni con inquietudini digitali, creando una tensione emotiva che sembra voler guarire traumi, guardare nell’abisso mentre l’abisso ti guarda.

Come racconta Luna: “Le persone trovano nel proprio mondo fantastico un rifugio dalla realtà che non riescono ad accettare, o si fanno trascinare in mondi fantastici, paradisi artificiali che si rivelano autodistruttivi. Quando la realtà diventa insopportabile fuggono via. Le mie canzoni guardano queste realtà direttamente, senza filtri”.

Se siete alla ricerca di opere colte, delicate, trascendenti… ma anche solo se siete interessati ai veri talenti dell’indie italiano, non hai fenomeni mediatici, Gintsugi è un progetto più che consigliato: d’obbligo.

 
 

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