Alex Somers - Siblings e Siblings 2 (Krunk, 2021)

Remote e fanciullesche visioni-sonore

8 Aprile 2021

Alex Somers è un trentasettenne musicista americano originario di Baltimora nel Maryland, produttore, compositore e visual artist, formatosi al Berklee College e all'Iceland University of the Arts di Reykjavík. Inizia la carriera musicale dopo aver conosciuto Jónsi del gruppo islandese Sigur Rós, con il quale ha condiviso fino a qualche anno fa un percorso di coppia (ora concluso) e professionale, prolifico e variegato. Nel 2003 fonda con l’amico Scott Alario la band Parachutes e pubblica solo in versione digitale l’album omonimo, mentre l’anno successivo esce l’EP "Susy" (registrato tra l’altro in un casale in Toscana) e nel 2008 "Tree roots" realizzati con l’aiuto dell’ex compagno e il quartetto d’archi islandese Amiina. Alex può dirsi a tutti gli effetti islandese d’adozione avendo trascorso la maggior parte del tempo e della propria attività professionale accanto a Jónsi in quel di Reykjavík, con il quale ha realizzato nel 2009 l’album ambient "Riceboy Sleeps" e collaborato al primo progetto solista del cantante, "Go" del 2010, oltre ad aver contribuito in veste di produttore a "Valtari" dei Sigur Rós. Autore tra l’altro di colonne sonore (Captain Fantastic di Matt Ross, Honey Boy di Alma Har'el e il documentario Audrey) e di serie tv (Here We Are: Notes For Living On Planet Earth e l’episodio "Hang The DJ" di Black Mirror), è stato anche produttore di altri artisti quali Julianna Barwick, Jóhann Jóhannsson, Gyða Valtýsdóttir e Damien Rice.

Alex_Somers

La sua poetica è rappresentata da un ambient ben riconoscibile ed ormai caratteristico, dai sentori decisamente fanciulleschi, onirico, immaginifico, fatto di voci di bambini, spesso registrate e poi riprodotte in reverse, field recordings, glitch, sospiri, scricchiolii, echi, elettronica minimale: un universo bucolico e malinconico nel quale perdersi e vagare dimenticando ogni relazione col presente e con il reale.

Alex pubblica per la prima volta a suo nome due album usciti lo scorso 19 marzo dal titolo Siblings e Siblings 2, suo vero e proprio debutto come artista solista. Lavoro frutto di registrazioni ed idee raccolte negli anni, prevalentemente tra il 2014 e il 2016, realizzato con l’intervento del quartetto d’archi Amiina, storiche collaboratrici dei Sigur Rós (María Huld Markan Sigfúsdóttir, Hildur Ársælsdóttir, Edda Rún Ólafsdóttir, Sólrún Sumarliðadóttir), il percussionista Samuli Kosminen (qui alle prese anche con altri strumenti quali la kalimba, l’ukulele, il salterio della famiglia della cetra, il flauto di Pan e i gong), Ólafur Björn Ólafsson al piano e al vibrafono, Borgar Magnason al contrabbasso. Il musicista americano come di consueto si cimenta nella produzione, nel missaggio, nel sound engineering e soprattutto nella composizione musicale destreggiandosi anch'egli con una varietà di strumenti quali piano, celeste, mellotron, metallofono, vibrafono ad archetto, chitarra, basso, percussioni oltre ad occuparsi dei campionamenti vocali. Tutto ciò è minuziosamente miscelato grazie alla capacità del nostro di creare temi decisamente cinematografici che suggeriscono alla mente flashback di un’infanzia spensierata, fatta di voci fanciullesche che si odono in lontananza, suggestive visioni di bimbi che si rincorrono nei prati, rimembranze di giochi del passato, oramai quasi scomparsi. Alex ha da sempre una fascinazione per un immaginario ludico remoto, l’artwork dell’album e dei suoi video sono esemplificativi in tal senso: scolaretti, frame sbiaditi di pellicole 8 mm, ritratti e disegni di bimbi che sembrano usciti dalla metà degli anni del secolo scorso. I video di "Between us", "Deathbed" e "Sooner" sono cartoline dal sapore vintage virate in seppia, dove bambini in primo piano appaiono sorridenti da uno sfondo nero illuminati da una fioca luce di candela, ritratti sgranati e dai profondi contrasti, un passato ormai lontano e dimenticato di cui le nuove generazioni nemmeno sospettano l’esistenza.

Piccole presenze dal fascino semi-oscuro, delicate, fragili, impalpabili ed inconsistenti nella loro fattezza bidimensionale. Brevi cortometraggi progettati e filmati assieme a Jónsi, naturale evoluzione del loro lavoro a nome Riceboy Sleeps e del bellissimo art-book d’altri tempi uscito per l’occasione in quel periodo, che raccoglie tutto il loro microuniverso fiabesco e puerile, angelico e allo stesso tempo subconsciamente inquietante. Rumori di passi, noise e frammenti sonori, lievi battiti o sonorità micro-droniche, melodie di carillon impazzito interrotte improvvisamente da implosioni electro. Il suono delle pale metalliche di un piccolo mulino/anemometro sospinte dal vento, flutti oceanici in prossimità di una scogliera, soundscapes impressionisti e a cui tendere l’orecchio con curiosità e attenzione. Ma anche minimalismo pianistico dalle note appena sfiorate, e trattenuta grandeur orchestrale delle meravigliose María, Sólrún, Hildur e Edda, in grado di creare atmosfere celestiali, rarefatte ed elegiache. Culliamoci dunque, facciamoci accarezzare dalle melodie di Somers e lasciamoci trasportare indietro nel tempo non solo cronologicamente ma soprattutto emotivamente. Ne usciremo sicuramente deliziati e rassicurati.

 
 

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