Indagine nel dark-side degli studi di registrazione

Intervista con Alberto dello X-Land Studio

Quinta puntata con l'inchiesta sugli studi di registrazione. Ogni venerdì, su Sherwood Webzine

12 Marzo 2021

Come si evolve un’idea primordiale di musica? Come funziona, oggi, la catena di montaggio acquisizione-editing-mixaggio con i plurimi strumenti digitali? E dopo? Com’è che il prodotto finito arriva sui nostri dispositivi?

Questi sono alcuni degli interrogativi che musici, redattori, appassionati si pongono, specie se, da un decennio a questa parte, molti musicisti perseguono il sogno di ‘emergere’ potendo registrare in fai-da-te con un basilare Mac. Ma c’è ancora bisogno di esperti e di qualità dell’audio in questo mondo?

La pandemia da Covid-19, inoltre, ha sicuramente incrinato alcuni meccanismi di funzionamento di uno studio di registrazione. Sarà interessante indagare su come questo settore abbia reagito. Chissà se varrà ancora la pena fare uno dei lavori più interessanti per antonomasia!

Questo, e tanto altro, cercheremo di comprenderlo al meglio con un a tu per tu con alcuni studi di registrazione partendo dal Triveneto e andando oltre.

 

Ciao Alberto! Innanzitutto parlaci di X-Land, come e quando nasce?

Alberto: X-Land studio nasce nel lontano 1998 in una piccola e abbandonata centrale elettrica situata in provincia di Vicenza, nello specifico a Zugliano, molto vicino ai colli di Breganze. Inutile dire che quest’avventura è nata dalla sfrenata passione per la buona musica, la condivisione e la voglia di emergere e poter essere un punto di riferimento per chi come noi crede nelle proprie potenzialità̀.

 Quali sono i servizi che offri ai musicisti? Di che equip usufruisce lo studio (in grandi linee)?

Alberto: X-Land offre i classici servizi di uno studio di registrazione professionale quali: produzione artistica, registrazione e missaggio. La grande differenza, che poi è il nostro punto di forza, è il modo in cui ci prendiamo cura di questi servizi; L’obiettivo non è solamente accogliere un musicista in un ambiente professionale bensì́ capire le esigenze di ogni singolo progetto e offrire il risultato migliore. Il dialogo e gli obiettivi da raggiungere sono al primo posto. Il nostro lavoro non è racchiuso solamente in questi 3 servizi, la nostra professionalità̀ ci porta a condividere i nostri contatti tra le varie figure professionali quali: agenzie di promozione, etichette discografiche, video maker, fotografi per aiutare il cliente a mantenere una linea professionale e dare maggiore risalto e attenzione al proprio progetto. Da qualche anno mi occupo anche di un servizio chiamato “Remote Recording” un’esperienza del tutto diversa dal punto di vista della registrazione. Lo scopo è quello di portare la musica al di fuori dei classici “ambienti” per ricercare un’emozione del tutto originale. Lo studio attualmente è gestito da me (Alberto Gaffuri) in qualità̀ di fonico per conto di Giuseppe Cunico (proprietario) il quale fortunatamente ha piena fiducia nelle mie capacità e idee di sviluppo per continuare a far crescere lo studio mantenendo un’ottima reputazione. Insieme a noi c’è una figura molto importante nel panorama italiano quale: Sandro Franchin che sostiene, consiglia e condivide la sua esperienza con i clienti.

Oltre a tanta passione, quali sono le competenze che servono per mettere su uno studio di registrazione? Di quali qualifiche specifiche parliamo per poter intraprendere questa strada?

Alberto: Dopo tanti, tantissimi anni di gavetta ed esperienze oltre oceano sono fortemente convinto che le qualità̀ che differenziano le persone all’interno dello studio non sono dettate dalla bravura tecnica, dalle competenze assimilate sui libri. Tutti possono aprire uno studio di registrazione e imparare il mestiere ma affinché̀ sia di successo bisogna lavorare su sè stessi. Nei confronti delle persone bisogna essere: pazienti, disponibili, entusiasti, comprensivi, bisogna saper ascoltare, saper essere al servizio dell’artista, essere propositivi. Se la passione c’è, il resto verrà̀ da solo.

Lavori a produzioni che vengono proposte dai singoli artisti/band o sei legato a una/più̀ label? In questo caso, come avviene il processo di selezione dei progetti sui quali lavorare? Quanta voce in capitolo ha lo studio di registrazione innanzi all’etichetta?

Alberto: Molto spesso “vince” il contatto diretto fra artisti e lo studio (o viceversa) dettato dal passaparola fra musicisti, produttori o etichette discografiche. Io stesso sono sempre attivo e alla ricerca di progetti interessanti a cui partecipare. Prediligo quelli che mi stimolano delle idee Gin da subito, progetti che portano un significato, una storia da raccontare. Ammetto che non è sempre facile trovare situazioni di questo genere. Quando si tratta di lavoro su una cosa non transigo: per rispetto di me stesso, dell’artista e della sua musica prendo in considerazione solo progetti in cui ritengo essere la persona giusta, in cui in un modo o nell’altro riesca ad apportare del valore aggiunto. Bisogna avere una “visione” all’inizio di tutto e per me si parte proprio da qui. Fortunatamente lavoriamo anche con etichette del territorio, una delle quali è la Dischi Soviet Studio di Matteo Merenduzzo, etichetta ben imposta e con una selezione di artisti molto validi. Altra etichetta di tutto rispetto è la Boogie Records fondata da Daniele Russo nel 2008; si avvale dei migliori artisti underground del panorama musicale veneto.

Qual è stata l’esperienza più̀ negativa e, viceversa, più̀ positiva che hai/avete riscontrato durante questo lavoro nel corso degli anni? Ci racconti qualche episodio?

Alberto: Esperienza negativa??? Non c’è nulla di peggio che scaricare centinaia di Glycase dai tir sotto la pioggia, il vento e il freddo durante la preparazione dei concerti live! A parte gli scherzi, anche questo è servito moltissimo durante tutto il periodo della mia gavetta.

Probabilmente senza queste esperienze non avrei avuto modo di ammirare tutti i professionisti che gravitano attorno a grosse produzioni e non avrei "sentito” il forte desiderio di diventare, un giorno, come loro.

Esperienze positive? Grazie a Dio ne ho tantissime... non mi ritengo più̀ fortunato rispetto ad altri, quello che so è che mi piace osare, imparare, essere nel posto giusto dove le cose succedono e si incontrano persone valide da cui apprendere e perfezionare il mio lavoro. Quest’attitudine nel corso di tanti anni mi ha permesso di inserirmi in diversi studi tra l’Italia, il Texas e la California assistendo a fantastiche sessioni di registrazione. Fra tanti, ci sono due episodi che porterò̀ sempre nel cuore: il primo è stata la realizzazione di “Xente Molesta” dei Rumatera in uno studio formidabile a El Paso (TX). La location e la vita all’interno del Ranch era qualcosa di completamente diverso a quello che eravamo abituati e questa energia positiva si è riversata tutta nel disco. Ancora oggi a distanza di 9 anni quando ascolto quell’album percepisco la stessa grinta che ci accompagnava ogni giorno quando entravamo in studio. L’esperienza di essere tutti uniti e condividere qualsiasi cosa ci ha regalato un sound “molesto”. Altra esperienza al di fuori della normalità̀ è stata la registrazione di alcuni brani in mezzo al deserto della California con un’artista (MIK) in visita a Los Angeles. L’azzardo nel tentare di fare qualcosa al di fuori delle classiche regole regala sempre tanta soddisfazione.

Come si è evoluto questo lavoro nell’ultimo decennio? Quanto hanno influito le nuove tecnologie?

Alberto: Il lavoro e le figure professionali all’interno di uno studio di registrazione negli ultimi anni sono cambiate molto. Se prima gravitavano diverse persone con ruoli differenti come: produttore artistico, fonico, tape operator e assistente, ora tutte queste mansioni (o parte di esse) vengono svolte solamente da una persona. Il motivo? Semplicemente perché̀ i budget destinati alla realizzazione di un album sono molto limitati, spesso e volentieri è l’artista stesso che investe con le proprie forze (e denaro) la realizzazione della propria musica. Il lato positivo in tutta questa faccenda è che chi sta “al di là del vetro” (come me) deve avere un minimo di competenza in tutte le mansioni, non semplicemente essere un bravo fonico.

Questo ovviamente porta ad avere un bagaglio di esperienza/competenza molto più̀ ampio e può contribuire in maniera attiva dando sostegno e supporto qualora fosse necessario. La tecnologia ci ha regalato possibilità̀ infinite; oggi come oggi se abbiamo un’idea la possiamo realizzare ovunque, e questo per quanto mi riguarda è straordinario perché́ il limite della creatività̀ è dettato solo dalla nostra mente. Il progetto “Remote Recording” è nato proprio grazie alla possibilità̀ di poter viaggiare con un computer portatile e una piccola scheda audio e poter realizzare una registrazione ovunque si voglia: in riva al mare, in mezzo al deserto, in un bosco, in una cascina in montagna o su una barca a vela... e così́ via. Tutto questo 10 anni fa era molto più̀ difficile da realizzare e decisamente più̀ costoso.

Come si gestisce la tua produzione nei confronti dei sistemi di riproduzione moderni? E cioè̀: nel master prediligi un suono che risulti potente anche da sistemi limitati (come le iper diffuse casse Bluetooth) oppure si dà̀ ancora valore all'impianto hi-fi ad alta fedeltà̀?

Alberto: È il genere musicale ma soprattutto la visione del progetto che detta le regole. I gusti personali rimangono ma a mio modo di vedere dovrebbero sempre rispettare una coerenza. Prediligo mantenere la naturalezza del suono nella sua forma e dinamica, personalmente quest’ultima richiede molta attenzione durante il processo di missaggio ed è la chiave per ricreare e mantenere un’emozione all’interno di un brano. Comunque sia, l’importante è che l’essenza del brano si percepisca perfettamente sia su sistemi d'ascolto più̀ semplici che su quelli più̀ accurati.

Parliamo di Covid-19 e di conseguenze su questo lavoro. Lo studio ha tenuto botta alla situazione?

Alberto: Come in tutti i settori anche lo studio di registrazione ha subito un forte calo di lavoro ma non per questo bisogna abbattersi, demoralizzarsi e fermarsi. Quello che mi sento di consigliare è di coltivare nuove idee, nuove iniziative da proporre ai propri clienti per aiutarli e sostenerli con la loro musica. Quando si crea del “movimento” e nuove collaborazioni si ha la possibilità̀ di agire su un raggio più̀ ampio e le possibilità̀ lavorative aumentano di pari passo.

Ti è capitato di co-produrre qualche progetto musicale? Se sì̀, ce ne consigli qualcuno?

Alberto: Si. Il primo che mi salta subito alla mente è un album di un cantautore americano molto giovane; si chiama David Blake e il titolo del disco riporta lo stesso nome. Lo abbiamo realizzato nel 2018 ma ha preso luce solo l’anno successivo. Abbiamo avuto la fortuna di usufruire dello studio personale di Michele Canova a Los Angeles e in una notte abbiamo registrato voce e chitarra acustica di 7 brani. Il resto della produzione artistica è arrivata nei mesi successivi lavorando parte nel suo appartamento, nel mio e in studio. Questa è un’altra di quelle esperienze che porterò̀ per sempre nel cuore.

 
 

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