Angelus Apatrida: thrash metal "straight outta Albacete"

La recensione del nuovo album della band spagnola

24 Febbraio 2021

 "Straight outta Albacete" recitavala t-shirt indossata da José Izquierdo, bassista degli Angelus Apatrida, la prima volta che ebbi modo di vedere dal vivo la band. Il quartetto proviene infatti dalla Spagna e propone un thrash metaldi chiara matrice californiana Bay Area (in particolare, i Testament risultano essere la maggiore influenza per il sound del gruppo).

Nel 2020 gli Angelus Apatrida arrivano a festeggiare i venti anni di attività, ricorrenza celebrata con la pubblicazione del settimo album, uscito per Century Media Records il 5 febbraio 2021.

Il disco porta come titolo il nome stesso della band, e, sin da questo particolare, appare come una dichiarazione d'intenti. Thrash metal duro e puro, in your face e senza compromessi, testi rabbiosi e strettamenti legati all'attualità (come in The Age of Disinformation).

Le linee vocali melodiche introdotte dal cantante Guillermo Izquierdo negli ultimi due album, Hidden Evolution (2015) e Cabaret de la Guillotine (2018), sono messe da parte, come anche ogni possibile intermezzo o intro acustica: nei 46 minuti di questo nuovo album non c'è una pausa o un attimo per tirare il fiato. I riff si susseguono uno dopo l'altro, sostenuti dalla batteria di Victor Valera e intervallati dagli assoli dello stesso Guillermo e di David Alvarez.

La foga e la rabbia che emergono dai 10 brani di cui si compone l'album farebbero pensare a una band esordiente, piuttosto che a un gruppo già arrivato al settimo album, e i testi, come detto, non sono da meno.

Da sempre il thrash è stato il sottogenere del metal che più si è prestato a testi di natura sociopolitica, sin dai colossi degli anni '80 (i Metallica di Master of Puppets e …And Justice for All, i Megadeth di Holy Wars e Peace Sells, per citare qualche esempio illustre). Gli Angelus Apatrida non sono da meno, e se già in passato avevano incluso messaggi di questo tipo nelle proprie canzoni (si veda Martyrs of Chicago, sulla rivolta di Haymarket, dall'album Sharpen the Guillotine, e la title-track dello stesso album), con il nuovo lavoro la band mette in chiaro ancor di più la propria natura antifascista, antirazzista e antisessista.

È il caso del brano di apertura, Indoctrinate, una sfuriata che ricorda Fuckin' Hostile dei Pantera, arricchita da un video in cui i nostri mettono subito in chiaro contro chi sia rivolto questo brano, da dove provengano e come per loro non ci sia alcuno spazio per razzismo o sessismo: nel finale, sono inquadrate una serie di persone, di varie etnie e orientamenti sessuali, luoghi come il CSOA l'Horta di Valencia, nonché riferimenti a band notoriamente antifasciste, come gli spagnoli Soziedad Alkoholika.

Seguono Bleed the Crown e la già citata The Age of Disinformation, che assieme al primo brano costituiscono l'apice del disco. Da citare anche il riff dal retrogusto heavy metal anni '80 di We Stand Alone, e il giro di Disposable Liberty, esempio di thrash dal piglio più moderno, in stile Machine Head; ma a conti fatti non è possibile trovare un punto debole in tutta la durata del disco.

Ad arricchire il tutto, la copertina dell'album, disegnata da Gyula Havancsák (che ha già lavorato con altri nomi illustri del genere come Annihilator e Destruction), costituisce una immagine ricca di rimandi ai precedenti lavori della band ed Easter egg: dal manifesto dei martiri di Chicago, al giornale riportante riferimenti alla ghigliottina che dà il nome al precedente album, fino ai tentacoli della copertina dell'album The Call e così via.

Concludendo, ci troviamo di fronte a un ottimo album, forse il migliore della band; un disco consigliato a tutti gli amanti del genere. Senza timore di esagerare, gli Angelus Apatrida con questo lavoro si candidano a diventare una delle migliori band thrash metal contemporanee.

 
 

Facebook - Instagram

 
 
loading... loading...