Leptons ovvero La Ricerca della Quiete

Recensione dopo un lungo ascolto del nuovo album

26 Gennaio 2021

Il progetto Leptons è forte di una connotazione certamente avant rock, folk che ricorda per certi aspetti l’assoluta ventosità di Crêuza de Mä. Si respira una dimensione onirica e trascinante verso lidi che tutti vorremmo avere appresso.

Dei lidi più rilassati, concentrati sul benessere e sull’armonia col mondo in cui siamo contestualizzati.

Invece lì fuori tutto brucia, va in frantumi e il rosso tinge i cieli senza che vi sia un vero arcobaleno. La Ricerca della Quiete è la ricerca del benessere in mezzo alla distopia del fracasso quotidiano. E siamo ben chiari: non è solo una questione pandemica, è così da tanti anni. Parafrasando un mio caro amico: «sono anni che va già molto male» e non rendersene conto è essere miopi.

Ma se la Quiete del Leptons potrebbe apparire cosi come il classico disco ampolloso a la presa a male facile, esso si trasforma da subito in una ponderata disamina sonora dei sentimenti di lotta interiore e personale verso quest’infausta realtà. Ne esce dunque un disco vivace e variopinto, quanto la copertina (realizzata da Gabriele Brombin) che così ben rende l’idea delle sensazioni/idee/emozioni del concept, le quali spero raccontarvi per bene.

Si parte decisi con Canto di Lavoro dove si raccontano la frenesia e i dubbi della quotidianità dentro una vita insita di imposizioni e contraddizioni già dalle piccole cose. Come il troppo caldo invernale oppure il dover essere per forza dentro un ufficio 5 giorni su 7. Cambiamento climatico, metodi produttivi neoliberali, storie di tutti i giorni che, al di là dei nomi altisonanti dei concetti a cui si riferiscono, impattano sempre e continuamente.

Si prende una decisa carica energetica Con Great Escape e Diario di un Vulcano (di fatto i primi due singoli usciti e forse quelli meglio calibrati dell’intero lotto) e si prosegue dentro un’eterea, dall’attacco battistiano, Una Lunga Vacanza, e da qui il lavoro del veneziano poli-strumentista Lorenzo Monni, dopo un inizio lento e catartico, un centro energetico e denso, assume toni decisamente più psichedelici e progressivi, quasi a volere andare a scavare dentro il caos interiore; la coda finale di Così Lontani e l’intenso respiro iniziale de Il Lago delle Favole né danno piena percezione. Quest’ultimo brano in particolare, pur senza testo, si rivela un’aria strumentale, posta alla fine del lavoro per dare il giusto sottofondo ai pensieri di chi ascolta. Pensieri non infossati sotto la terra, ma liberi di volare ovunque si sentano attratti.

Dunque, La Ricerca della Quiete, così concretizzata, diventa un compendio di situazioni / sensazioni, di rotture col mondo esterno ed interiore, dove si parte del fuori per tornare al centro del proprio “io”. La bucolica e quasi sud italiana pizzicata Trilli è alla perfezione il sentire bucolico da Fanciullino pascoliano a cui siamo giunti.

Mentre stiamo a casa e andiamo a camminare per deserti campi, inseriamolo in cuffia.

«io prendo una chitarra tutta rotta, ma quando balli tu, ma quando balli tu…»

L’album esce per l’etichetta Beautiful Losers.

 
 

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