Anything: arrivano gli HIROSHI e il ritorno al futuro

elettronica morbida e pop rock

19 Dicembre 2020

Vincitori dell'Homeless Rock Festival nel 2015, Luca Torquati, Lorenzo Renzi, Nicolò Bacalini e Alessio Beato, aka Hiroshi, pubblicano il loro album d’esordio Anything.

Rinchiusi da mesi, stiamo soffocando inscatolati come sardine ed una copertina come quella del disco degli Hiroshi che suona immerso nel dreampop, shoegaze a tratti triphop, fa venire voglia di libertà e di cliccare play.

Si parte:

Track n.1 Lost highway, pubblicata nel primo EP della band, omonimo, vive qui di nuova luce e suoni, con un mix brillante così come i colori del master dell’album. Si fa subito coinvolgente, una linea vocale Radioheadiana e batterie ed elettronica rassicurano nel loro abito anni ’90,  una bella corsa in un bosco fitto che poi si apre tra il verde di radura piena di sole e lascia il passo a Trading place e ad lunga camminata, con una domanda in testa “voglio sapere se vuoi amare qualcun altro… ferire qualcun altro”. Amore e dolore si mescolano come spesso succede e lasciano spazio ad un lungo bridge: rallentano le chitarre, la ritmica si allontana, si lascia il posto a linee vocali intrecciate e aperte nell’immagine stereo che chiedono e rispondono. Una bella ballata pop, radiofonica.

Run Ran Run è veloce, i beat salgono di nuovo, la voce intubata, lontana, pochi db in questo opportuno lavoro di mix: elettronica e pop rock fanno a braccio di ferro, per uscirne entrambi sicuramente arricchiti. Si alternano gli stati d’animo in questo disco così come le tracks e arriva Intimate brano strumentale, elettronica ambientale, suoni accattivanti, piccoli, procedono disegnando i contorni, sospesi, fino a quando interviene la batteria, coerente nei modi con il resto del disco. Parti strumentali si intrecciano come in una colonna sonora, le dissonanze gentili trattengono, ad ascoltare ancora un pò.

Days, dream pop, synthwave, rilassante racconta di quando si cambia e si vuole procedere ma guardandosi accanto ci si chiede se si è soli o se si avrà un compagno di viaggio.

Isolation Row costruisce un bellissimo intro, dai toni ghiacciati e poi si tramuta in qualcos’altro, pop ed elettronica nuovamente assieme così come i passaggi strumentali e le linee vocali belle, mai invadenti, un pò in disparte, ricalcano un atteggiamento introverso come lo ricordiamo in scena, all’inizio di questo incasinato millennio. 

Mountains è la vetta, da lì si vede tutto il mondo degli Hiroshi. Float, strumentale e sperimentale nell’intro, inganna, sembra girarsi veloce verso la noise ma poi torna indietro, frena, prende per mano la melodia per poi scappare di nuovo. Come succede quando due si amano ma si fanno male e non si sa perchè ma visti da fuori sono la storia che tutti vorremmo.

Siamo quasi alla fine del viaggio, arriva Shapes, la single track che a mio avviso merita un videoclip e che chiude questo lavoro così nostalgico di quel pop rock di un paio di decadi fa che era bellissimo e faceva scendere lacrime, gridare, correre, ridere come i pazzi. E bellissimo è anche questo disco. Grandi Hiroshi!

Dal comunicato stampa della band

“Anything”parla di crescita, di evoluzione. È qui che spunta l’anima più autobiografica di un gruppo di giovani, che alla fatidica soglia dei trenta si trova inbilico fra bilanci e nuove speranze, conscio che trovare un posto in quest’era dicostante cambiamento può essere più complesso del previsto. In questo scenario da racconto di formazione, le parti vocali e i testi (in inglese) si muovono tra l’autobiografico e l’immaginifico, non assumendo mai il centro dellascena: rimangono soffusi, riverberati, uno fra i tanti strumenti che compongono il tutto"

 
 
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