Viadellironia: il rapporto parodico con l'eredità

Intervista alla band bresciana che recentemente ha pubblicato l'album "Le Radici Sul Soffitto"

30 Novembre 2020

Ciao ragazze, piacere di conoscervi! Prima di intervistarvi devo dire che vi ho “studiato”, onde evitare domande banali indirizzate ad un gruppo che, invece, è tanto distante da questo aggettivo! Mi piacete, avete tempra, coraggio, peculiarità vostre e non emulate. Siete genuine e questo fa sì che quanto prodotto – oltre ad essere di ottima qualità – è certamente una spanna sopra il resto.

- Dopo questo endorsement volto a propiziarvi…ecco finalmente la prima domanda che fa crollare tutto il castello anti-banalità: placate la mia curiosità e spiegatemi l’origine del vostro nome!

Viadellironia: Il nostro nome deriva da una cosa abbastanza psicogeografica: Laura e Maria hanno vissuto a lungo a Milano, vicino a Corso di Porta Ticinese, che qualche anno fa è stato ribattezzato Via dell’Ironia. Tutta quella bellissima strada ha subìto degli interventi in qualche modo situazionisti e creativi. Questo ha colpito Maria, che ha proposto il nome a tutte e quattro. Il nostro nome, però, non ha spazi, si scrive quindi Viadellironia. Ovviamente questo nome ha anche una funzione programmatica, suggerisce il fatto che diamo musicalmente importanza all’ironia nel suo potenziale artistico, di deviazione dal significato ordinato delle cose. L’ironia ha una funzione di scarto e il nostro nome evoca anche questa deviazione.

- Le radici sul soffitto, è un album che è stato realizzato con il sostegno del MiBACT e di SIAE, nell’ambito del programma “Per chi crea”, dedicato alle opere prime. Ci spiegate questo progetto che sembra molto importante?

Viadellironia: Questo bando ha concesso a noi e ad Hukapan di essere abbastanza tranquilli a livello produttivo. È una bellissima consapevolezza quella di sapere che un fondo possa esaudire un tuo progetto perché stato valutato idoneo a tale concessione. Può sembrare un po’ prosaico, ma per noi è stato come ricevere un gigantesco regalo. L’idea di idoneità è estremamente collegata al ruolo dell’artista. Il disco parla anche di questo. Il fatto che sia stato finanziato dalla SIAE e dal MiBACT ci ha dato una forma di imprimatur.

Leggi qui la recensione di Sherwood!

- Venendo finalmente al sound. Vi ho apprezzato sin dal primo ascolto per via di questo stile sotteso alquanto retrò. Questa mia ipotesi poi si è legiferata quando ho visto la vostra foto nel press kit. Look e make up anni ’80, capelli cotonati. Siete giovani ma interiorizzate uno spirito di un passato che nemmeno avete vissuto se non di riflesso attraverso l’eredità degli ascolti musicali.  Perché?

Maria: Credo che questa patina un po’ letteraria, che non ha paura di nominare i suoi testi di riferimento (intendo anche a livello musicale) derivi dal fatto che tengo in grande considerazione la parola. Credo che si debba dare un senso di pesantezza alle parole, questo è quello che nei modelli ho sempre amato. Non significa essere per forza gravi e tetri, non intendo questo. Si può essere estremamente frivoli ed estremamente seri allo stesso tempo. Ma ogni parola deve avere una sua necessità, anche se si tratta della parola merda. Tipo certi motivi di Mahler, così triviali, così tristi e pesanti allo stesso tempo. Ci piace il rapporto parodico con l’eredità. Per questo abbiamo un rapporto molto serio con lo spirito passato, come dici tu.

- Cito dal vostro press kit: “l’album è una descrizione critica e malinconica della decadenza del mondo attuale, commista al desiderio di resistenza alla passività e a quel sentimento che sopporta di mala voglia il peso della vita.”, sembra quasi che il vostro album assume il ruolo di un manifesto pessimista che si colloca in un contesto storico totalmente avvilente. Devo dirvi la verità, rispecchia grandemente il mio stato d’animo attuale, e probabilmente rispecchierà quello di tanti e tante altri/e. Cosa vi ha spinto a scrivere queste liriche?

Maria: in tutto il disco è dispiegato il rapporto con la morte e con le sue rappresentazioni. Il disco è stato scritto interamente prima della pandemia e non fa mai riferimento ad essa. È vero che c’è un grande pessimismo. Non vedo però quale altro sentimento sia corretto provare, e a quale altro sentimento che alla morte una lirica debba essere rivolta in questi anni. Penso che ci siano due aspetti antitetici in questo pessimismo: da una parte credo che la morte sia qualcosa di molto eversivo, perché è ciò in cui il dominio sulla natura si è dimostrato più fallimentare. E questo aspetto si trova in Canzone Introduttiva, in Figli della Storia. Penso d’altra parte che questo pessimismo sia anche un sentimento estremamente antisociale, individualista, convinto spesso che il proprio dolore sia diverso da quello degli altri. Per questo in tante canzoni mi riferisco a quest’altra attitudine: quella del suicida che, insieme alla sua testa, vorrebbe portare con sé nella morte le teste di tutto il mondo. È un sentimento dal quale è giusto guardarsi.

- Ho ascoltato il vostro album e le precedenti cover anche quelle inglesi. Avete una modalità sonora davvero accattivante che rischiara il panorama musicale italiano attuale (finalmente!). Il vostro songwriter si ispira sia al cantautorato italiano che a quello americano, tra i tanti citate come principali Beatles, Elliott Smith, Afterhours, Nada, Baustelle. Due solisti, tre band. Voi avete optato per una formazione band.Quanto cambia? Come operate tutte insieme in sala prove?

Viadellironia: In una prima fase Maria si occupa della scrittura e della stesura. L’architettura della canzone proviene quasi sempre da un nucleo generativo specifico e quasi sempre conservato sino alla fine, in evidenza. Si tratti di un riff, di un modello ritmico o di un costrutto di testo. C’è sempre qualche cosa, derivata da una jam in sala prove o da un’idea individuale, che si staglia sul resto del materiale, e che assume un senso particolare, una risonanza. Da lì Maria lavora alla stesura. Quel materiale viene osservato da noi tutte, e da Cesareo, il nostro produttore, e viene modificato perché sia solido, e potente, anche nella sua forma minima di chitarra e voce. Il lavoro e l’esperienza di Davide sono importantissimi per questo. Ciascuna di noi, in seguito, impone alla stesura il proprio stile. Il fatto di suonare da molto tempo insieme consente di avere una buona consapevolezza del sound che si deve creare, e del tipo di contratto che questo sound, proveniente dalla somma di tutte e quattro, deve intrattenere con il testo e con l’architettura di partenza.

- Domanda di rito che credo vi rivolgeranno molto-molto spesso (solidarietà!). Ma intanto, inizio a farvici abituare! Siete una delle poche (forse l’unica) band con componenti esclusivamente femminili e fate – tra l’altro – un genere che è rimasto appannaggio maschile – salvo eccezioni - per un bel po’: il rock alternative… tanta roba, no?         

Viadellironia: È una considerazione che ci viene spesso fatta. Noi siamo consapevoli che il fatto di essere quattro ragazze (e di lavorare ad un genere che, come dici, ha una storiografia maschile), abbia un suo rilievo. Come in tutte le storiografie, anche in quella dell’alt-rock ci sono squilibri dovuti al potere dominante e al regime di visibilità del momento. Il nostro personale atteggiamento, in realtà, non vuole sottolineare il genere a cui apparteniamo che, oltretutto, non è detto sia lo stesso all’interno del nostro gruppo. Intendo dire che la categoria del “gruppo al femminile” è già estremamente obsoleta. Teniamo sempre a specificare che non abbiamo usato nessuna strategia nel decidere di suonare insieme. Siamo arrabbiate con tante cose della società, e le canzoni di questo disco parlano spesso del nostro disgusto. Ma tale disgusto, che ha sicuramente molto a che fare con le questioni identitarie, non parla il linguaggio dell’attivismo, ma quello dell’arte. Perché crediamo che sia giusto così.

- In bocca al lupo per la promozione! Sperando di sentirvi presto live!

- A presto! Viadellironia

 
 

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