Un bellissimo racconto di una donna per le donne. Cristina De Rossi, giornalista e scrittrice, ci regala un delicato e toccante testo dedicato alla popolare figura femminile della lavandaia di fiume, lungo il corso del Sile, all’epoca della Grande Guerra. Un coinvolgente omaggio alla sua terra e a tutte le donne.

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Cristina De Rossi: Gli uomini della terra acquosa

29 Ottobre 2020

Un bellissimo racconto di una donna per le donne. Cristina De Rossi, giornalista e scrittrice, ci regala un delicato e toccante testo dedicato alla popolare figura femminile della lavandaia di fiume, lungo il corso del Sile, all’epoca della Grande Guerra. Un coinvolgente omaggio alla sua terra e a tutte le donne.


ReadBabyRead #514 del 29 ottobre 2020


Cristina De Rossi
Gli uomini della terra acquosa



per info su F. Ventimiglia e C. Tesser:

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voce: Francesco Ventimiglia

"Ada li aspettava, come ogni giorno. Dalla rampa del Sile, proprio dove l'ansa maestosa raccoglie maternamente il Musestre, seduta sull’erba che profumava di sole e bucato, scrutava in basso la strada che costeggiava i campi. E puntualmente, dopo i rintocchi della campana, arrivavano. Con passo stanco, quasi strascicato, si dirigevano verso l’osteria accoccolata sotto l’argine, che ne proteggeva le antiche pietre. Quei contadini le sembravano nobili cavalli di razza, con gli zoccoli consumati dal tempo e dalla terra. Velocemente scendeva i gradini di pietra dell’argine e raggiungeva la vecchia casa, con l’osteria del padre che si apriva prospiciente la strada principale, vicino alla piccola chiesa del paese. Dentro era fresco e l’odore del vino si mescolava all’odore del legno sul soffitto. Il pavimento e il bancone, erano composti da centinaia di pietruzze colorate, dal grigio al rosso, formando un mosaico che culminava in una stella."


Cristina De Rossi si intervista

Interv.: La sua è una vita, tra le molte attività, da sempre costellata di impegno politico e sociale. E molte sono state le sue battaglie soprattutto rivolte all'ottenimento della parità di genere, pur lei stessa non riconoscendosi nelle quote rosa. Lo sottolineo, proprio perché il suo esordio letterario inizia con un racconto che, almeno dal titolo, sembra invece escludere le donne. Come mai "Gli uomini della terra acquosa" e non, che so, la gente della terra acquosa?

Cristina: E' vero, il titolo può apparire parziale, escludente, ma dobbiamo immaginare come si dipanava la giornata di Ada, la protagonista. Una ragazzina sensibile e semplice, il cui lavoro si alternava tra l'osteria e il lavare al fiume. Due mondi, che a noi oggi possono sembrare un tutt'uno, ma che a lei, nella sua quotidianità, apparivano separati, quasi distanti. Sì, perché Ada sentiva parlare di acqua e di terra solo dagli uomini in osteria. Raccontavano il territorio, le difficoltà, le strategie, le previsioni, la loro fatica. E Ada avvertiva dall'odore pregnante del loro sudore, gli sforzi immani nel cercare di rendere fertile quella terra complicata, molte volte ostile, in cui l'acqua sembrava voler padroneggiare, concedendo qualcosa ogni tanto. Era una lotta di idee e di muscoli, che Ada immaginava solo appartenenti agli uomini.

Interv.: Ma anche le donne faticavano non poco, di sicuro non meno degli uomini!

Cristina: Certo! Ma Ada vedeva le donne con occhi diversi. Le sentiva, come lei, in grado di affrontare tutto, quasi che la fatica potesse diluirsi nella stessa acqua del fiume. Il contatto stretto con questa entità le dava quasi un appoggio nel sopportare la fatica enorme, soprattutto per lei così giovane. Il condividerla con le altre donne le dava un senso di appartenenza e il cantare lavando i panni le facevano quasi dimenticare quanto fosse difficile il vivere quotidiano, quasi che il canto facesse salire più in alto il peso, che gravava sulle braccia e sul cuore. E poi, a differenza degli uomini che, un po' meno la domenica, sapevano solo di sudore vecchio e di vino, le donne emanavano odori diversi, meno cupi. Sapevano di cibo, di chiesa, di sapone, di latte materno. La fatica, per Ada, era quasi profumata e questo le donava maggior sollievo. Nella sua ingenuità, tra uomini e donne vedeva e odorava àmbiti separati, ognuno con un compito ben preciso. Alla fine del racconto però, presagendo il futuro del suo fiume, Ada diventa consapevole della sua forza, del suo ruolo da protagonista, percependo addirittura la debolezza maschile del fiume. Una forza, che la farà diventare una donna forte, consapevole altresì di dover difendere strenuamente il suo fiume dall'incuria e dalla barbarie di chi verrà dopo.

Interv.: Leggo dalle note biografiche, che il suo esordio letterario è abbastanza recente. Da cosa è scaturita l'idea di questo racconto breve e della sua ambientazione in riva a un fiume e in un'osteria? Sembrano, anche qui, due mondi così distanti tra loro.

Cristina: Pur amando molto il mio lavoro da giornalista, ho sempre avuto una forte predilezione, direi proprio una vera e propria passione, per la scrittura letteraria. Ma a volte, certe passioni hanno bisogno del momento giusto per trovare corpo. Nel frattempo le tieni lì, al caldo, le nutri con il cibo dell'anima e poi sei pronta a farle uscire, a dare loro un nome. Per me, quel momento è arrivato leggendo il titolo del Premio "Per fiumi e bonifiche del mondo", un invito a raccontare "una storia vissuta lungo l'alveo di un corso d'acqua". E in quel preciso momento, avevo già la storia scritta. Fluida, come l'acqua dello stesso fiume. E il Sile mi ha riproposto le sue storie, solcate da persone, scorci di vita vera e di luoghi non comuni. L'osteria e il lampór sono questi luoghi, dove la fatica del vivere si diluisce, si stempera nel liquido rosso che all'apparenza fortifica o nell'acqua che dà lavoro dando senso alla terra.

Interv.: E il fiume, come lei lo descrive, che ruolo ha nel formare le esistenze di chi gli vive accanto?

Cristina: Il fiume è fondamentale nell'essere la loro entità di riferimento. Ada vede nel fiume il suo stesso esistere, il vivere sulle sue sponde la rende felice e infelice al tempo stesso. E che cos'è per lei il fiume, se non la metafora della sua stessa vita? Un'alternanza di gioie e dolori, fino alla consapevolezza finale che se il fiume dovesse soccombere, terminerebbe anche la vita di chi verrà dopo di lei. Il fiume è certezza ed alea in egual misura. Ti tranquillizza con la placidità delle sue acque e ti terrorizza con l'incombenza delle sue piene. Ti offre e ti può togliere la vita stessa. Il fiume è Dio.

Interv: A proposito di Dio, lei fa intendere che i contadini hanno più rispetto del fiume che di Lui. E, non a caso, ricorda il frequente intercalare in suo nome.

Cristina: Nel racconto, Ada paragona la bestemmia quasi a una preghiera, tanto sente nominare Dio dai contadini in osteria. Dio è davvero sempre presente, anche se in forma blasfema. E' una presenza costante, rassicurante, ma anche da maledire se tradisce le umane aspettative. E in una terra difficile, faticosa, frustata dalle malattie e morti precoci, molto spesso lo fa. Ma Dio è presente, anche quando si gioca a carte e il tuo compagno di turno tira giù la carta sbagliata, o quando fai cappotto e vinci. Anche lo stesso Dio è vissuto in modo diverso dalle donne, preganti in chiesa e più attente a non offenderlo, quasi sottomesse con rassegnazione al suo volere. E' quella la loro osteria, anch'esso luogo quasi terapeutico dove condividere una sorte e stemperare le miserie. Acqua santa al posto del vino. E Ada, nel suo vivere quotidiano tra l'osteria e la riva del fiume, diventa inconsapevolmente il ponte che congiunge queste entità così diverse, ma così straordinariamente complementari. E con altrettanta naturalezza, lei stessa regala vita al fiume con "le sue robe", essenza di fanciulla portatrice di continuità. Vita in cambio di vita.


Cristina De Rossi



Le Musiche
, scelte da Claudio Tesser


Mikhail Alperin, Wave Of Sorrow [Mikhail Alperin]
Paul Giger, Karma Shadub [Paul Giger]

 
 

Copertina:
Una storica immagine fotografica ritraente le lavandaie di fiume.

 
 

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