Day Ripper - Bee Bee Sea, lasciatevi travolgere dallo psycho!

Il nuovo disco in anteprima, pubblico il 9 ottobre 2020 per la Wild Honey Records

8 Ottobre 2020

Sembra ieri eppure son quasi trascorsi tre anni dall'ammaliante Sonic Boomerang, penultimo disco dei Bee Bee Sea rilasciato per la Dirty Water Records.

Quell'album ha avuto un percorso meritevolmente fortunato: da allora, infatti, più di 300 concerti si sono avvicendati in tutto il mondo ed i BBS hanno calcato palchi in Europa e negli States supportando band come Oh SeesBlack LipsIdlesBroken Social Scene e molti altri. 

Tre anni dopo, il trio mantovano composto da Wilson Wilson alla chitarra e alla voce, Giacomo Parisio al basso e Andrea Onofrio alla batteria ritorna alla ribalta con Day Ripper, questa volta pubblicato con l'etichetta bergamasca Wild Honey Records.

La title track di 10 pezzi si snoda voracemente ai consueti ritmi garage-punk rock'n roll, con stile esageratamente sbarazzino. La spavalda improvvisazione si conferma baluardo compositivo della band, metodo con la quale il trio sperimenta a colpi di pedali, seguendo riff che si avvicendano nella loro mente creativa.

Restano solidi quegli arrangiamenti dal sound di eterogenea ispirazione e provenienza.

La prima correlazione naturale che vien fuori è una scontatissima quanto superficiale frase di tal tenore: "suona come...", facendo riferimento - come accade naturale per questo genere - al sound d'oltreoceano.

Eppure i Bee Bee Sea sono riusciti nell'intento di creare un immaginario personalissimo, in cui rigettare bulimicamente la propria vita: La noia della vita di provincia. Sentirsi bloccati. Essere al verde.

Tematiche che si avvolgono su melodie orecchiabili e sbarazzine prima, su rivoli di dirty punk e pieghe selvagge, poi.

L'incipit è affidato al primo singolo estratto, Daily Job, in cui rivedo una sorta di canto-manifesto contro la routine uroborica del Produci-Consuma-Crepa, un mondo legato sempre più alla logica del profitto, in cui ritrovarsi psicologicamente ridotto a vivere perennemente in una fabbrica, senza via di scampo.

"Queste canzoni sono la storia delle nostre vite", dice Wilson. Anni passati a lavorare di giorno e suonare la sera in questa band. Da quando ho lasciato l'università, lavoro con mio padre - ha un calzificio a Castel Goffredo - ed essere bloccato per tanto tempo in una situazione che non mi piaceva mi ha dato l'ispirazione per fare qualcos'altro. Quella cosa era la musica."

I riff spigolosi ed in repeat subiscono accelerate e modulazioni in base alla tempra della narrazione, con circolarità e maestria, col consueto fuzz vocale, ed un assolo difilato e svelto.

L'articolazione del disco continua con l'effervescente quanto sbarazzina Be Bop Palooza, oltre che con l'inno alla stanchezza cronica Gonna Get Me.

Il punk dalle nuances più sporco si snoda su Drags Me Down, tra ruvidi riffs in combinato con bassi ovattati e ghirigori con chitarra solista. 

Il pezzo che, dopo altri 9 frenetici - tra l'altro -, ha smosso mente, cuore e soprattutto natiche, è stato Telephone, una miscelanza affascinante e per nulla parsimoniosa di bizzarrie acustiche, tra cui il riff d'intermezzo, linea rossa a cui ritornare tra basso captico e corde in clean di chitarra. Questa volta alla voce fuzzata si somma un cipiglio gutturale, della serie: spazio alla musica, non c'è bisogno di parlare, magari lo facciamo al telefono.

Outro affidata al pezzo omonimo Day Ripper, probabilmente un riferimento a Day Tripper (Gita d'un giorno) dei The Beatles (?) in formula, chissà, ironica-sarcastica, quest'ultimo un pezzo dalle movenze psichedeliche e dai ritmi impazziti.

Un disco di sicuro impatto che vi assicuro, non vi lascerà impassibili sulle sedie!

 
 

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