This must be the place

La paura ci salva sempre

16 Ottobre 2011
 - Lisetta

Dopo tanta complessità Sorrentino si prende una lussuosa vacanza dai fatti quotidiani, inzia a frequentare i sentimenti, abbraccia l'essenzialità e dà vita ad un film molto semplice nella costruzione, molto di cuore: This must be the place.

Dopo tanta velocità Cheyenne, il protagonista (Sean Penn) di questa commedia, si prende una lunga vacanza dal successo e si rifugia in un angolo sconosciuto della periferia di Dublino dove la vita è diventata più lenta e anche le parole e la voce si sono dilatate. Qui la vecchia rockstar passa il tempo andando al supermercato con il trolley, al cimitero sulla tomba di due fratellini che hanno preso sul serio i testi depressi delle sue canzoni, occupandosi di Borsa e giocando alla pelota dentro una piscina vuolta con la moglie Jane (Frances Mc Dormand) che lo ama da 35 anni e che lo rassicura "chi fa l'amore con la propria moglie come fosse la prima volta non può essere depresso".

E' solo a metà del film che il regista ci svela che Cheyenne è ebreo,che è tornato a New York per la morte del padre con cui non ha contatti da trent'anni perchè "a quindici anni ho deciso che non mi voleva più bene".  Mordecai Midler, famoso cacciatore di criminali nazisti e amico di famiglia, gli rivela la volontà del padre: ritrovare da qualche parte negli Stati Uniti il sorvegliante di Auschwitz, Aloise Lange, che lo aveva umiliato.

I riflettori si accendono di  nuovo, tocca a Cheyenne ritrovare l'uomo odiato, affrontando la paura del vuoto, degli sconosciuti e dell'avventura, anche se "la paura ci salva sempre". La musica si fa più incalzante, il film diviene un road movie di trasformazione e formazione dove il viaggio conta più della storia.
Privo di esperienza investigativa e ostacolato dalla sua inesorabile lentezza, quando arriverà al momento cruciale, Cheyenne non rinuncia alla sete di vendetta ma mette in atto una versione più morbida e sofisticata. Il tema della vendetta appare così secondario, "perchè gli uomini usano la vendetta quando non sanno decifrare le cose nella loro complessità"

Anche in questa opera di respiro internazionale la regia di Sorrentino è personaggio del film essa stessa. Le immagini sono eleganti, la scrittura intelligente, ironica e mai banale, e i colori, così come i personaggi malinconici che Cheyenne incontra lungo il suo viaggio, ricordano i quadri di Edward Hopper. Il pittore statunitense diceva " non dipingo quello che vedo ma quello che provo" e anche Sorrentino non dirige cià che vede, ma ciò che sente.

Nella grammatica delle immagini un'inquadratura dall'alto tende ad opprimere e a schiacciare il personaggio. L'ultima inquadratura che il regista ci regala, appunto un'inquadratura dall'alto, ci fa così tanto avvicinare a Cheyenne che quasi non lo vorremmo abbandonare, perchè arrivati alla fine smettiamo anche noi di vedere e iniziamo a sentire.

This must be the place trailer
 
 
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