Il Gigante Maestro Ennio Morricone

7 Luglio 2020

Sarebbe alquanto superficiale limitarsi ad una sterile elencazione di quanto Ennio Morricone abbia fatto nella sua vita (sul serio tanto e di un determinato livello, ma di certo lo sapete).

Chi è abituato a scrivere di musica, d’altronde, si impone per formazione di andar oltre le enumerazioni scevre di sentimenti ed opinioni, scavalcando le bio copia e incolla di articoli e post che a seguito di morti tanto imponenti nascono come funghi, con interconnessi blandi necrologi da gettare voracemente in pasto all’opinione pubblica.

E dunque, dopo un’intera giornata trascorsa a ripercorrere – con occhi umidi - le sue colonne sonore composte dalle sue diligenti mani e dalla sua mente sopraffina, sono arrivata ad una consapevolezza – quasi – assoluta.

Non sono capace, e forse non lo sarò mai, di scrivere di un gigante come il Maestro. Sono una nana che tenta di sporgersi sulle sue spalle, nonostante sei risicati anni di studi classici e maledizioni a gogò lanciate sulla tastiera ad ogni sgangherata scala in fa# minore armonica.

Tuttavia oltre a decantargli competenze, estro compositivo, intelligenza musicale e coordinazione ardita e magistrale, ben posso scrivere, in una sorta di cameo iperpersonale – mi scuserete – di quanto E. Morricone abbia musicalmente accompagnato la mia Infanzia e Maturità e Prima Giovinezza, per citare stralci di Nuovo cinema Paradiso.

Ma prima, un dovuto aneddoto.

Mio padre, gran divoratore di Tex al mattino e di film western alla sera, ha acquistato il suo primo smartphone la settimana scorsa. Nonostante sia una cosa totalmente desueta e fuori moda, la prima richiesta – al di là di tutorial live su come rispondere ad un WhatsApp – è stata quella di inserirgli una suoneria, o meglio, LA suoneria: Il buono, il brutto, il cattivo (titoli), coi caratteristici ululati del coyote, una peculiarità sonora ormai divenuta universale.

Vien facile pensare ad un linguaggio universale di natura morriconiana, specie se si fa riferimento alla cd. Trilogia del Dollaro, tutti interpretati dal famoso ‘biondo’, Clint Eastwood.  Che ne dite del fischio melodioso di Per un Pugno di Dollari? E del molleggiato ronzio dello scacciapensieri in Per qualche dollaro in più?

Ma Morricone è stato uno dei più versatili compositori esistenti al mondo! Confezionatore di colonne sonore per i film più disparati, ha colonizzato lo sguardo musicale hollywoodiano, oltre che, ovviamente, quello nazionale.

Ho ripercorso svariate ballads, e quella che più apprezzo proviene dal film del 1969 Cuore di Mamma, in cui Ninna Nanna per Adulteri culla tra scampanellii la sofferenza abissale in cui si ritrova la rivoluzionaria quanto psicotica Lorenza.

Si accavallano nella mia memoria i ricordi legati al cinema neorealista di Elio Petri, in primis con la verve giallesca dai pianoforti impazziti in Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto, e poi l’industrializzato e cinico suono stakanovista ne La classe operaia va in paradiso.

Tutte le colonne sonore sono dettagliatamente parlanti, protagoniste in tutt’uno coi personaggi della pellicola, che presi singolarmente – in silenzio – parrebbero sprovvisti di un pezzo portante della loro recitazione.

A proposito poi del grande Gian Maria Volontè, non posso non citare un altro film tassello della mia consapevolezza critica, interconnesso saldamente a quel masterpiece Here's to You. brano musicale composto da Joan Baez per il testo e da Ennio Morricone per la musica, inserito nella colonna sonora del film Sacco e Vanzetti.

Approdando agli anni ’80 mi rinviene subito una cinematografia che magari per molti può esser erroneamente definita ‘facilona’. È qui che si inserisce la collaborazione di Morricone con Verdone in Un Sacco Bello, film cult intergenerazionale, in cui il giro di basso in solo e slapt si associa al tema di Marisol ben più melanconico, tra mandolino, arpa e violini archetipici.

La nenia vorticosa e thrillesca del La piovra nel 1986 fa combinato con un film-capolavoro intenso e tormentoso The Mission, in cui la composizione Gabriel’s Oboe è la sublimazione struggente ed ancestrale, in rivoli verso l’infinito, e, per chi crede, verso l’Altissimo.

Ancora oggi, nel ripercorrere quelle note, mi vien facile un movimento di commozione.

Non posso non citare altri ruoli imponenti di Morricone all’interno della cinematografia italiana, con Giuseppe Tornatore, in non solo il già citato en passant Nuovo Cinema Paradiso, ma anche nella storia sociale-politica-sentimentale nel comune siciliano Baarìa, con tanto di sfacciata e per nulla pregiudizievole italianità nell’accompagnamento musicale con la Banda Musicale dei Carabinieri, o ne La leggenda del pianista sull’oceano, in cui il tema omonimo crea idilli fiabeschi (con tanto di riferimenti jazz contemporanei – The Crave).

Ennio Morricone è stato un maestro prolifico, autore di colonne sonore per oltre 500 film e serie tv, duttile e dalle mille sfaccettature e miriadi generi musicali, mai standardizzato o fermo a soffiarsi sul trono della notorietà iper-meritata.

Un gigante che ha ispirato intere generazioni di musicisti contemporanei a partire dal sound anni ’60 (che mi dite di Sapore di sale? Gli arrangiamenti sono suoi!), dai cantautori più rinomati nel panorama italiano (Tenco in primis) e anche di tutta la scena precipuamente più pop. Ancora ad oggi, negli anni venti del nuovo millennio, Morricone è divenuto uno stampo imprescindibile, una fonte dalla quale attingere nel proprio percorso. Tanti gli artisti internazionali che negli anni si sono accompagnati a cover del Maestro, da artisti impensabili come i Metallica, i Ramones, sino ai pop-rockers Muse e, infine, ai nostrani Calibro 35, all’interno del quale nel loro album omonimo del 2009 hanno reinterpretato magistralmente delle cover.

Ennio Morricone ha lasciato in custodia migliaia di meraviglie eufoniche, per ognuno di noi, per ogni frangente della nostra vita, tumultuosa, bizzarra, disperata, spericolata che sia, per ogni stato d’animo, funereo, amaro, esultante o magari pieno di rimpianti, un compositore che mi ha innestato sin da bambina la passione per la musica e per il cinema d’autore, a cui va, un’indefessa quanto imponente riconoscenza.

 
 
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