Un regalo immaginato

“Il preside” di Marco Lodoli (Einaudi)

7 Luglio 2020

Parcheggio di una Scuola Secondaria di I grado - 29/06/2020

Ho sempre cercato di essere cortese, di sorridere anche quando non ce n’era motivo, di scambiare due chiacchiere con tutti, ma ora, dopo tre anni di convivenza forzata, non ce n’è più bisogno.
Perché quei genitori che ora stanno discutendo tra loro - col SUV parcheggiato e con il motore acceso perché l'aria condizionata dell'auto continui a rinfrescare l'abitacolo - per decidere quale regalo fare ai professori che hanno accompagnato i nostri figli verso l’unica cosa che conta, ovvero la valutazione finale, mi sono sempre stati sul ca**o. Ma soprattutto mi sono sembrati sempre molto umili:
- «Mio figlio ha tutti 9»
- «Il mio tutti 10»
- «Il mio ha vinto anche il premio letterario»
- «Il mio sia i giochi matematici che sportivo dell'anno»
- «Il mio resuscita la gente»
- «Il mio ha creato cielo, terra, acque, piante, animali ed esseri umani»
- «Il mio uguale ma il settimo giorno non riposa»

Ho sempre evitato di interferire con chiunque lavorava in questa scuola nonostante molti avessero una visione opposta alla mia dell’istruzione pubblica, ma ora, dopo tre anni di convivenza forzata, non ce n’è più motivo.
Perché quei dirigenti e quei docenti che pensavano esclusivamente ai programmi scolastici, al buon nome dell’istituto, ai talenti, alla competizione con gli altri plessi, mi sono sempre sembrati miopi. Però, d’altra parte, per loro questo significava bei risultati, istituto prestigioso, grandi meriti…
Ma soprattutto mi sono sembrati sempre molto umili:
- «questa è una scuola di fascia alta»
- «chi esce da qui sarà guardato con un occhio di riguardo alle superiori»
- «qui vince il merito, la meritocrazia!»
- «noi cominciamo a formare la futura classe dirigente»

La regressione culturale del nostro tempo è un effetto dell’incapacità della mente di elaborare distinzioni critiche, di valutare in modo autonomo la propria esperienza, e di creare percorsi di soggettivazione fatti di differenze, di capacità e possibilità diverse. Invece il famoso e sbandierato “non lasciare indietro nessuno”, così come la solidarietà e l’empatia vengono distrutti continuamente dal culto della competizione.
Senza contare che così facendo si spreca la ricerca pedagogica che mostra come sia l’esatto opposto (la collaborazione, la solidarietà) a dare i migliori frutti in termini di apprendimento.
Che sia tutta questa competizione tra i genitori e tra i diversi plessi scolastici, che purtroppo viene trasmessa ai figli/studenti, che li fa diventare dei “competitor” ovvero puri contenitori meccanici di dati, dei controllori ortografici formali in gara tra loro, incapaci spesso di solidarietà ed empatia?

Vi racconto tutto questo perché, in quel parcheggio, un’idea per quel regalo da fare ai professori che hanno accompagnato i nostri figli verso l’unica cosa che conta ovvero la valutazione finale, io l’avevo avuta. Però in quel momento mi era sembrata un’idea arrogante e anche se non avevo più motivo di essere cortese, di sorridere anche quando non ce n’era motivo, di mantenere un rapporto cordiale, ho comunque mantenuto il mio consueto atteggiamento remissivo e me ne sono stato zitto.
Ma a voi lo posso dire, la mia idea regalo era un libro da poco uscito per Einaudi:

“Il Preside” di Marco Lodoli

Cosa succede quando a tenere in ostaggio una scuola non sono gli studenti in autogestione ma un preside che ci si è barricato dentro?
Marco Lodoli costruisce un personaggio, un preside appunto, che non accetta quella che tutti chiamano "normalità". Vorrebbe regalare il dubbio, la capacità di uno sguardo diverso, di osservare la pioggia ed emozionarsi. Trasmettere il fuoco dei pensieri e non la banalità del quotidiano.
Il romanzo è analisi spietata di una società e di conseguenza di una scuola non più a misura di uomo. Racconta il desiderio di non reprimere più quella voglia di urlare sottovoce, di dire in faccia a tutti ciò che si pensa. La voglia di esplorare quello che oggi viene pensato come folle, ovvero una visione diversa dell'insegnare: “oggi disimpariamo” farà scrivere questo preside sulle lavagne nelle aule.
Una battaglia destinata a scontrarsi con la visione dei suoi colleghi insegnanti, protesi a seguire le indicazioni dei programmi, animati dall’esclusivo convincimento che la scuola serva solo a determinare il ruolo che ogni studente svolgerà nella società.
Tra visioni immaginate e squarci di realtà, l’introspezione ritrova nel libro il suo spazio letterario. Un gesto solitario con l’aspirazione di scatenarne un uno collettivo, politico.
Utopico? Probabilmente sì, ma indispensabile. Oggi più che mai.

Da leggere e da regalare!

 
 

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