intervista a Mirko Crosato

HEY OH LET'S GO! :: No Submission

di Mirco Salvadori

6 Maggio 2020

Hey Oh Let's Go! E poi giù a perdifiato nella violenza del rumore voluto, nell'elettrico diluvio degli accordi in scalare, avvolti nella breve violenza delle strofe, nel conflitto voluto di corpi sudati e birre sputate, lì giù oltre i confini di un palco lucido di rabbia. Cosa rimane di tutto questo, dove hanno nascosto, forse sepolto, le regole del conflitto ora tramutato in ricordo. Esistono antichi nastri che magicamente riemergono dall'ombra del tempo, quelle piccole leggere strisce marrone che rappresentano una sorta di primitiva password capace di riattivare il suono dell'epoca e rimetterlo in circolo. Non appena i diffusori iniziano la loro opera, noi ascoltatori togliamo i panni che lo scorrere delle stagioni ci ha donato e con insperata capacità atletica ci tuffiamo nuovamente in quel riesumato irrequieto fervore convinti che no, non esiste sottomissione. E' successo così anche con i Borstal tramutatisi poi in No Submission, il cui archivio sonoro è risalito dalle profondità del tempo con una serie di tracce contenute in demotape indimenticati ma lasciati a testimoniare una militanza a dir il vero mai abbandonata. 1979/1981, una manciata di anni sono bastati a questa band per riuscire a diffondere l'italico verbo punk. Lo ha fatto con un vinile che appartiene agli ascolti storici, quel Challenge condiviso con i Mercenary God e i No Suicide, che rimane una testimonianza importante del periodo. Lie On The Ground esce ora per la Big Star Rolling, al pari dei NS label anch'essa trevigiana dedita al mai stampato e diffuso suono ruvido degli anni '70. Il contenuto sonoro è ovviamente e rigorosamente punk e meravigliosamente rough, un wall of sound che farà versare la lacrima di commozione canonica a coloro che, in quel periodo, pogavano sotto palco. Decisamente interessante il booklet contenente molti documenti fotografici del tempo che da soli basterebbero a spiegare cosa successe nei club o nelle chiese sconsacrate scelte quali luoghi di aggregazione per festival punk in una terra del nord-est, democristiana fin dentro le ossa. Un piccolo appunto va mosso al redattore della presentazione che cita, senz'altro a insaputa del giornalista in questione, Claudio Sorge come fondatore di Rockerilla quando lo storico mensile di Cairo Montenotte uscì con il primo numero nel l'Ottobre del 1978 con la redazione formata da Mauro Alfei, Beppe Badino, Mariano Basano, Sandro Priarone, Mauro Rota e Paolo Tessore, direttore responsabile Gian Paolo Carlini. Mario Rivera entrò in redazione un anno dopo e successivamente diresse Rockerilla dal 2002 al 2017, seguito successivamente dalla figlia Isabella Rivera. Sorge entrò come collaboratore con l'uscita del numero 2 della rivista e come socio solo anni dopo. Sempre meglio essere precisi quando si parla di pubblicazioni storiche che da sempre si occupano di musica indipendente e senza nulla togliere alla taratura del giornalista citato, sia ben chiaro. Un altro capitolo del risorgimento punk italico è stato rivelato su vinile, la testimonianza di un mondo che per molti anni ancora sarebbe riuscito a rivelarsi esplosivo avamposto di innovazione artistica ora dimenticata.

NO SUBMISSIONLie On The Ground 1978/1981
Big Star Rolling


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"Facciamo dell'attività sovversiva, come tu hai detto, da almeno dieci-dodici anni. è dal 1976 che abbiamo formato questa band: i crass non sono però solo un gruppo musicale. facciamo dei dischi, questo sì, perché la musica è uno dei mezzi di espressione che vogliamo adoperare per far conoscere alla gente le nostre idee, per fare dei discorsi, per arrivare alla discussione con chi ci ascolta. non siamo però convinti di fare dei dischi normali, voglio dire, da ascoltare e canticchiare. non è nelle nostre intenzioni. la musica, ecco, è solo un pretesto, se vuoi". Questo era Phil Free dei Crass intervistato da Marco Pandin a metà anni '80. Iniziamo da qui, chi eravate e quali erano le vostre intenzioni in quei lontani anni che segnavano la fine dei '70.

Probabilmente il nostro obbiettivo era letteralmente rompere, evadere da uno schema di usi e costumi inquadrato e provinciale come quello della nostra città, Treviso, da sempre molto borghese e conservatrice come del resto tutto il nordest, ma da noi, in quanto città ricca e tendenzialmente democristiana anche di più, e proprio per questo refrattaria a tutto ciò che andasse controcorrente, che fosse diverso, come anche la musica. A Treviso la tradizione sonora è soprattutto jazz e blues e anche per questo fare punk rock ci creò non pochi problemi, sia per suonare anche solo al festival dell’unità che esibirci in qualche locale, dove il più delle volte finiva in rissa con i presenti, offesi dalla nostra musica. Devo dire che noi, essendo molto giovani e impulsivi e quindi poco bendisposti alle critiche per partito preso non facevamo niente per calmare le acque…

Come se la passava chi non riconosceva la santa trinità casa-chiesa-scuola nel profondo Nord-Est di quegli anni?

Avevamo raccolto un gruppetto di fedelissimi e insieme si andava spesso nelle grandi città a comprare dischi, visto che a TV nell’unico negozio che c’era non arrivava quasi niente, oppure a vedere i concerti dei primi nomi che arrivavano in Italia come Ramones, Damned e Siouxie. Appena potevo permettermelo andavo a Londra (le prime due volte in treno perché costava poco, 27 ore di viaggio!) a comprare dischi nei mercatini di Portobello e Camden e a imparare come si stava sul palco.

Prima dell'invasione punk nei tuoi ascolti, che suoni giravano nella tua stanza?

Sono sempre stato un fan dei Beatles e lo sono tuttora e poi una cugina più vecchia che aveva le idee chiare mi fece conoscere Bowie, Stooges e progressive.

Classicone di domanda: il tuo primo disco punk.

Avevo 15 anni e a un festino stupidino a base di disco music qualcuno mise sul piatto “Holidays in the sun” e “Blitzkrieg bop” perché andavano di moda, il giorno dopo ho comprato “Never mind the bollocks”. Come vedi sono partito bene!

Zero sottomissione, creiamo una band! In molti hanno seguito questo impulso senza minimamente saper suonare. Come sono nati i No Submission, avevate qualche nozione di tecnica musicale?

No Submission sono nati come Borstal nel 1978 ed eravamo in due, io e il mio compagno di scuola Enzo Procopio e ancora non avevamo nemmeno deciso che strumento suonare. Da giovinetti avevamo entrambi studiato pianoforte ma non era uno suono previsto nel genere che avevamo in mente quindi decidemmo che Enzo sarebbe stato il chitarrista e io il batterista, questo sulla carta, dato che gli strumenti veri e propri vennero qualche mese dopo.

Veloce storia dei NS con nomi e cognomi, ci stai?

Quindi io e Enzo siamo stati i fondatori della band, poi, verso la fine del 78 grazie a un programma radiofonico che conducevo, ovviamente di punk, conoscemmo Mauro Dal Pos da Conegliano amante del genere nonché bassista, a quel punto mancava solo il cantante e per trovarlo pubblicammo un annuncio su “La Pulce” e “Ciao 2001” grazie al quale si presentò Lucio Cocco, un sardo fricchettone dai capelli lunghissimi che ci confessò di non saper cantare ma di essere un buon batterista, così è grazie a lui che io sono diventato cantante! Nel febbraio 1980 purtroppo perdemmo Mauro e giunse Diego Negrello, bassista molto stile Dee Dee Ramone, Borstal diventarono No Submission e venne un periodo di concerti piuttosto intenso, Lucio dovette seguire la famiglia all’estero e alla batteria subentrò Gianni Terrano, batterista poderoso stile Sex Pistols e fu il periodo migliore della band, culminato con la pubblicazione di "Challenge", storico album del 1981

Quale è stata la vostra progressione, chiamiamola professionale con un termine per nulla corretto. Dalla formazione al primo concerto. Avevate dei riferimenti, delle band da seguire e con quale stato d'animo vi siete presentati sul palco e che significava stare sopra un palco in quei tempi, quale il rapporto che si formava con il pubblico che presumo si autodistruggeva sotto di voi. Eravate consci di ciò che stavate facendo, della portata 'distruttiva' del vostro suono?

La crescita del gruppo è stata piuttosto rapida, dal momento in cui la formazione si è stabilizzata abbiamo cominciato a suonare dal vivo spesso, magari infiltrandoci in situazioni non proprio adatte al nostro sound tipo le discoteche della zona, d’altra parte non è che dalle nostre parti ci fossero locali più idonei e quelli che ci facevano suonare erano convinti che facessimo rock oppure ci ingaggiavano perché per un certo periodo il punk andò di moda ma se ne pentivano presto. Il più delle volte eravamo visti come dei profanatori e un po' lo eravamo, dato che abbiamo suonato anche in una chiesa sconsacrata (la stessa del mitico primo punk festival italiano) e in un collegio dei Salesiani. All’inizio avevamo in repertorio anche delle cover dei Sex Pistols e dei Ramones ma abbiamo iniziato presto a comporre musica propria, il nostro stile comunque è sempre stato punk inglese. Riuscire a suonare live era comunque una sfida e questo inevitabilmente si rifletteva sul nostro atteggiamento sul palco, aggressivo e provocatore, allo stesso tempo eravamo molto convinti di ciò che facevamo e del nostro potenziale associati a una idea inconscia di cambiamento radicale, distruggere per cambiare, in definitiva.

Chi altro diffondeva minacce sonore nel consacrato Nord-Est di quei tempi?

Non avevamo molti rapporti con altre band anche perché nella nostra provincia siampo stati gli unici per molto tempo, ricordo che avevamo un buon rapporto con una punk band del veneziano, i Wops, e suonavamo spesso con i nostri compagni e amici Mercenary God e i No Suicide, entrambi friulani.

Chiedo a Enzo Procopio in quanto principale organizzatore del famoso festival. Chiese sconsacrate e festival punk... a Treviso! Troppo curioso, parlacene.

Molto semplice, si trattò di una soluzione ad un problema logistico. Erano anni in cui non c’erano molti luoghi dove poter organizzare un concerto al coperto. A 19 anni soldi in tasca per affittare strutture private men che meno. Abbiamo chiesto al Comune di TV se ci dava gratuitamente uno spazio dove organizzare un concerto, tralasciando opportunamente le informazioni su genere musicale dell’evento. Ci aiutarono e proposero un paio di possibilità. Tra queste la Chiesa sconsacrata di San Teonisto in centro a Treviso. Quale location migliore per un festival punk? Non ci pensammo due volte e fu così che il primo festival punk italiano si tenne all’interno di una chiesa. Le band suonarono nello spazio rialzato dove un tempo si trovava l’altare. Chiesa piena come un uovo e riverbero a chili. Fu fantastico!

Il punk classico ha degli schemi rigidi, viaggia a scale, che tipo di testi inserivi tra un gradino e l'altro?

I miei testi all’inizio erano molto scarni e piuttosto estremi, nel più classico stile punk e perfetti per una musica altrettanto scarna e diretta come quella che proponevamo nei primi tempi ma ho iniziato presto a virare verso veri e propri racconti e descrizioni oniriche di pari passo con l’evoluzione del nostro sound, basta andare ai brani di Challenge per rendersene conto, brani lunghi ben più di 4 minuti e testi complicati come quelli di The Degradated Man e Beyond The End.

L'approdo naturale di ogni band è il disco, per voi è stato uno split che è divenuto un'icona della generazione punk italiana, il famoso Challenge. Parlacene.

L’idea è venuta da Claudio Sorge. Lui e Marco Melzi hanno fondato la Bootleg Records e ci hanno offerto una occasione unica per quei tempi. Challenge è stato una esperienza bellissima, noi eravamo al top, il suono che abbiamo espresso in quei brani ancora adesso mi inorgoglisce e le altre due band non furono da meno, io ho curato la copertina e la grafica e ho dato il nome all’album e ne vado fiero. Challenge è a tutti gli effetti una pietra miliare del punk italiano e musicalmente parlando è il capolavoro di tutti coloro che vi hanno preso parte.

A distanza di quasi quarant'anni esce la raccolta Lie On The Ground. Cosa è successo?

Da tempo la Big Star Rolling di Alessandro Pizzolato mi chiedeva di mettere su vinile il materiale inedito dei No Submission pre Challenge, e dico pre perché con Challenge la band completò la sua evoluzione dalla quale poco dopo nasceranno i WaxHeroes, ma questa è un’altra storia. Lo spunto decisivo probabilmente è stato il libro dei F.lli Gilardino del 2018 dove i No Submission vengono celebrati in grande stile, così ho deciso di ricostituire il gruppo coinvolgendo Enzo Procopio e Diego Negrello e con la valida collaborazione dei Magz, punk band di Tv, intanto ho cominciato a lavorare al recupero del materiale inedito, un lavoraccio, se pensiamo che si parla di registrazioni su cassetta e quasi sempre in sala prove… ma il risultato al di là dell’aspetto tecnico  è comunque buono perché è una testimonianza molto realistica di quegli anni e di come  eravamo.

Che risposta avete avuto? Esiste ancora l'audience punk di quei tempi e, sopratutto, secondo te la disicplina punk è ancora diffusa tra i giovani o è stata soppiantata dall'ondata rave con il conseguente travaso di ascolti nel suono techno o, più tragicamente, tutto è imploso in un consumo incontrollato di mp3 inascoltabili.

Ho sempre pensato che l’anima punk sia ben salda in molti, indipendentemente dall’età. E’ un modo di vedere le cose diretto e seminale, in qualsiasi contesto o situazione. Per questo penso che parlare di punk riferito solo ad un genere musicale sia riduttivo. Si può dire che sia quasi una filosofia e il punk rock ne è la colonna sonora, quindi l’audience punk esisterà sempre perché semplicemente non è più una moda. La risposta di pubblico è stata quasi imbarazzante, siamo riusciti a esibirci due volte, a Treviso e a Roma prima del lockdown e abbiamo fatto il pieno, il disco è richiestissimo e tutti, a partire dalla stampa specializzata ne parlano benissimo. Peccato per la chiusura, ma ci rifaremo. Se siamo arrivati fino a qui…!

No Submission · I Wanna Destroy

Siamo nel secondo decennio del nuovo secolo, tutto è cambiato ma so che esiste uno zoccolo duro - e agé - che non molla e rimane ancorato all'epoca. Tu pensi di farne parte e se si, come lo coniughi con gli enormi cambiamenti sociali avvenuti nel corso di questi quarant'anni in fatto di libertà espressiva comunque più diffusa e con l'avvento di nuove modalità legate alla divulgazione della, un tempo chiamata, controcultura.

Non posso dire di essere legato ad un’epoca perché mi sono sempre sentito in evoluzione sia artistica che di pensiero, di sicuro le mie radici punk sono ben salde  dato che suonare nuovamente con i No Submission mi piace moltissimo anche perché a differenza dei miei altri progetti musicali dove suono più strumenti qui canto e basta!

Penso comunque che proprio l’evoluzione esponenziale della divulgazione di massa sia in qualche modo nemica della controcultura perché tutto è sempre più veloce, i mezzi di comunicazione in continua evoluzione macinano e sputano tutto sempre più freneticamente e questo favorisce la superficialità, la culturetta nozionistica, non consente di fermarsi a riflettere su ciò che succede intorno a noi perché domani viene sempre più presto.

Tutto è stato ingoiato e risputato sul mercato dalla feroce macchina del mainstream. Esistono secondo te nuove band che possono realmente rappresentare quel seme di rivolta piantato e fiorito nel vasto e lontano podere punk tra gli anni 70/80?

Quasi quasi direi di no ma semplicemente perché sono cambiate tante cose, la contestazione attraverso la musica si esprime con altri stili che però non mi appartengono e nemmeno mi piacciono poi molto, ma non si può mai sapere. E’ una questione di corsi e ricorsi.

Mirko Crosato, punk americano o inglese?

Tendenzialmente british perché da sempre mi piace il sound inglese in genere ma è anche vero che tra le mie band preferite ci sono The Saints di Chris Bailey (australiani) e gli americani Dead Boys, Germs e ovviamente Ramones. Parlando di punk 77, ovviamente.

Dei Wax Heroes ne riparleremo magari in un'altra puntata anche se mi spiace non entrare in contatto anche con quei ricordi a me carissimi. Una battuta veloce riesci a farcela?

Wax Heroes stanno tornando, stiamo registrando il nuovo album con materiale nuovo e brani dell’epoca ripresi. Saremo ancora io e Enzo, con una seconda chitarra e un nuovo batterista più qualche ospite a sorpresa. Poi uscirà un mio progetto solista più articolato e cantato in italiano, è già pronto ma preferisco aspettare un po'.

Programmi post clausura batterica ne abbiamo?

Una serie di concerti dei No Submission era già in programma per la presentazione dell’album e ti giuro che la faremo, non intendiamo rinunciarci, anche se temo se ne riparlerà nel 2021.

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