Musica nelle V3IN

Intervista a Francesco Pellegrino, artista padovano sul suo EP d’esordio "Off Shore"

7 Maggio 2020

Francesco Pellegrino, in arte V3inoff, è un artista padovano classe 2001. Parte della CSM020, il suo rap racchiude più sfaccettature di stile. La sua voce tende sempre a fondersi, quasi fosse liquida, con la melodia, come acqua in un recipiente. Il risultato è una musica coerente nelle sue parti, ascoltabile nel suo insieme e che permette anche di concentrarsi solo sul testo o, volendo, solo sulla base.

In dicembre è uscito il suo EP d’esordio: Off Shore, che significa “al largo”. Che V3inoff voglia prendere il largo? Ho provato ad estrapolargli delle risposte.

V3in, come nasce?

Faccio musica da quando avevo 5 anni, ho fatto 4 anni di conservatorio e 3 di pianoforte prima. Vivo perennemente con la musica, non mi lascia mai. Come il sangue, mi scorre nelle vene. Da qui V3in! Poi Instagram non me l’accettava, perciò ho messo l’off di official e tutti hanno cominciato a chiamarmi V3inoff [ride]. Da lì in poi mettevo delle volte V3in, quando ero più cattivello, e altre V3inoff, quando ero più dolce. Dopodiché la mia musica ha preso una via più dolce ed ho tenuto V3inoff.

Come hai iniziato?

All’inizio facevo musica dura. Ho cominciato facendo quella, come tutti, del resto, facendo freestyle. Quindi le prime canzoni erano contro un ipotetico qualcuno, quando in realtà questo non esisteva. Poi sono successe un po’ di cose ed ho cominciato a mettere nella musica quello che avevo nello stomaco e mi sono accorto che se sono cattivo e insulto qualcuno è perché non ho niente da dire, sono un personaggio. Se faccio un pezzo cattivo ora è solo per divertirmi, non ci metto propriamente me stesso. Quando invece faccio un pezzo d’amore, per esempio, dico solo cose mie.

Quindi è scrivendo, cantando, che hai capito che musica ti appartiene di più?

Sono sempre stato una persona legata ai sentimenti, più di quanto possa sembrare; chi non mi conosce vede solo un lato di me, quello scherzoso, leggero, quando in realtà tengo molto a ciò che le persone provano, proprio a livello empatico. C’è stato un momento in particolare, poco prima di una rottura di una mia relazione, in cui ho capito su che tipo di musica dovevo virare se volevo metterci veramente me stesso; volevo esprimere le mie emozioni nelle canzoni ma non riuscivo a trovare le parole, forse perché ciò che provavo non era ancora abbastanza forte da essere espresso; quando mi sono reso conto che la relazione stava finendo è stato tutto talmente forte da esplodere in una canzone. Si era aperto il lucchetto, e quindi ho cominciato.

Il tuo approccio alla scrittura è quindi più di testa o di pancia?

È di polmoni. Scrivo per prendere aria. Quando scrivo è perché mi sento soffocato, hai presente quando trattieni il respiro e ti senti tutto compresso? Sono in una stanza di fumo con una cappa allucinante che mi pesa addosso, e quando scrivo finalmente respiro, come se andassi in montagna. È sì pensato, ma è soprattutto uno sfogo. È strano perché scrivendo torno anche a momenti brutti passati e ci sto male. Cerco di scrivere quello che mi vedo in testa. Generalmente, scrivo da triste. Non riascolto le canzoni quando, se, escono, perché poi torno alla tristezza di quando scrivevo. Dopo che escono i pezzi sono vostri, per me è concluso. Certo, nascono personali, ma una volta finiti sento il bisogno di non averli più miei. Mi interessa che dandovi la mia musica questa tocchi, ancora prima che piaccia. Non mi interessa cosa provochi, basta che smuova qualcosa, qualsiasi cosa. Quando è uscito il disco è questo che ho sperato maggiormente. Magari qualcuno si ritrova in ciò che dico, nel bene o nel male, e ci si riflette. Mi piace pensare che la mia musica provochi anche emozioni negative in chi ascolta, perché per me la tristezza è un sentimento bellissimo, è quello che poi ti fa sentire meglio.

In Ikea, seconda traccia dell’EP, V3inoff comincia dicendo: «Al limite tra amore e psichiatria, c’è la faccia mia». Mi sono più volte interrogato su quel limite.

C’è un filo sottilissimo tra l’amare una persona in modo normale e in modo esagerato; ingigantendo i sentimenti si diventa pazzi. Certi sentimenti, certi stati d’animo nella mia vita mi hanno fatto veramente uscire di testa, mi chiedevo se fossi veramente io. Sono fatto così, un mio grande difetto è la gelosia, ha corroso una mia relazione quando è stata amplificata talmente tanto che ha spezzato quel filo, e mi ha portato a diventare pazzo. Per questo, al limite tra amore e psichiatria, c’è la faccia mia. È il fatto che l’amore può diventare una malattia mentale. Ti prende, ti intorpidisce il cuore, cosa che odio ma amo. Secondo me è l’unico sentimento che ti apre dentro e ti fa vedere come sei fatto davvero. Poi ovvio che si debba essere razionali; nella mia vita ho sempre cercato di esserlo, di far rientrare quello schizzo di amore-psichiatria. Come per esempio in studio c’è una lucetta che si accende se la voce è troppo alta rispetto alla base. È uno strumento che normalizza le sequenze, è la razionalità nella musica. Bisogna trovare quel punto in cui si è se stessi senza farsi niente di nocivo. 

Cosa vedi nel tuo futuro?

Solo musica, vedo solo musica. Pensare, scrivere e musica. È per questo che voglio fare lettere o filosofia all’università, per pensare, pensare moltissimo, leggere quello che altri hanno pensato e pensarci. Voglio trasformare i miei pensieri, la mia tristezza, tutto ciò che è mio in sostanza, in un utile, in musica. E quando ho finito di scriverla, diventa affare vostro.

 
 
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