"Il Priorato dell'Albero delle Arance" o della rinnovazione del fantasy

Recensione del libro di Samantha Shannon

28 Aprile 2020

Ci sono generi letterari difficili, complessi da narrare, e forse quasi impossibili da innovare. Uno di questi è per eccellenza il fantasy, quello epico in primis. Per chi fosse totalmente a digiuno sul tema, basta che pensi a Tolkien con Il signore degli anelli, o ancora, per gli ultimi trent’anni, a nomi come Terry Pratchett e G.R.R. Martin. Fino a giungere ad ora con Samantha Shannon.

Nel suo Il priorato dell'albero delle arance la Shannon, neanche 30enne scrittrice, riesce nell’impresa. Dopo essersi dedicata a romanzi distopici, è uscita mesi fa con questo corposo romanzo in cui riprende e reinventa elementi tipici del genere, quali i draghi, gli scontri fra regni e civiltà, maghi e dei. L'autrice stessa lo definisce una rilettura femminista del mito di San Giorgio e il drago ed è proprio questo qui l'elemento di grande novità: il femminismo. Ci troviamo, infatti, di fronte a principesse che non aspettano di essere salvate, un gineceo di donne forti capaci di mutare il proprio destino e quello del mondo, come nella nostra realtà in fin dei conti. Ma ci sono anche donne che soffrono il peso delle proprie responsabilità, schiacciate fra i doveri e i compiti che accompagnano il potere, ambizioni, desideri e gli amori che ogni persona coltiva nel proprio io a stratificare la narrazione. Insomma, donne che non si rassegnano ad essere o madri o mogli o amanti. Siamo bel lontani da Tolkien, in cui in tutto Il signore degli anelli, vi ricordo, non appaiono mai due donne che parlano fra loro.

Samantha Shannon in questo volume di 800 pagine, portato in Italia dalla Mondadori nella collana Oscar fantastica, e con la traduzione di Benedetta Gallo, inverte la rotta del genere letterario.

Un Wyrm gigantesco, detto il Senza Nome, come nemico che diffonde con le sue armate la peste draconiana, regnanti incapaci di riconoscere il pericolo perché annebbiati dalle proprie brame o dalla propria religione, anime magiche che si scontrano tra draghi d'acqua e Wyrm di fuoco: un mix in cui l'incapacità di riconoscere in pienezza il pericolo che minaccia il mondo da parte delle protagoniste e l’alterazione della percezione dei personaggi rende il tutto molto credibile, poiché nessuna figura appare come un messia o un portatore di verità assoluta come succede al Gandalf di tolkeniana memoria.

In questo caleidoscopio di eventi il lettore viene via via sballottato principalmente fra Oriente e Occidente, tant'è che, va detto, l'inizio del romanzo prevedo un po’ di sforzo per non perdersi fra i molti personaggi dai nomi alle volte impronunciabili. La Shannon, ad ogni modo, realizza un gran lavoro nel caratterizzare le due civiltà principali: una, quella occidentale, molto simile al medioevo europeo e schiacciata fra dogmi religiosi, superstizione, credenze influenzate dai potenti e l’altra, quella orientale, che è un mix up fra Giappone e Cina ai tempi del feudalesimo. Tutto quello che veniamo a sapere di questi regni lo apprendiamo dalla voce stessa dei personaggi attraverso favole, canti e leggende narrate attorno al fuoco man mano che la storia si dipana Il romanzo. Il romanzo è dunque privo delle classiche lunghe pagine o appendici che nei romanzi fantasy spesso spezzano la narrazione per permettere agli autori la confezione del World building e in tal modo la Shannon modifica anche in questa maniera il classico stilema organizzativo delle saghe fantasy.  

Che cerchiate cavalieri che caricano vessilli al vento, intrighi tra cortigiani, uno scontro tra il bene e il male, tra dogma ed eresia, quindi, possiamo affermare con ragionevole certezza che vi troverete presto immersi nella storia fino a divorarne il testo.

Se si vogliono, invece, individuare due critiche, non tanto nella storia ma di gusto personale, posso dirvi che il finale manca dell'epicità che era stata costruita durante tutto il romanzo e che risulta in parte vagamente aperto. Scelta forse dettata per lasciare spazio a possibili sequel, eventualità che sconsiglierei all’autrice dato che abbiamo visto già troppi romanzi fantasy rovinati da una serie di sequel o prequel quasi senza senso (si veda Cristopher Paolini o La saga del Mondo Emerso di Licia Troisi) L’altra critica, o meglio un appunto per chi si accinge a leggerlo, riguarda i personaggi maschili. Ne escono un po' tutti schiacciati, scelta per altro coraggiosa da parte dell'autrice e che mi sento anche di condividere, e con un solo personaggio maschile che spicca, almeno a mio dire, ma di cui non vi dirò nulla onde rovinarvi sorprese.

Aspettiamo, dunque, con ben riposta curiosità sia la prossima opera della Samantha Shannon sia di vedere quale impatto avrà questo romanzo sulla generazione contemporanea di autrici e anche sugli autori del filone. Il fantasy è morto lunga vita al fantasy!

 
 
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