"4321" e il magico mondo di Paul Auster

La recensione del romanzo

20 Aprile 2020

Photo credit: BBC World Service

Ci sono personaggi che ti si incollano addosso, che non riesci a scrollarti via perché li senti così vicini che diventano parte di te. Un paio d’anni fa ho letto 4321 di Paul Auster: ne rimasi ammaliata, ripensai a quella storia per mesi anche dopo averlo finito. E ancora mi porto dentro Archie Ferguson, il personaggio che mi fece innamorare.

Negli ultimi anni ho letto molto di Auster, probabilmente alla ricerca di quello che mi aveva lasciato 4321. Non ho però mai ritrovato quelle sensazioni, quella vicinanza alla storia, quel senso di profonda immedesimazione nel protagonista, nei suo pensieri, nei suoi sogni. I libri precedenti sono onirici, e sfuggenti, il lettore viene trascinato in continui giochi metanarrativi sullo sfondo delle strade di New York.

D’altronde, lo stesso Auster afferma che «l'influenza più grande sulle mie opere sono state le fiabe. Si tratta di narrazioni spoglie, scarne, narrazioni in gran parte prive di dettagli, tuttavia enormi quantità di informazioni vengono trasmesse in uno spazio molto breve, con pochissime parole. Quel che le fiabe dimostrano, credo, è che è il lettore - o l'ascoltatore - che in realtà racconta la storia a sé stesso.». Ben si adattano infatti a questa descrizione personaggi e vicende, ad esempio, della Trilogia di New York, in cui i vari Brown, Blue e Black si rincorrono in un’atmosfera vaga ed alienante. Storie che lasciano disorientati, queste.

4321 si discosta invece da questi schemi, e forse proprio per questo ha scatenato pareri discordanti. Troppo lungo (effettivamente il tomo conta quasi 1000 pagine, lo scrittore ha deciso di lasciare da parte la solita concisione e di creare il suo personale grande romanzo americano), prolisso, superficiale, ripetitivo.

Dove sta allora la magia del romanzo?
Prima di tutto nella struttura: Paul Auster non racconta una storia, ne racconta quattro. Sono quattro versioni diverse della vita di Archie Ferguson, nato a Newark da figli di immigrati dell’Europa dell’Est. Questo è il punto di partenza, da cui si diramano quattro possibili vite, in una sorta di Bildungsroman quadruplicato. Ci sono quattro madri e quattro padri, e a seconda di come vanno le cose tra di loro la vita di Archie prende strade completamente diverse. Quattro sono anche le Amy, l’intelligente e spavalda amica o ragazza, in un’altra vita cugina o, ancora, sorellastra di Archie di cui lui è pazzamente innamorato.

Auster riesce, poi, a far vivere i luoghi, a trasportare il lettore al fianco dei personaggi in ogni loro vicenda. Ecco allora che senza accorgersene ci si ritrova seduti sul divano con tutta la famiglia Ferguson davanti alla televisione per l’elezione di Kennedy, o con un Archie impegnato nella cronaca delle rivolte studentesche del ‘68, o, ancora, ad osservarlo nella sua camera in affitto a Parigi mentre traduce poesie di Apollinaire e Rimbaud.

Conoscere Archie inoltre vuol dire conoscere lo stesso scrittore: i riferimenti autobiografici sono continui, dall’incidente mortale al camp estivo che uccide uno dei quattro Archie (un amico d’infanzia dell’autore era morto così), ai vari soggiorni in Francia, alla passione per la scrittura.

«Quale persona sana di mente avrebbe mai potuto sostenere che la vita ha senso?», pensa Archie. Alla fine, 4321 è un romanzo sulla casualità della vita. Un libro tutto da scoprire, in ogni sua storia, in ogni suo incastro.



Autore: Paul Auster, nato a Newark alla fine degli anni ’40, è conosciuto in tutto il mondo grazie ai suoi romanzi, tra cui Trilogia di New York e Follie di Brooklyn.

Traduzione: Cristiana Mendella

Casa editrice: Einaudi

 
 
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