La bellezza della vecchiezza

guardare all’approccio senile

3 Aprile 2020

«Per quanto paradossale possa sembrare, occorre un approccio senile all’immaginazione del futuro»

Franco Berardi “Bifo” da Futurabilità

Su facebook sta girando una catena nella quale si pubblica una propria foto da “under 20” e si commenta “sfida accettata”. La prima cosa che si deduce da questo è che FB è frequentato soprattutto da persone non più giovanissime, la seconda è che la giovinezza, almeno guardandola a distanza, è bellissima. Essendo un “disertore” nato, la sfida per me è diventata parlare della “bellezza della vecchiezza”.

 

Gli anziani sono attualmente la categoria di popolazione maggiormente colpita dal nuovo corona virus. Le case di riposo diventano focolai che difficilmente danno scampo, le terapie intensive sono piene di over 65, il bollettino giornaliero continua a raccontarci che questo maledetto virus uccide soprattutto gli anziani. A volte sembra addirittura che quel ritornello 'per fortuna muoiono solo i vecchi' ce lo dicano per consolarci , ma chiunque abbia un genitore, un nonno/a, un suocero/a, non si consola affatto. Nonostante l’accanimento nei loro confronti del Covid19, e talvolta anche dei media, mi sembra siano quelli che stanno affrontando questo brutto periodo con maggiore tranquillità. Forse perché hanno già visto molto, non hanno dimenticato niente e ricordano che ne hanno passate tante e di peggio.

Qualche giorno fa, parlando al telefono con mio padre, ho recepito qualcosa di vagamente accusatorio tra le parole che mi ha detto:«mi preoccupo soprattutto per chi non mai vissuto grosse difficoltà, per chi non mai lottato, per la generazione di mezz’età, cresciuta in un benessere che non potrà essere più lo stesso». La speranza invece la rivolgeva ai più giovani: «forse hanno capito che non si può andare avanti così e sembra abbiano voglia di cambiare le cose». Insomma mi è sembrato preoccupato per i figli, e speranzoso per i nipoti. Ci ho pensato parecchio e ho paura di essere d’accordo con lui.

In questi difficili giorni la mia empatia con gli anziani è cresciuta molto, non solo per via del virus, ma anche grazie ad un programma di Rai3 che, a causa della reclusione forzata, mi è capitato di guardare in televisione. Si chiama “Non ho l’età” (https://www.raiplay.it/programmi/nonholeta/) e ci mostra in modo dolcissimo l’amore over ‘70. E poi, cosa non secondaria, accompagna il racconto di questi vecchi romantici con musiche bellissime. Nelle poche puntate viste ho ascoltato: Sigur Ros, Joy Division, Nick Drake, Jesus& Mary Chain, Olafur Arnalds, Xiu Xiu… e molti altri.

 

La popolazione senile in queste storie sembra essere portatrice di una predisposizione dello spirito, di un ritmo che mi sembra possa insegnare molto al mondo che verrà. Da loro impariamo la lentezza sensuale di coloro che dalla vita non si aspettano più molto, ma sono portatori della saggezza di chi sa godere del poco che resta. E in più, raccontando il loro amore, disvelano quella memoria indispensabile per guardare consapevolmente al nuovo.

La generazione senile può essere il soggetto che c’insegna, avendo conosciuto la scarsità, che l’idea dell’abbondanza, della crescita illimitata, è una tragico tranello, che la competizione aggressiva non porta ricchezza ma solamente penuria. Carenza dmondo naturale e dell’elemento più prezioso: il tempo di vita.

Ascoltiamo i nostri vecchi, ne abbiamo un gran bisogno.

 

invano bussano alla porta della poesia le persone che sono nel pieno di loro stessi”.

Platone e Aristotele

 
 

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