Sherwood racconta... La notte degli Oscar 2020

Gli Academy Awards visti da Sherwood

11 Febbraio 2020

Correva l'anno1929. Wall Street si accingeva a conoscere uno dei crolli finanziari più eclatanti della nostra storia; Popeye (“Braccio di Ferro”) faceva la sua prima apparizione in una striscia a fumetti sul quotidiano Thimble Theatre; Alexander Fleming mette un macigno evolutivo sul progresso medico presentando i suoi risultati riguardanti la penicillina.
Questi sono solo alcuni degli eventi che resero il 1929 un anno cruciale per la nostra storia. Già, solo alcuni, perché quello che più interessa in questa sede, è che il 16 maggio del 1929 venne inaugurata la prima premiazione cinematografica della storia, l'Academy Award, da noi meglio conosciuto come il Premio Oscar! L'onoreficenza è considerata senza alcun dubbio il più prestigioso titolo cinematografico, che viene conferito annualmente a coloro che vengono giudicati meritevoli di tale premio dall'Academy of Motion Picture Arts and Science.

Sono passate novantadue edizioni da quel momento storico, e centinaia di illustri personaggi del mondo del cinema si sono susseguiti anno dopo anno per ottenere quella piccola statuetta dorata che, solo a vederla, è in grado di trasmettere un senso di epicità e maestosità degne di quel capolavoro artistico che è il cinema hollywoodiano.
Già, perché da ormai poco meno di un secolo è proprio la cornice hollywoodiana che sovrasta imperante ogni altra immagine durante questo giorno speciale. Non una cornice intesa come sito geografico nel quale si svolgono le premiazioni, ma come realtà che in modo estremamente tangibile si materializza all'interno del Dolby Theatre. Un mondo sfarzoso, altisonante, con abiti di gala e il profumo dei dollari tra le tasche degli ospiti. Insomma, la crème de la crème. Per noi esseri comuni, vivere un'esperienza come la Premiazione degli Oscar, sarebbe un po' come immergersi in un grande e lussuoso zoo che, al posto di contenere animali, contiene stars! Tutti i migliori esponenti del cinema hollywoodiano, ma non solo, una volta all'anno si ritrovano nello stesso luogo per celebrare quello che per il cinema mondiale è l'Evento degli Eventi. E quest'anno ve lo vogliamo raccontare.

Già dai giorni precedenti, una cosa era chiara a tutti. I pronostici sono stati differenti e non concordi in quasi tutte le categorie. E questo è essenzialmente un bene per lo spettacolo, poiché la suspance è senza alcun dubbio uno degli elementi fondamentali del Grande schermo, e di conseguenza della premiazione ad esso dedicata. A contendersi i premi più ambiti partivano, più o meno alla pari, un numero sostanziale di pellicole: tra queste 1917 di Sam Mendes, riproduzione storica di come la Prima Guerra mondiale fu vissuta nei suoi più angosciosi dettagli; Joker di Todd Phillips, il racconto toccante e drammatico di come il più amato tra le nemesi di Batman è diventato il super criminale che tutti conosciamo; Once upon a Time.. in Hollywood di Quentin Tarantino, uno spaccato di vita riguardante la realtà hollywoodiana negli anni '60; e poi ancora Parasite di Bong Joon-Ho, un thriller drama che a tratti si maschera da commedia, dagli scenari cupi ma estremamente evocativi e intellettuali; e ancora, The Irishman di Martin Scorsese, storia di mafia made in Usa riguardante la vita del sindacalista Frank Sheeran; infine JoJo Rabbit di Taika Waititi, commedia nera che mostra la tematica del nazismo sotto una luce alternativa. Senza nulla togliere ai titoli non citati, un quadro di questo tipo è sufficiente per lasciar intendere il livello di competizione, se di competizione si può parlare, che ci si doveva attendere.
La serata, che per noi figli del Bel Paese è in realtà una nottata, inizia immediatamente con la marcia ingranata sulla quinta. I primi due attori che si apprestano a ricevere il premio sono niente meno che Brad Pitt e Laura Dern (nota a tutti per la sua parte da protagonista in Jurassic Park), rispettivamente come miglior attore non protagonista e miglior attrice non protagonista, lui con Once Upon a Time.. in Hollyood, lei con Storia di un matrimonio. Tra gli scontati e spesso ridondanti ringraziamenti di rito, spicca quello del bell'Achille di Troy, che ci tiene ad incentivare i colleghi seduti in sala a dare maggior importanza ai propri stuntmen, riferimento non casuale al personaggio da lui interpretato che gli è valso quest'Oscar.
Una sorpresa che sicuramente noi ragazzi figli degli anni '90 non possiamo che apprezzare è poi la premiazione per il miglior film d'animazione. L'Oscar per questa categoria se lo aggiudica Toy Story 4! Per la seconda volta (dopo la vittoria di Toy Story 3 nel 2011) gli storici giocattoli animati capitanati dai nostri amici d'infanzia Woody e Buzz portano a casa l'ambito trofeo, premio ritirato dal regista Josh Cooley.
Tra le vittorie illustri è d'obbligo citare il premio per il miglior documentario, vinto da Made in Usa - Una Fabbrica in Ohio, primo lungometraggio prodotto dalla nuova casa di produzione di cui sono proprietari Barack e Michelle Obama. Tematica principale: il diritto al lavoro negli Stati Uniti.

La mia paura causata dall'idea di sorbirmi una celebrazione noiosa e ripetitiva ad orari proibitivi nel cuore della notte, durante i quali riuscire a tenere gli occhi aperti non è più così semplice come un tempo, si affievolisce sempre più grazie alla discreta rapidità delle 24 premiazioni (già, perché siamo giunti ad avere 24 tipi di premi differenti) e a degli stacchi con performance da urlo, incisive, coinvolgenti e in pieno stile hollywoodiano. D'altronde, da una serata come questa, non ci si può certo aspettare un cabaret di seconda categoria. Giusto per citarne uno: Mister Slim Shady alias Sua Maestà Eminem, dopo la mai dimenticata assenza del 2003 in cui non si presentò per ricevere il premio alla miglior canzone nel suo film biografico 8Mile, sceglie di tornare 17 anni dopo cantando proprio quella storica Lose Yourself che gli valse l'Oscar in quell'occasione! Ebbene sì, solo questo show è valso le ore di sonno perse.
Si è poi esibito anche Sir Elton John, leggenda vivente della musica pop-rock, esibendosi con (I'm gonna) Love me Again, brano che gli vale l'Oscar come Miglior canzone nel film narrante la sua stessa vita: Rocketman.

Giungiamo ora ai momenti più topici della serata, lasciati giustamente come dulcis in fundo. Uno dei pochi premi su cui non c'è molto da discutere è quello per il Miglior attore protagonista, andato di diritto nelle mani di Joaquin Phoenix. La sua interpretazione di Joker è stellare, sublime, magistrale. Senza nulla togliere ai contendenti di altissimo livello, questa statuetta era virtualmente già nelle sue mani da tempo. Sembrerebbe che il Joker abbia un buon rapporto con gli Oscar, dal momento che già il compianto Heath Ledger vinse il medesimo trofeo qualche anno prima interpretando lo stesso personaggio nel secondo capitolo della saga di Batman diretta da Christopher Nolan.
Il premio come Miglior attrice va invece a Renée Zellweger, la nostra amata Bridget Jones, che interpreta in modo elegante e particolarmente fedele l'immensa cantante Judy Garland durante gli ultimi anni della sua vita nel film omonimo Judy.

E il Miglior Film? L'edizione 2020 ha saputo ritagliarsi un pezzo nella storia del cinema proprio grazie all'assegnazione di questo premio, chiaramente il più ambito e atteso. Questo perché a vincere è stato Parasite, il film di Bong Joon-Ho, ovvero la prima pellicola in lingua non inglese che ha saputo conquistare questa vittoria (se chiudiamo un occhio per The Artist, film francese ma muto). Il regista sud coreano ha saputo a sorpresa coronare il suo sogno americano alzando, visibilmente emozionato, l'Oscar davanti ad una hollywood - cuore pulsante della fierezza statunitense - che dimostra enorme apprezzamento e gratitudine per questo autentico capolavoro del cinema asiatico e mondiale.

Parasite esce da questa edizione come il dominatore della serata grazie ai 4 premi Oscar ricevuti (miglior film, regia, sceneggiatura originale e film internazionale).
Ad aggiudicarsi tre premi, e quindi a salire sull'immaginario “secondo posto del podio” di questa edizione, è 1917 (miglior Fotografia, Sonoro ed Effetti speciali)
Due premi per Joker (miglior attore protagonista e miglior colonna sonora); stesso numero di onoreficenze per Once upon a Time.. in Hollywood (miglior Attore non protagonista e miglior Scenografia). Probabilmente sia Phillips che Tarantino avrebbero sperato in qualcosa di più per i loro tanto acclamati lavori. Anche Le Mans '66 - La Grande Sfida porta a casa due statue (miglior Montaggio e miglior Montaggio sonoro), ma in questo caso invece era difficile aspettarsi di più. Un premio infine per Rocketman (miglior Canzone), Jojo Rabbit (miglior Sceneggiatura non originale), Storia di un Matrimonio (miglior Attrice non protagonista), Judy (miglior Attrice protagonista), Piccole Donne (miglior Costume) e Bombshell: la Voce dello Scandalo (miglior Trucco).
Il grande sconfitto della serata è senza dubbio The Irishman, che nonostante le alte aspettative e le 10 nominations esce di scena senza trofei. Siamo tuttavia sicuri che elementi del calibro di Martin Scorsese, Joe Pesci, Al Pacino e Robert De Niro, vista la quantità di premi vinti in passato, sapranno farsene una ragione.

 
 
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